Aggiornamento del 28 ottobre 2016
Dopo il convegno organizzata da Ferrero che si è tenuto oggi a Milano “Olio di palma: una scelta responsabile, basata sulla scienza”. Leggi l’articolo: “La Ferrero difende l’olio di palma di Nutella, sostenuta dal vice ministro dell’agricoltura. Il problema dell’olio tropicale però esiste ed è serio dice Greenpeace”.
Nutella non cambia
Mulino Bianco, Colussi, Pavesi, Misura, … e anche le catene di supermercati Coop, Esselunga, Unes, Carrefour… stanno togliendo l’olio di palma dalle ricette. L’unica grande azienda che non ha cambiato le ricette è Ferrero. La società di Alba ha mantenuto inalterata la composizione della Nutella che contiene il 20% circa di olio tropicale e di molte altre merendine. La decisione delle aziende di abbandonare il palma arriva dopo il parere dell’Efsa che lo accusa di contenere contaminanti cancerogeni, dopo le segnalazioni delle organizzazioni ambientaliste che denunciano la continua deforestazione e infine per la pubblicazione del documento dell’Istituto Superiore di Sanità che valuta eccessivo il consumo di olio tropicale assunto da bambini e ragazzi. Il motivo principale che ha indotto quasi tutte le aziende a modificare le ricette è collegato alle perdite di quote di mercato registrato dagli uffici marketing.
Lo ha sottolineato Carmine Garzia, docente di Economia Aziendale presso l’Università di Slow Food a Pollenzo in un convegno promosso a settembre 2016 da Terra Madre a Torino. Il professore ha dichiarato che il 50% dei produttori non usa più l’olio tropicale e prevede un progressivo incremento della percentuale nel prossimo biennio. Le aziende hanno capito la necessità di evitare il danno di reputazione di fronte ai consumatori che associano il palma alla deforestazione e alla presenza di contaminanti cancerogeni.
L’olio di palma super mitigato
La scelta di Ferrero di non sostituire il palma non è frutto di distrazione. L’asso nella manica di Nutella si chiama “olio di palma mitigato” e “olio di palma super mitigato”, un grasso disponibile sul mercato italiano a prezzi sensibilmente superiori (dal 10-15% in più per il primo fino al 40-50% per il secondo). L’incremento di listino è giustificato dalla limitata presenza di contaminanti cancerogeni e genotossici. Nell’olio di palma queste sostanze erano state segnalate dall’Efsa in un dossier pubblicato nel maggio 2016. Secondo le nostre fonti l’olio mitigato ha valori di contaminanti uguali e/o inferiori ai limiti di accettabilità individuati dall’Efsa. Il super mitigato raggiunge livelli di contaminazione del tutto simili se non addirittura inferiori agli altri oli di semi. Per questo motivo Nutella dovrebbe contenere contaminanti cancerogeni del tutto compatibili con i parametri definiti dall’EFSA.
I test sulla Nutella
Un riscontro si trova in un test comparativo pubblicato nella primavera 2016 dalla rivista Stiftung Warentest che non ha trovato sostanze indesiderate in diversi barattoli di creme alla nocciola tra cui Nutella. Un riscontro non proprio allineato al risultato emerso nel test tedesco viene evidenziato nel programma svizzero À Bon Entendeur dell’11 ottobre 2016. Le analisi condotte in un laboratorio qualificato hanno messo in luce la presenza del contaminante genotossico GE (esteri del glicidolo) in quantità elevate nell’olio di palma in 11 prodotti su 12 esaminati e tra questi troviamo il vasetto di Nutella.
In linea generale l’assenza di contaminanti nell’olio tropicale è dovuto al miglioramento dei sistemi di raccolta e di lavorazione oltre che al cambiamento dei processi di raffinazione. Per limitare la presenza di contaminanti cancerogeni, i frutti subito dopo la raccolta vengono trattati con il calore in modo da inibire gli enzimi in grado di favorire l’idrolisi dei grassi. Anche la raffinazione viene effettuata entro 24 ore dalla raccolta e il processo industriale viene condotto riducendo le temperature, utilizzando terre decoloranti a basse concentrazioni, acqua con poco cloro e allungando i tempi. Il risultato è un olio mitigato o super mitigato che però costa di più.
La questione ambientale
Se la questione dei contaminanti può essere risolta migliorando il processo di lavorazione, i problemi collegati all’olio tropicale non sono certo finiti, stiamo parlando della deforestazione e dell’apporto nutrizionale.
Per quanto riguarda l’ambiente le aziende politicamente corrette acquistano olio certificato RSPO. La certificazione però riguarda meno del 20% dell’olio esportato nel mondo. C’è di più: il regolamento RSPO è stato modificato all’inizio di quest’anno su pressione delle multinazionali alimentari che ritenevano insufficienti le regole da rispettare per garantire la sostenibilità e il rispetto delle foreste. Adesso le nuove regole ci sono ma restano volontarie. La realtà è che in Indonesia e Malesia gli incendi, la deforestazione e la morte degli oranghi sono questioni tutt’altro che risolte, perché la richiesta di olio tropicale nel mondo continua ad aumentare, anche in relazione al crescente impiego come materia prima della benzina verde.
Nutella e grassi saturi
La terza questione riguarda l’eccessiva assunzione di grassi saturi presenti nel menu di bambini e ragazzi. Su questo fronte la situazione denunciata dall’Istituto Superiore di Sanità che focalizzava l’eccesso di saturi nella dieta dei più giovani, dovuto alla presenza di palma nei prodotti dovrebbe registrare un miglioramento nei prossimi anni, visto che la metà dei prodotti sul mercato in Italia è palm free e anche la quantità di acidi grassi nei prodotti risulta dimezzata.
A distanza di due anni dal nostro primo articolo contro l’invasione dell’olio di palma firmato da Valentina Murelli, il bilancio ci sembra positivo. A dispetto di quanto le aziende dicevano solo un anno fa, oggi il palma viene facilmente sostituito in quasi tutti i prodotti da forno con altri oli, tanto che il nostro data base di alimenti senza l’olio tropicale ha superato i 900 prodotti e l’elenco si allunga ogni giorno.
Per arrivare a questo risultato Il Fatto Alimentare e Gift hanno scritto oltre 200 articoli e raccolto con una petizione su Change.org 176 mila firme. La nostra storia è stata ripresa anche in un lungo articolo del Guardian. Alla fine siamo riusciti a sconfiggere una lobby che ha speso 10 milioni di euro in pubblicità. Lo zoccolo duro resta quello dei produttori di latte in polvere che in gran parte continuano ad usare olio di palma. In ogni caso la scelta di abbandonare il palma resta l’unica soluzione per salvaguardare la salute ma anche l’ambiente e le foreste della Malesia.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
“Le aziende hanno capito la necessità di evitare il danno di reputazione di fronte ai consumatori che associano il palma alla deforestazione e alla presenza di contaminanti cancerogeni”….quindi per loro il problema sta tutto nella loro reputazione e nei guadagni, e non nella deforestazione e nel dare come cibo roba per nulla sana?!
Io la faccio da me da tempo e sinceramente dico che é PIU buona di quella acquistata.
Fondente, cacao, latte di mandorle (o soia, o riso), olio extravergine, zucchero + canna
In rete cercate: nutella fatta in casa.
É di una semplicità disarmante, piú economica della commerciale, ed é interamente naturale.
La nostra salute e quella di chi amiamo, non ha prezzo!
Bravo anch’io la preparo in casa !
@Orval87: ma è ovvio! l’assenza dell’olio di palma ormai è diventato puro marketing e non un interesse per le aziende alla salute dei consumatori o ai poveri orango..
E’ interessante notare come, ad esempio Barilla, indica sulle sue confezioni la riduzione dei grassi saturi come risultato di una nuova ricetta pensata appositamente a questo scopo. Poi in ultimo cita l’eliminazione dell’olio di palma. Il messaggio che arriva leggendolo è che la riduzione dei grassi non è collegata all’eliminazione del palma… dei geni
Resta il fatto che in una crema che si definisce “di nocciola?!?!??” i primi ingredienti sono olio di palma e zucchero…..
Non avevo idea di cosa fosse l’olio di palma mitigato e super mitigato, nè del processo per ottenerlo, quindi esprimo un giudizio sulla base di ciò che ho letto qui. Se in questo modo i valori delle 3 sostanze potenzialmente cancerogene tornano in linea con quelle degli altri oli vegetali benissimo. Continuo a sostenere che se si usasse un altro tipo di olio al posto del palma il danno ambientale sarebbe semplicemente spostato in altre aree geografiche e non risolto. Il compromesso migliore secondo me è proprio questo, ovvero che qualche produttore continui ad usare olio di palma (mitigato e super mitigato) e altri utilizzino oli diversi. In questo modo tutto sarebbe più sostenibile.
In realtà l’unica soluzione buona per la salute e per l’ambiente è consumare molti meno prodotti con grassi (e zuccheri) aggiunti. Se la quantità è moderata (dove moderata vuol dire un’eccezione alimentare, non certo un regolare consumo quotidiano) che sia olio di palma, di colza, di semi, di oliva o burro… L’unica precauzione è che non siano grassi idrogenati.
Complimenti a Ferrero, che si è dimostrata LUNGIMIRANTE e COERENTE. Non ha cavalcato l’isteria collettiva ma ha lavorato sui fatti. Di fatto è l’unica grande Azienda che non ha preso per i fondelli il consumatore e usa Olio di Palma SOSTENIBILE e a bassissimo contenuto di contaminanti con un conseguente piccolo aumento dei prezzi. Spero sia da esempio per tutte le Aziende comandate da un marketing spietato e incosciente.
Ferrero ha scelto questa soluzione,che comunque non limita la distruzione delle foreste e non dà alcun contributo positivo al problema nutrizionale dell’eccedenza egli acidi grassi, perché dispone di un suo impianto di raffinazione che copre una parte delle necessità dove può modificare il processo di lavorazione come vuole. Alle aziende che gli forniscono la parte eccedente di palma ha chiesto di modificare il processo e lo ha ottenuto perché tratta grandi quantitativi.
Ferrero ha scelto di trattare Olio di Palma Sostenibile e conosce esattamente la sua filiera. Altri come Barilla, Colussi e Balocco hanno invece solo pensato a non perdere quote di mercato. C’è una bella differenza: da una parte si è affrontato il problema, dall’altra si è pensato solo al fatturato ed hanno voltato le spalle al problema. Mi passi il paragone un pò esagerato, ma è come se noi Italiani guardassimo senza far niente i barconi di immigrati affondare nel Mediterraneo…
Dal lato nutrizionale, se si usa Girasole Alto Oleico si riducono i grassi saturi di sicuro, ma non sempre è possibile. Se si usano alternative (Sal, Karitè, Burro di Cacao, Burro Vaccino, Strutto…), i grassi saturi sono gli stessi e a volte aumentano. Per non parlare dell’impatto ambientale, se si sostituisse completamente il Palma, provi ad immaginare che cosa succederebbe al pianeta con coltivazioni meno produttive (parliamo di 7 – 10 volte o anche più)??? Alla luce di queste cose, non pensa anche lei che Ferrero agendo in questo modo abbia anche RISPETTO per il consumatore?
Ferrero, come tutte gli altri produttori, fino all’arrivo di questa protesta da parte di gente sufficientemente e giustamente informata? Il fatto di ripiegare solo adesso sul miracoloso olio mitigato dimostra la volontà di voler mantenere i profitti di prima cercando di accontentare (apparentemente) l’opinione pubblica con un prodotto meno nocivo. Alla fine ci ritroviamo sempre con una crema fatta quasi totalmente di zucchero e grasso di palma.
Kevin55, non è vero che gli altri grassi saturi sono gli stessi o per forza peggiori del palma in quanto in maggior percentuale. Quello che importa a livello cardiovascolare è la qualità dei saturi. Lei nomina i burri di cacao e di karitè, che hanno più grassi saturi ma questi hanno come acido prevalente lo stearico C18 , che è anche se a catena più lunga è paradossalmente neutro, al contrario del laurico C12, del miristico C14 e del palmitico C16, che sono i 3 saturi aterogeni ormai consolidati dagli studi più approfonditi. Inoltre pur essendo più saturo, un burro vegetale con più stearico, avendo catene più lunghe di atomi di carbonio, necessita anche di minori quantità da aggiungere eventualmente ad un olio di monoinsaturi prodotto in Paesi temperati, al fine di rendere densa una crema alla nocciola. Per questo Novi e Pernigotti ottengono la stessa spalmabilità della Nutella con il bilancio oleico+stearico ( e con forte prevalenza del primo ) rispetto alla proporzione sbilanciata sul palmitico della crema della Ferrero. Il fatto che necessitino minori quantità di burro di cacao prodotto ai tropici rispetto al più produttivo olio di palma bilancia gli aspetti salutari con quelli ambientali. Inoltre il fatto che ricorrere ad oli producibili in terreni marginali come praterie e le steppe quali sono gli oli di colza e girasole danneggerebbe altri ecosistemi non è paragonabile alla distruzione della foresta pluviale, che ha una biodiversità ben maggiore, e la palma da olio purtroppo può crescere solo in questi terreni preziosi e fragili.
L’ unica cosa su cui mi potrei trovare d’ accordo con i critici dell’ abbandono dell’ olio di palma è la sua sostituzione con l’ olio di girasole comune, che è ricco di polinsaturi facilmente ossidabili in cottura e nelle lunghe conservazioni; ma non certo quello alto oleico: mi pare un pensiero scioccamente cospirativo pensare che dietro la promozione della varietà di girasole alto oleico ci sia la Francia, come il Canada promuoverebbe il canola( cioè la colza alto oleico, modificata con la sostituzione del dannoso erucico con l’ oleico). Questi hanno lo stesso profilo lipidico degli oli di oliva e avocado, quelli che meglio bilanciano le qualità salutari per la circolazione con quelle di resistenza all’ ossidazione. Se Francia e Canada negli ultimi anno hanno anche superato l’ Italia come speranza di vita, nonostante il grasso saturo più usato sia il burro, forse gli oli di girasole alto oleico e il canola più male dell’ olio di palma tanto amato in Italia non fanno….
Il problema del grasso di palma, come presentato dal Il Fatto, riguardava quattro aspetti principali che abbiamo fortemente condivisi:
la tossicità dei contaminanti cancerogeni, la quantità dei saturi contenuti, l’enorme diffusione di questo ingrediente anche negli alimenti e latti per l’infanzia ed ultimo ma non ultimo, i disastri ecologici, sociali ed ambientali causati dalla coltivazione delle palme.
Ora se uno solo di questi problemi sembra risolvibile e anche la Ferrero ha capito che doveva intervenire, gli altri aspetti rimangono ancora tutti da risolvere.
Solo un forte ridimensionamento del mercato di questo grasso potrà risolvere i danni prodotti e che continuano a prodursi in tutta la filiera e l’ambiente.
Tecnicamente questo grasso è fondamentale solo in quelle preparazioni che devono rimanere solide a temperatura ambiente come le creme, mentre per tutte le altre ed i prodotti da forno, è vantaggiosamente sostituibile da tutti gli altri grassi vegetali con alto tenore d’insaturi.
Mi scusi Ezio, ma la quantità di saturi contenuti è un problema relativo, perchè di per se il prodotto in questione deve essere consumato comunque occasionalmente. Ma dovrebbe essere consumato occasionalmente anche se realizzato con olio e.v.o. perchè rappresenta comunque un regime alimentare non corretto. Il problema dell’enorme diffusione lo hanno risolto gli altri produttori scegliendo di non utilizzare il palma e comunque dal punto di vista nutrizionale vale il discorso che ho fatto prima. Per i latti destinati all’infanzia non credo che Ferrero possa fare qualcosa. Dal punto di vista ambientale, cambiare olio, ribadisco, sposta solo il problema dall’Indonesia (tanto per citare il paese simbolo) ad un altra area geografica. Per questo trovo positivo che non tutti i produttori decidano di eliminare il palma e che ci sia una diversificazione nella scelta degli oli vegetali. In questo modo non si distrugge l’economia dei paesi che vivono essenzialmente di questo ma diminuendo comunque la richiesta si rende più semplice l’ottenimento di palma sostenibile (in senso letterale, non perchè certificato RSPO), in quanto le minori quantità renderebbero possibili coltivazioni che non impattino in modo devastante sull’ambiente. Inoltre la differenziazione nella scleta di utilizzo degli oli impedisce appunto che il problema ambientale del palma si sposti al girasole, al mais o ad altre coltivazioni che non riuscirebbero a sostenere lo stesso volume di richiesta che ha avuto il palma finora…
Pienamente d’accordo con Alessandro. La cosa ridicola è che Paolo Barilla è niente di meno che Presidente AIDEPI, che a sua volta è membro dell’RSPO…ma la sua Barilla bombarda le televisioni con il claim “Palm free”…qualcosa non torna.
Se l’Olio di Palma si rivelasse OTTIMO per la MIA salute, rimane il fatto che è ecologicamente distruttore per la flora e la vita di altri animali. Solo per questo non compro più nessuna multinazionale che utilizzi l’olio di palma. Anzi, ho chiuso da anni con tutte le multinazionali e non me ne pento.
In realtà però non è neanche buono per la nostra salute, quindi la scelta risulta rapida e facile.
Non vorrei far polemica ma sappiamo che i controlli degli alimenti vengono svolti da organismi liberi e privati non convenzionati dallo Stato/i per una migliore obiettività sui prodotti, solo che… oggi sappiamo anche, come la Nestlé, Coca Cola e altre multinazionali finanziano questi organismi per dimostrare il contrario dei risultati.
Non mi meraviglierei che Ferrero abbia finanziato quel famoso controllo tedesco che circola ovunque in questo momento sui social senza discernimento della parte dei consumatori. IO non mi fido !
E per rimanere coerente con me stessa… non compro ! 😉
Lea
Alessandro se rilegge il mio commento vedrà che diciamo le stesse cose, arrivando alla medesima conclusione su ogni punto, compreso l’utilizzo di un grasso saturo solido nelle creme tipo Nutella, anche se non indispensabile, ma tecnicamente molto utile per un uso voluttuario occasionale.
Il problema dei saturi esiste se continua l’invasione di questo grasso, ma per nostra fortuna quasi tutti i produttori hanno capito che era ora di desistere.
Rimangono ancora fuori controllo moltissimi laboratori artigianali, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, gelaterie, gastronomie, friggitorie, ecc.. che ne fanno abbondante e diffuso utilizzo.
Mentre sembra che negli alimenti per l’infanzia, compreso i latti sostitutivi e di crescita, la tendenza a sostituirlo sia iniziata.
Ultima considerazione di carattere generale e di cui siamo d’accordo, se la produzione alimentare si rivolgerà al grasso di palma ben lavorato e senza contaminanti cancerogeni significativi, nulla da obiettare come dicevamo sopra, per tutte quelle preparazioni in cui un grasso solido è tecnologicamente indispensabile.
Non sottovalutiamo l’aspetto ambientale, che vale per tutte le coltivazioni che devono rispettare gli esseri umani, gli animali e l’ambiente, senza stravolgere le tradizioni locali, portando violenza e miseria ai nativi locali.
Il fine non giustifica mai i mezzi se sono distruttivi.
Chiaro Ezio chiedo perdono, per come avevo interpretato una frase, avevo inteso che lei imputasse la non risoluzione delle altre problematiche al fatto che Ferrero abbia deciso di mantenere l’utilizzo dell’olio di palma. Errore mio.
C’è da dire però che il taglio dell’articolo stesso è ambiguo, a partire dal titolo stesso “Il nuovo segreto della Nutella è l’olio di palma super mitigato con pochi contaminanti cancerogeni. Perplessità sui problemi ambientali” e da questo sono stato indotto in errore.
Mi chiedo se la ricetta originale, di circa 70 anni fa, di Nutella già contenesse olio di palma, oppure altri grassi e se i motivi di inserimento dell’olio di palma siano stati di ordine tecnologico (caratteristiche organolettiche dell’olio di palma), o piuttosto di convenienza economica. Poi per la difesa strenua di tale scelta si invocano oggi aspetti etici (economie di paesi del terzo mondo) ed ambientali (produzione maggiore per ettaro di olio di palma rispetto ad altre colture) dimenticando ad esempio i valori di identità del territorio e tradizione del prodotto.
Per quel che so io Dario, in passato per certe creme spalmabili (non so se sia lo stesso per Ferrero) si usavano oli vegetali fluidi idrogenati parzialmente. Poi si è passati al palma per evitare i grassi trans derivanti dal processo di idrogenazione. Penso che l’olio di palma abbia fatto la sua apparizione negli anni ’80.
francamente non mi interessano i discorsi in difesa o in accusa della Ferrero o di altri gruppi industriali, grandi o piccoli, famosi o meno che siano. semplicemente, guardo la lista degli ingredienti dei prodotti che mi interessano. se mi piacciono, li prendo, altrimenti no. e guardando la lista presentata in questo articolo, la Nutella non può far parte dei miei acquisti
A me dal test comparativo della rivista Stiftung Warentest mi allarma di più la positività alle aflatossine queste si cancerogene
Come dice Crozza: Non è importante cosa vendi, l’importante e che sia “senza”!!
Sono un piccolo produttore di biscotti artigianali e da 20 anni utilizzo olio di palma di prima scelta RSPO dal 2005, ora ci stiamo adattando alla richiesta di mercato ma… vi rendete conto che esiste olio d’oliva a 3 euro e olio da 15 euro al litro? Chi è tutelato? la bottiglia da 15 o l’industria?
Così è per tutti gli alimenti, per i miei clienti che mi chiedono se fà male il palma rispondo che è come il vino, puoi bere barolo o tavernello ma se ti attacchi alla gomma… Chi ci sta guadagnando dopo questi due anni? Guarda caso i maggiori diffamatori dell’olio di palma, Francia e Stati Uniti, guarda caso maggiori produttori di olio girasole altoleico!! Meno male che le multinazionali (senza olio di palma, tra un pò faranno anche la benzina senza olio di palma tanto và di moda!) pensano al nostro benessere e non al nostro portafoglio vero?
Scusate la mia ignoranza, perdonate se non guardo la TV!
Vede Andrea finché non si conosce a fondo da cosa dipende la qualità di alimento, ingrediente o preparazione che sia, andiamo con parametri approssimativi, come lei ed i suoi colleghi artigiani avete potuto fare fino ad oggi.
Quando le informazioni scientifiche e salutistiche, sulla vera qualità ed effetto di una sostanza/ingrediente, arrivano anche a chi non ha conoscenze chimiche ed un laboratorio d’analisi come quello di una multinazionale, deve aggiornarsi, altrimenti si assume responsabilità non sue.
Quindi le conviene passare ad un buon olio ricco d’insaturi made in Italy, aggiustando il prezzo finale dei suoi buonissimi biscotti artigianali, potendo vantare il cambio vantaggioso dell’ingrediente tropicale, ricco di saturi, potenzialmente cancerogeno e distruttivo ambientale, usato fino a ieri.
Ma da quando in qua le grandi aziende tutelano i consumatori? A me non risulta che sia così! Lo dimostrano i fatti che tramite abili strategie tutelano sempre e comunque gli interessi aziendali. Palma free o no si cerca sempre e comunque di conservare i propri fatturati e il principale produttore della crema alle nocciole, con tanto zucchero ed olio di palma, non è da meno! Che il palma sia SOSTENIBILE è da verificare, e poi se non era per la normativa (e per questa redazione) sulle etichette ancora oggi leggeremmo “olio vegetale” senza sapere nulla o (peggio) temere per la nostra salute. Le aziende alimentari in passato hanno pensato bene di sostituire i grassi idrogenati (dannosi) con un additivo nutrizionale di dubbia qualità e provenienza indicandolo erroneamente nella lista ingredienti. C’è voluta una legge per specificarlo, e qui qualcuno vuole affermare ipocritamente che si tutela l’etica?! Mi chiedo perchè tanto clamore per un ingrediente che neanche si trova sugli scaffali sottoforma di condimento, nè in estratto o puro!
Quoto in toto ! Bravo !
assolutamente non compro prodotti con olio di Palma …. la deforestazione continua … la tossicità è sempre presente …. pane biscotti nutella cioccolato pasta etc …. tutti usavano olio di alma …. molto pericoloso per la salute …. e la deforestazione incontrollata ….. ORA C’E PIU CONTROLLO e io acquisto SOLO PRODOTTI DI ORIGINE 100XCENTO ITALIA E SENZA OLIO DI PALMA … sarò fissata ma il mio stomaco ha capito il cambiamento
MariaGrazia è la sintesi di quello che gl’italiani sono, vogliono ed aggiungo io hanno bisogno per ripartire dalla crisi economica in cui siamo impantanati.
A parte qualche legittimo esterofilo e molti addetti ai lavori in conflitto d’interesse, i desideri degli italiani sono mangiare bene, sano e possibilmente/preferibilmente nostro per tantissime ragioni, compresa la tutela ambientale.
Tutto il mondo anela al nostro cibo e noi lo condiamo con l’olio di palma!
Tutto il mondo desidera vestirsi all’italiana e non produciamo il Made in Italy in Cina!
Meditate ed aggiornatevi imprenditori, piccoli o grandi che siate!
Maledetta globalizzazione, vantaggiosa economicamente per pochissimi e dannata per i più!
Anch’io non compro assolutamente prodotti con OLIO DI PALMA,al cambio di ricetta dei prodotti Barilla ho ricominciato ad acquistare tale marchio.
Ma vi siete accorti che in sostituzione al l’olio di palma Barilla usa l’olio di cocco,che mi risulta essere nocivo anche quello?
Ho di nuovo smesso di comprare Barilla,a favore di Colussi,che utilizza olio di girasole,o Le tre Marie che usa quello di mais.
Vi ho ammirato molto per la forza e la determinazione con cui avete portato avanti la vostra campagna contro l’olio di palma, infatti avete riportato uno strabiliante risultato.
mi spiace che il commento di Ivo sia passato in sordina ..forse peche’ molto tencnico
eppure ci ha spiegato perche’ il commento del “spostare il problema ambientale da un paese ad un altro” e’ un falso problema …….una scusa …
sulla terra …da sempre….. vige il principio del pesce grande che mangia il pesce piccolo
“noi piccoli consumatori” siamo solo in mezzo a guerre combattute tra alcuni pesci grandi (in borsa le chiamano mani forti … in politica i poteri forti) …. cerchiamo di “resistere”
per fortuna che c’e’ internet …. strumento utile …ma sia per chi cerca di resistere ma anche per chi cerca di fregarci ……..con informazioni false per difendere i propri interessi