mozzarella blu
I ricercatori dell’Ispa-Cnr hanno realizzato un metodo per inibire lo sviluppo della colorazione blu nelle mozzarelle

Mai più mozzarella blu. I ricercatori dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bari (Ispa-Cnr) hanno realizzato un metodo per inibire lo sviluppo della colorazione blu nelle mozzarelle.“Fino ad oggi – spiega Leonardo Caputo dell’Ispa-Cnr – sapevamo che questa colorazione anomala della mozzarella era causata da alcuni ceppi batterici di Pseudomonas fluorescens e Pseudomonas libanensis, Tuttavia, come è noto, queste specie batteriche possono produrre svariati pigmenti (verde, rosso, arancio, giallo e blu) su differenti derrate alimentari.

 

Lo studio (condotto in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta e pubblicato sulla rivista Food Microbiology), ha permesso di individuare su un substrato selettivo i ceppi di Pseudomonas  fluorescens responsabili della colorazione blu. Questi, inoculati in mozzarelle appena prodotte, hanno determinato la caratteristica colorazione che, grazie ad analisi di spettrometria di massa, è risultata strettamente associata alla produzione in mozzarella del pigmento indigoidina”.

 

Mozzarelle-blu-a-Genova
Aggiungendo peptidi al liquido di conservazione della mozzarellasi inibisce lo sviluppo del pigmento blu

A questo punto i ricercatori hanno messo a punto un metodo per inibire la sintesi di questa molecola senza ricorrere agli antibiotici . Si è scelto di utilizzare una miscela di peptidi derivati della lattoferrina, proteina del latte, presente normalmente negli integratori e nei prodotti per l’infanzia. «Aggiungendo questi peptidi al liquido di conservazione della mozzarella – conclude Caputo –  si inibisce la crescita batterica e lo sviluppo del pigmento blu, allungando la shelf-life del prodotto».

 

Il metodo sperimentale, messo a punto per essere trasferito nei caseifici, necessita di ulteriori prove ma la strada  quella giusta. Basterà aggiungere una quantità minima di idrolizzato di lattoferrina al liquido di governo per evitare strane colorazioni. Dopo lo scandalo della mozzarella blu, ci sono stati anche strascichi giudiziari. Il procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, ha inviato comunicazioni a tre aziende accusandole di utilizzare sorgenti di acqua inadeguate. In realtà il problema, anche se strettamente correlato all’igiene, può colpire qualsiasi caseificio, tanto che in Italia regolarmente si riscontrano segnalazioni nelle cronache dei giornali locali. Lo Pseudomonas è un batterio ubiquitario non patogeno, che potrebbe produrre biofilm sulle attrezzature di lavorazione molto difficili da rimuovere. Per intervenire in modo efficace occorrono interventi mirati realizzati con molecole antimicrobiche food grade come i peptidi della lattoferrina.

mozzarella blu
il problema della mozzarella blu può colpire qualsiasi caseificio

I risultati ottenuti dai ricercatori dell’Ispa-Cnr di Bari rivestono un’importanza strategica nel settore lattiero-caseario e potranno contribuire in futuro a migliorare la tecnica di produzione e conservazione.

Roberto La Pira

© Riproduzione riservata

 

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Maria Rosaria
Maria Rosaria
14 Ottobre 2014 09:46

La mia perplessità è che la mozzarella blu è un errore, è data da un qualche errore e sta a evidenziare qualche carenza. Basta lavorare bene, come molti fanno, e questo problema non c’è. Utilizzare additivi che permettono o al solo scopo di abbassare le soglie di attenzione igienica trovo sia controproducente per una azienda alimentare, dove tutto potrebbe poi diventare lecito, anche non lavarsi le mani prima di tornare al alvoro all’uscita dalle toilette.

Alex
Alex
14 Ottobre 2014 10:10

Scusate ma non ci ho capito granchè, questo mi sembra più un report per i tecnici dei caseifici che una notizia per i consumatori finali, categoria cui appartengo.
In particolare, riporto queste due frasi:
“Basterà aggiungere una quantità minima di idrolizzato di lattoferrina al liquido di governo per evitare strane colorazioni”.
“Lo Pseudomonas è un batterio ubiquitario non patogeno, che potrebbe produrre biofilm sulle attrezzature di lavorazione molto difficili da rimuovere”.
1. L’idrolizzato di lattoferina è innocuo?
2. Non sarebbe possibile evitare lo “pseudomonas” con misure igieniche senza dover utilizzare additivi? (Es, filtrando l’acqua?)

Valentina
Valentina
Reply to  Alex
21 Ottobre 2014 09:23

Pseudomonas é un batterio che lo si può trovare ovunque…ma che comunque non é dannoso per la nostra salute…. il fatto che possa produrre un film..dunque…quando crescono I batteri, creano una pellicola finissima attorno a dove si attaccano e spesso é molto difficile da togliere, anche con le migliori tecniche di igiene…. il fatto k dici tu, di lavorare con condizioni igieniche molto alte é vero… ma I batteri fanno parte anche della microflora dei prodotti che consumiamo ogni giorno e, togliendoli, possiamo avere delle alterazioni della qualità del prodotto…(immagina il gorgonzola senza la muffa…non sarebbe gorgonzola)… Inoltre la legge stabilisce dei limiti alla quantità di batteri non patogeni che possono essere contenuti, chiamati carica batterica standard o mesofila..in questa classe possono esserci anche batteri che, seppur non causando danni alla salute, possono provocare alterazioni nel prodotto a livello visivo, gustativo, ecc. E comunque. Il prodotto che ha una c.b.m. Entro I limiti viene considerato sicuro e quindi commercializzato… il problema sta nel consumatore che non si mangerebbe mai una mozzarella blu…

Federico
Federico
17 Ottobre 2014 11:16

Aggiungerei inoltre giusto per amor di conoscenza che la lattoferrina si trova anche nella saliva e nelle lacrime, inoltre è un ottimo battericida e fungicida. Come già spiegato da Roberto si trova negli integratori e nei prodotti per l’infanzia (come per esempio per la protezione dell’apparato grastrointestinale dei neonati).

emilio
21 Ottobre 2014 10:00

Non mi pare una soluzione valida. Se ci sono pseudomonas, ci potrebbero essere altri microrganismi, alcuni dei quali potrebbero essere patogeni. I biofilm si formano perché le operazioni di detergenza e sanificazione non sono condotti con le necessarie attenzioni riguardo ai tempi e alle procedure di applicazione. Invece di mascherare l’insorgenza dei problemi con sostanze estranee al prodotto ancorché naturali (ma la lattoferrina deve essere considerata un additivo o un ingrediente? Altra questione da dirimere), sarebbe meglio cercare di imporre procedure di detergenza e sanificazione adeguate in modo da prevenire ed evitare il problema.

emilio
21 Ottobre 2014 13:10

Io non ho detto che Psudomonas è un patogeno, ho detto che se c’è Pseudomonas che è ubiquitario e quindi anche nell’ambiente, nell’aria, nell’acqua, sulle attrezzature, ci potrebbero essere altri microrganismi che stanno nell’ambiente, nell’aria, sulle attrezzature, nell’acqua, sulle mani. Alcuni di questi microrganismi potrebbero essere patogeni. La presenza di Pseudomonas fa innalzare la carica batterica totale, come ha fatto notare una lettrice, e da sempre un’elevata carica batterica totale induce a tenere sotto controllo quella lavorazione/operazione, anche in assenza di patogeni, appunto perché può essere un indice di scarsa pulizia, detergenza, sanificazione e di livello igienico generale. Trovo corretto dare la notizia dei risultati della ricerca ma mi sembra più opportuno accogliere e commentare con più cautela questi risultati.

Valentina
Valentina
Reply to  emilio
21 Ottobre 2014 14:46

Vero che la C.B.T. è indice di “cattiva” igiene o non sufficiente…. ma dipende anche dalla matrice che si prende in considerazione (materia prima da trattare)….il latte, ad esempio, ha una carica batterica molto molto alta, sfido a trovare un latte con C.B.T. bassa…In ogni caso, può essere che una C.B.T. alta o la presenza di Pseudomonas dipenda anche dalle materie prime…prendiamo il salame, anche, naturalmente ha una C.B.T. molto alta ma, comunque, se ricompresa nei limiti, viene considerato conforme e mandato al commercio… ma se un salame dovesse avere una C.B.T. bassa ma venisse ritrovato Staphilococcus Aureus o Salmonella, verrebbe ritirato perchè dannoso. Comunque nelle determinazioni a livelli microbiologico che si fanno sugli alimenti, si fa di base la C.B.T. per vedere la qualità generale dell’alimento…ma poi si effettuano anche analisi per la ricerca specifica dei patogeni che sono riscontrabili su quella matrice alimentare.

maurizio
maurizio
21 Ottobre 2014 13:59

Sono d’accordo (non proprio del tutto nello specifico) sul fatto che la lattoferrina non sia un additivo ma ritengo che, se aggiunta al liquido di governo) dovrebbe comunque essere indicata in etichetta come ingrediente.
Mi domando anche se eticamente sia del tutto corretto utilizzare un ingrediente con effetto antimicrobico specifico su una classe di microrganismi espoliativi e non chiamarlo conservante.
In una condizione ideale mi piacerebbe poter dire tutto come realmente sta senza dover poi sentire i piagnistei istituzionali di chi demonizza additivi e presidi antimicrobici

Costante
Costante
21 Ottobre 2014 17:43

Concordo con l’osservazione fatta da Maria Rosaria nel primo commento, anche se è vero che lo Pseudomonas fluorescens è ubiquitario, e predilige l’acqua e le soluzioni acquose. Con una corretta applicazione dei principii HACCP ed ovviamente la conoscenza del proprio processo il pericolo può essere tranquillamente affrontato, ed il rischio della mozzarella blu ridotto al minimo. Capisco la proposta di uso di un idrolizzato di lattoferrina , cioè un conservante antibatterico di origine naturale ma costoso da ottenere in forma concentrata (utilizzato in prodotti di altissimo valore aggiunto), e non ho nulla, al contrario di molti “fondamentalisti” ,contro antibatterici innocui, ma demonizzati, che in tanti casi possono costituire ulteriori barriere di sicurezza atte a prevenire grossi problemi microbiologici da patogeni pericolosi. Però la lattoferrina di per se ha un costo sproporzionato all’uso che se ne vorrebbe proporre nella pratica casearia, quando con misure molto più semplici e molto meno costose si può minimizzare il rischio. Questa “soluzione” del problema appare quindi un puro esercizio accademico estremamente costoso, peraltro contrario al dovere imperioso della prevenzione.

Maria ada
Maria ada
21 Ottobre 2014 18:30

Ho letto l’articolo pubblicato su Food Microbiology, il gruppo di ricerca di Bari sta studiando da alcuni anni l’impiego del prodotto della digestione pepsinica della lattoferrina per la sua attività antibiotica nei confronti dei ceppi batterici produttori di indigoidina, pigmento non idrosolubile tra l’altro descritto fin dagli anni ’30 del 1900, e trovo che sia un lavoro molto valido e completo dal punto di vista scientifico. Concordo peró con quanti abbiano commentato ribadendo che un trattamento simile non dovrebbe essere usato come una maschera/correttore di pratiche igieniche non ottimali. Le Pseudomonadaceae sono microrganismi ambientali notoriamente presenti in ambienti come acqua e suolo ma questo non vuol dire che la loro presenza sia sempre accettabile negli alimenti, anzi, sono spesso associati ad alterazioni sensoriali tali da rendere gli alimenti stessi non accettati dai consumatori. Ben vengano dunque lo studio e la messa a punto di misure correttive biologiche (come nel caso dei batteri lattici produttori di batteriocine anti-listeria monocytogenes) e chimiche come in questo caso con la lattoferricina, senza peró abbassare la guardia sulla corretta applicazione delle misure preventive ossia l’igiene delle lavorazioni

Arturo
Arturo
21 Ottobre 2014 22:04

Quindi se un giorno apro il sacchetto della mozzarella é scorgo che essa é blu, la posso mangiiare tranquillamente?

dr. Pasquale Fraulo
dr. Pasquale Fraulo
24 Ottobre 2014 10:14

dalla mia esperienza la presenza di pseudomonas spp. nelle mozzarelle è sempre conseguenza di problematiche di cattiva gestione dell’igiene aziendale e come tale deve essere corretto. La presenza di tale microrganismo, inoltre, riduce la conservailità del prodotto e ne altera le caratteristiche sensoriali. Magari tutti i microrganismi anomali rilevabili negli alimenti producessero un pigmento che ne consentisse la rapida identificazione. Avremmo risolto i problemi sia dell’autocontrollo che del controllo ufficiale.
Buon lavoro