Secondo il rapporto Fediaf relativo al 2021, il 46% delle famiglie dell’Unione Europea possiede almeno un animale domestico. Un numero che si riflette sulle dimensioni del mercato del pet food nella regione, il cui valore annuo si aggira intorno ai 27 miliardi, registrando sul territorio circa 150 imprese e 200 impianti di produzione. Nello stesso anno, secondo il rapporto Assalco – Zoomark, il mercato dell’alimentazione di soli cani e gatti in Italia ha raggiunto un valore di circa 2.500 milioni di euro, incrementando dell’8,4% rispetto all’anno precedente. Anche le famiglie che acquistano questi prodotti sono aumentate: risultano circa 12 milioni, un milione in più rispetto al 2020 (un aumento in parte giustificato dalla crescita di adozioni registratasi durante la pandemia).
A dimostrare l’aumento dell’importanza assunta dagli animali da compagnia all’interno delle famiglie italiane è anche il fatto che, se si rapportano la crescita del valore e del volume del mercato, risulta più marcata la prima, che è sostenuta dalla diffusione dei prodotti di fascia ‘premium’ e in generale da una maggiore disposizione alla spesa per il benessere degli animali domestici. Contemporaneamente i canali tramite cui è possibile acquistare prodotti alimentari si moltiplicano: oltre ai classici negozi per animali e agli appositi reparti all’interno dei supermercati non si può trascurare il ruolo delle catene specializzate, il cui peso nel mercato italiano negli ultimi 15 anni è passato dal 29,6% al 41,3% del totale. Una delle più diffuse è Arcaplanet con i suoi 500 punti vendita, che oltre ad aver recentemente acquisito parte dei negozi italiani Maxizoo punta all’espansione del franchise anche all’estero.
Ma anche in questo settore ai canali fisici si affiancano quelli digitali: secondo una ricerca di Euromonitor International, la fetta del canale e-commerce riguardante il mercato degli animali domestici (non solo lato alimentare) è raddoppiata dal 2017 al 2020, mentre in Italia il canale on-line incide su più del 2% del fatturato totale relativo all’alimentare. All’interno della grande distribuzione invece si nota da un lato la diffusione di prodotti a marchio che competono con i grandi nomi del settore, dall’altro l’introduzione di nuove catene di punti vendita sempre legate al marchio ma dedicate unicamente agli animali, che puntano a competere con la varietà di prodotti e servizi offerta dalle catene specializzate.
I prodotti infatti, che prima si dividevano principalmente in base alla tipologia (cibo umido e secco) e in base alle fasce di prezzo, ora sono sempre più specifici e puntano a soddisfare le esigenze del singolo animale. Si può quindi acquistare mangime relativo all’età dell’animale, alla sua razza, al grado di attività fisica a cui è sottoposto, ma anche alimenti specifici per eventuali patologie, allergie o intolleranze. I trend nell’alimentazione umana si riflettono infine anche su questo settore, in cui per esempio si trovano prodotti crudi, senza cereali, senza glutine, interamente vegetali, biologici o ipocalorici. Infine non va sottovalutato il peso dei fuori pasto, composto da biscotti e snack, il cui valore nel mercato italiano è quasi triplicato tra il 2007 e il 2021.
Per quanto riguarda invece i produttori, il settore pet food è dominato da grandi multinazionali dell’alimentare e non, che al loro interno racchiudono molteplici marchi per l’alimentazione di cani e gatti diffusi a livello internazionale (tra le principali troviamo per esempio Mars Incorporated e Nestlé). Non mancano però realtà specializzate, tra cui anche quelle italiane, come per esempio Almo Nature e Monge. L’Italia infatti, se da un lato si attesta tra i primi paesi in Europa per dimensioni del mercato, si propone anche come esportatore del ‘pet food made in Italy’: 133 milioni di euro sono stati ricavati dall’export di mangimi italiani per cani e gatti nel 2022, con una crescita del 22% rispetto all’anno precedente.
Anche a livello globale infatti il mercato del pet food continua a crescere, grazie all’aumento del numero di animali domestici al di fuori dell’Europa e del Nord America (sebbene queste rimangano le aree di maggior consumo). E nonostante la pandemia abbia influito negativamente anche su questa filiera produttiva, impattando sulla disponibilità di materie prime e sul commercio internazionale, il mercato ha continuato a crescere arrivando nel 2023 a toccare 72 miliardi, con stime che prevedono il raggiungimento dei 94 miliardi di dollari nel 2027.
Quello del pet food si dimostra quindi un mercato dinamico, pronto a innovarsi per rispondere alle richieste degli acquirenti. Tra quelle che si prevede segneranno maggiormente il settore nei prossimi anni c’è la richiesta di una maggiore trasparenza rispetto agli ingredienti, alla loro provenienza e alle modalità di lavorazione, oltre che una preferenza per confezioni prodotte con materiali più sostenibili. E nonostante anche questo settore sia stato soggetto a un aumento dei costi dovuto all’inflazione, per ora ricerche di mercato mostrano comunque una certa disponibilità dei padroni ad aumentare la spesa per non dover modificare le proprie preferenze di acquisto.
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L’articolo è interessante ma non parla della speculazione in atto sui prezzi al dettaglio.
Avendo sia cani che gatti, so quanto spendevo prima della pandemia. Ora gli stessi prodotti (umido e crocchette) costano il 40-50% in più, Per non parlare di certe marche di crocchette dove un sacchetto da 1,5 kg costa uno sproposito. Se compro bistecche spendo meno.
Peccato che il cibo di ALMO NATURE viene interamente dalla THAILANDIA. Non fatevi ingannare dal nome e guardate sempre dove è prodotto il cibo. Munitevi di lente di ingrandimento e leggete le etichette.