Nei mercati internazionali negli ultimi venti anni l’oro ha visto aumentare le sue quotazioni di dieci volte, essendo diventato il bene-rifugio per eccellenza, in tempi incerti come quelli attuali.
La richiesta, nonostante tutto ciò che l’estrazione anche legale comporta, è dunque in continuo aumento. E questo, a sua volta, sostiene il grande business delle miniere illegali, spesso di piccole dimensioni e gestite a livello locale, che sfuggono a qualunque controllo, contaminando l’ambiente, facendo ammalare i minatori (che restano poverissimi e non di rado lavorano in condizioni di schiavitù), e alimentando conflitti e criminalità in molti paesi.
Oro e mercurio
Per estrarre l’oro, però, di usa il mercurio, minerale neurotossico che può avere gravi conseguenze sul cervello e sullo sviluppo del feto e che, per la sua natura ibrida di liquido viscoso, si disperde facilmente nell’acqua, nel suolo e nell’aria. E infatti c’è un effetto non ancora studiato nelle sue dimensioni reali che aggrava ulteriormente il quadro: quello della contaminazione da mercurio delle piante eduli, quasi sempre imprescindibili nell’alimentazione locale.
Oltretutto si tratta di una contaminazione contro la quale, al momento, non ci sono molte soluzioni perché, al contrario di quello che si è sempre pensato, non arriva dalle acque, a loro volta contaminate, o dal terreno, ma dall’aria, ambiente quasi impossibile da decontaminare. L’unica soluzione sarebbe quella di chiudere le miniere illegali o consentire di tenere attive solo quelle che rispettano norme severe sull’utilizzo e sullo smaltimento del mercurio. Il che, in zone estrattive come quelle della maggior parte dei paesi interessati, flagellate da guerre e povertà, è di fatto impossibile.

Le misurazioni in Nigeria
A quantificare il fenomeno è stato un team internazionale di ricercatori nigeriani e inglesi aderenti alla European Geosciences Union (EGU), un’organizzazione no profit fondata nel 2002 cui hanno collaborato, finora, più di 20.000 studiosi di scienze della terra, con lo scopo di studiare l’ambiente, il clima, i suoli, le acque, lo sfruttamento delle risorse anche nei paesi nei quali è più complicato farlo, sostenendo la scienza locale ogni volta che è possibile.
Come descritto su Biogeosciences, in questo caso i ricercatori hanno controllato i tessuti di numerose piante di cassava, arachide e mais, analizzando sia le parti fogliacee che quelle legnose e le radici, e poi l’aria e il suolo in due fattorie in Nigeria. La prima, detta fattoria 1, si trovava a circa 500 metri da una miniera illegale di oro, a sua volta controllata, la seconda (fattoria 2) a circa otto chilometri dalla stessa miniera.
Per quantificare con precisione il mercurio e la sua provenienza, gli autori hanno analizzato un isotopo radioattivo stabile, oltre alla forma inorganica e a quella organica, il metilmercurio. I risultati hanno confermato la presenza di mercurio sia nell’aria che nel suolo, con differenze di concentrazione comprese tra dieci e cinquanta volte tra la fattoria 1 e la 2; come atteso, quelle riscontrate nei siti della miniera erano ancora più elevate. È emerso quindi un rapporto diretto tra la vicinanza con la miniera e la contaminazione.
Il mercurio dall’aria
Le indagini hanno però svelato anche un’altra realtà preoccupante, che conferma l’ipotesi che il mercurio arrivi dall’aria, e che anzi questa sia la fonte principale della contaminazione: nelle piante le concentrazioni più elevate si ritrovano nelle parti fogliacee, cioè in quelle più esposte all’aria, che assorbono il mercurio con la fotosintesi. Nelle radici e nelle parti legnose il mercurio, che arriva proviene dal suolo, è assorbito in proporzioni inferiori.
Il dato più rassicurante è invece quello delle concentrazioni rilevate, che restano al di sotto dei limiti considerati sicuri (con il metilmercurio al di sotto dell’1% in peso), anche se mancano valutazioni sul lungo periodo e che tengano conto dell’accumulo negli organismi di popolazioni esposte cronicamente.
Viene così a cadere un presupposto applicato in tutte le situazioni nelle quali si pensa possa esserci una contaminazione da mercurio, indicato anche nella convenzione internazionale di Minamata, e cioè che il mercurio che arriva dalle acque o dal suolo e possa entrare nella catena alimentare quasi solo attraverso il pesce, perché solo nel pesce si raggiungerebbero concentrazioni preoccupanti. Quanto rilevato in Nigeria mostra che la situazione è assai più articolata, e che è necessario valutare anche la presenza di mercurio nell’aria e, di conseguenza, nelle piante.
In caso questa sia elevata, è indispensabile analizzare le piante che possono “respirare mercurio”, come scrivono gli autori, specie se queste diventano cibo per gli esseri umani o per gli animali allevati, e specie se la contaminazione colpisce comunità povere che non hanno altre fonti di cibo. Una realtà che interessa ormai milioni di persone anche in Sud America e in Asia, oltreché in Africa, e che è alimentata dalla febbre per l’oro.
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Giornalista scientifica



Buonasera. Avevo accennato proprio di recente in un altro articolo relativo agli PFAS a una contaminazione da mercurio vicino a falde acquifere nella Marca trevigiana, emersa e documentata alcuni anni fa. Se riuscite a reperire aggiornamenti in merito sarebbe utile e importante per allertare tutti i cittadini delle aree potenzialmente coinvolte e pressare le amministrazioni comunali ad attivarsi con il monitoraggio e le dovute verifiche. Grazie