La onorevole Celeste D’Arrando capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari Sociali alla Camera, nell’intervista sulla sugar tax e sulle etichette a semaforo rilasciata a Il Fatto Alimentare dà risposte che lasciano poche speranze sulla politica di cambiamento nell’ambito della nutrizione e degli stili di vita degli italiani. Considerando che la commissione Affari Sociali ha pubblicato poche settimane fa una bella risoluzione contro l’obesità infantile, piena di principi e linee di indirizzo interessanti, ci saremmo aspettati impegni e prese di posizioni precise. Il testo dell’intervista invece ripropone bei discorsi e belle frasi senza aggiungere riscontri e senza indicare percorsi concreti.
La vera novità del nuovo Governo sembra quella di avere focalizzato l’attenzione sul problema obesità e sugli scorretti stili di vita. D’Arrando dice che bisogna intervenire sulla pubblicità che dovrebbe avere uno “scopo educativo”, senza censurare gli spot ma mettendo in atto azioni condivise. Il concetto è colto ma l’unica cosa che i pubblicitari hanno preso in considerazione negli ultimi 30 anni sono le censure e le multe dell’Agcm ignorando ogni pensiero di messaggio educativo. La onorevole si dice favorevole alla Sugar tax ma precisa che i fondi dell’eventuale tassa saranno destinati a fare cassa per “alleggerire la tassazione di imprese commerciali e produttori agricoli , e non a iniziative concrete per ridurre l’obesità e fare educazione alimentare come chiede la nostra petizione, firmata da 9 società scientifiche e 300 medici, pediatri dietisti e nutrizionisti.
Tutti sanno che una tassa così concepita, se non viene affiancata da un’adeguata campagna di informazione, non serve a contrastare obesità e stili di vita scorretti. Ma anche la semplice tassa per fare cassa incontra qualche ostacolo tanto che dovendo confrontarsi con il parere negativo sulla Sugar tax espresso dal Crea (istituzione che si occupa delle linee guida per la nutrizione degli italiani alle dipendenze del Mipaaft), la presidente dice che “bisogna lavorare insieme (con il Mipaaft n.d.r.) perché il fine è comune e si troveranno soluzioni adeguate”.
La D’Arrando precisa che non ci sono provvedimenti per limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica, ma ci sarà più attenzione e sottolinea la necessità di un’adeguata campagna informativa. Infine sulle etichette dei prodotti alimentari auspica che siano “corrette e trasparenti”, ma poi attacca quelle a semaforo perché “classificano determinati cibi con una visione limitata” e ribadisce le banalità rilanciate all’unisono da tutti i politici sul bollino rosso che verrebbe attribuito a prosciutto crudo e olio extra vergine.
La realtà è però leggermente diversa perché l’etichetta a semaforo francese Nutri Score, che è quella più completa e indicata come modello dall’Oms e adottata da diversi Paesi, indica il colore arancione sia per il prosciutto crudo sia per l’olio extra vergine. Questa intervista dà la sensazione che non ci saranno cambiamenti in vista anche se la risoluzione della Commissione sull’obesità degli italiani è pieno di buone intenzioni, che però non bastano a modificare lo stile di vita di milioni di bambini e di cittadini obesi e in sovrappeso.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Roberto, capisco il fatto che si voglia difendere l’etichetta nutriscore e la tassa sugli zuccheri con ricavati a favore di politiche contro obesitá a tutti i costi ma..
Primo, io stesso ho forti dubbi sulla positivitá che un’etichetta nutriscore possa avere nelle scelte del consumatore; l’etichetta nutriscore metterebbe una bella A (quindi colore verde) al pan bauletto Mulino Bianco ( un pane raffinato industriale ) e come avete fatto vedere anche voi in questo articolo da un colore arancione (un solo gradino sopra il rosso) ad un olio extra vergine di oliva.. MA SCHERZIAMO? La colpa sarebbe che mentre il pane raffinato contiene poco grasso e sale ( ma ancora meno fibre, vitamine ma tanto amido) l’extravergine contiene troppo grasso…ma va? Cé qualcuno qui presente che si beve la mattina una tazza calda di olio extravergine?
ERGO, questa etichetta, a mio parere, piace molto allle aziende alimentari, perché se doseranno meglio gli STESSI ingredienti raffinati riusciranno ad ottenere un bel bollino verde.
L’olio extravergine invece sará condannato ad avere sempre il suo colore arancione quasi rosso reo di avere troppi grassi (tra l’altro polinsaturi). Vedo ora che l’olio di girasole ha un colore giallo ad un passo dal verde ..andiamo bene…proprio bene…
La tassa sugli zuccheri. Anzitutto é ancora tutto in programma ( un giorno si dice una cosa é l’altro un’altra) quindi attaccare con vemenza una forza politica, il m5s in questo caso, che almeno ci sta provando, mi sembra poco saggio.
Fonte: dati nutriscore presi dall’app OpenFoodFacts.
La storiella del bollino rosso che verrebbe attribuito a prosciutto crudo, Parmigiano Reggiano e olio extra vergine e del bollino verde per la Coca-Cola light, rilanciata all’unisono da politici e associazioni di categoria, è un’abile messa in scena. Premesso che l’etichetta a semaforo francese Nutri-Score, indica il colore arancione e non rosso per il prosciutto crudo, l’olio extra vergine e il Parmigiano Reggiano, resta comunque scorretto confrontare tra di loro categorie merceologiche differenti come il formaggio e le bevande zuccherate. Con l’etichetta a semaforo chi deve comprare lo yogurt o i cereali per la colazione può valutare il miglior prodotto tra i vasetti esposti. Chi invece vuole comprare la Coca-Cola, confronterà l’etichetta a semaforo delle quattro tipologie proposte dalla multinazionale di Atlanta e sceglierà quella più adatta alle sue esigenze. Il confronto va fatto tra semafori di prodotti della stessa categorie
“ il confronto va fatto tra semafori della stessa categoria”
Ok se le cose stanno così allora mi scuso e ha un senso per l’obbiettivo che si é posto.
Io mi ero illuso che questa etichetta servisse per risvegliare le coscienze dei consumatori facendoli preferire cibi meno raffinati dando un bollino verde scuro o verde chiaro solo a cibi non trasformati come frutta,frutta secca,verdura, cereali integrali solo tostati come avena è così via..
Scusate ma non sopporto per principio un semaforo verde per la coca cola light con dolcificanti ma é un mio parere personale..
Giustamente dite che il paragone va fatto, per il semaforo, tra alimenti dello stesso tipo – ma questo lo dite voi che siete informato. I più non capirebbero ed il semaforo è per i più. Quindi andrebbe riformato creando dei sottosemafori od esentando alcuni prodotti.
Quando è stata introdotto l’etichetta nutrizionale qualcuno in Italia l’ha spiegata? Diciamo che il semaforo va spiegato come tutte le cose .Si potrebbero esentare i prodotti mono ingrediente (olio, pasta ….)
Questa di esentare gli alimenti mono ingrediente è una buona e giusta idea da sostenere, qualunque sia il sistema scelto per l’indicazione di richiamo dietetico.
Eventualmente si potrebbe aggiungere una freccetta rossa di richiamo in tabella nutrizionale per il Sale aggiunto, quando eccessivo e verde per il contenuto di Calcio naturalmente presente o aggiunto.
l’etichetta a semaforo è una sciocchezza semplicistica L buona pratica alimentare si fà con la conoscenza e l’educazione e non con etichetta che sono ben lontane dal dare la completa informazione su un prodotto alimentare. Utile la tassazione di cibi spazzatura con ricavi da utilizzare naturalmente nell’informazione/educazione
Purtroppo siamo in un frangente da “campagna elettorale dove ciascuno vuole apparire come ‘il più bravo”, oltre a “far cassa, a dimostrazione che ‘dindi’ non ce ne sono, se non “a debito sui figli”.
Va chiarito che il metodo migliore è di confrontare pere con pere, e non con le mele, secondo il metodo scientifico, corredato in questo caso (previo collaudo) da un severo test di comprensibilità al livello di comprensione culturale del consumatore medio, in modo che ne possa derivare comportamenti virtuosi.