La Francia segue l’Italia sul meat sounding con un decreto approvato a fine febbraio, forse anche in risposta alle proteste degli allevatori. Entro tre mesi sarà vietato utilizzare le denominazioni tipiche dei tagli di carne per i sostituti vegetali. Sarà vietato vendere o proporre nei menu vegan steak, pancetta meat-free, salsicce vegetali e simili e, per chi continuerà a farlo, fioccheranno multe salate, da 7.500 euro.
Non si sa ancora in che modo i produttori decideranno di rinominare alimenti che sono conosciuti ormai da anni con denominazioni che richiamano quelle della carne. Non a caso, questo è sempre stato uno degli argomenti di chi ha provato a opporsi, che ha sempre sottolineato l’inevitabile disorientamento dei clienti che si trovano di fronte a prodotti chiamati con nomi diversi da quelli cui sono abituati. Ma ormai il decreto è entrato in vigore, e tutti dovranno adeguarsi.
Il testo elenca minuziosamente tutti i nomi che non potranno più essere utilizzati, che riguardano tanto i tagli di carne quanto le carni lavorate, e sarà applicato non solo ai prodotti vegetali in senso stretto, ma anche a quelli a base di funghi. Restano invece ammesse le denominazioni usate finora per i prodotti misti, realizzati con carni e vegetali, purché di questi ultimi non sia superata una certa la percentuale. Per esempio, si potrà continuare a chiamare bacon o pancetta un insaccato che abbia lo 0,5% di farine vegetali, un filet mignon che ne contenga fino all’1%, una salsa chorizo che abbia l’1,5% e altri tipi di salse che contengano fino al 3% di vegetali.
Una storia travagliata
Il decreto appena approvato non è nuovo: era stato scritto nel 2020 e portato all’approvazione nel 2022. Tuttavia, come riferisce Food Navigator, la sua entrata in vigore era stata rimandata a causa di un ricorso al Consiglio di Stato presentato da Protéines France, l’associazione di categoria che riunisce numerosi produttori di proteine alternative alla carne. In quella versione, le aziende si sarebbero dovute adeguare entro il primo ottobre 2022, ma l’associazione aveva sostenuto che non avrebbero avuto tempo sufficiente per rinominare, ri-confezionare e lanciare nuove campagne di marketing che facessero capire ai clienti che si trattava solo si un maquillage linguistico. E tutto era stato sospeso. Ora l’accelerazione, in tempi che suscitano qualche dubbio, viste le elezioni imminenti e viste le proteste di questi giorni.
Un mondo globale
La Francia non è il primo paese a varare leggi simili. Anche il Sud Africa e, più di recente, l’Italia hanno introdotto questo genere di norme, mentre la campagna europea “Ceci n’est pas un steak“, lanciata nel 2020 per ottenere regolamenti comunitari, era fallita. Nel 2017, invece, lo stesso approccio però aveva avuto successo per i formaggi, gli yogurt, il burro e il latte, e infatti non esistono più, sul suolo comunitario, prodotti vegetali che abbiano questo tipo di nome.
Tuttavia, come sempre accade in questo genere di iniziative nazionali, la nuova legge deve fare i conti con le grandi multinazionali del cibo, e con un mercato che è globale. Per questo, paradossalmente, sarà possibile continuare a vendere alimenti vegetali che abbiano nomi che ricordano la carne, se realizzati in paesi terzi, europei o meno.
Il Meat sounding è un problema?
Quindi, come potrebbe accadere in Italia con la carne coltivata, non si potranno vendere sostituti vegetali nazionali con nomi che ricordino la carne, mentre i prodotto che arrivano all’estero, a prescindere dal nome non avranno problemi. E questo, naturalmente, preoccupa molto i produttori francesi, che temono di essere scavalcati dai grandi marchi che hanno già una clientela fidelizzata, e i cui prodotti resteranno immutati, se prodotti non in Francia. Secondo le loro associazioni, tutto il settore potrebbe subire pesanti contraccolpi, così come potrebbe accadere per lo sforzo di far diminuire il consumo di carne ai francesi, per motivi ambientali e di salute.
Qualcuno la prende con ironia, come Cedric Meston il fondatore della HappyVore, azienda francese di sostituti vegetali della carne chiamati, finora, con nomi quali nugget, bistecche, cotolette e così via. Meston ha postato una foto con le sue salsicce vegetali confezionate prima e dopo il primo maggio, giorno dopo il quale si chiameranno, forse, tubi (?).
L’approfondimento di Roberto Pinton
Il decreto 2024-144 entrerà in vigore il 1° maggio (anche se, in realtà, il Consiglio di Stato potrebbe bloccarlo, come ha già fatto con il primo analogo decreto del 2022 “relatif à l’utilisation de certaines dénominations employées pour désigner des denrées comportant des protéines végétales”).
Il che sta a dire che non solo ora, ma anche dal 1° maggio le imprese italiane (e tedesche, e austriache, svizzere, turche eccetera) potranno liberamente vendere in Francia prodotti a base vegetale con le denominazioni Bacon, Ballottine, Chorizo, Coppa, Cordon bleu, Escalope , Filet , Filet mignon , Fuseau, Galantine, Jambon cuit, Jambon cru, Jambonneau, Lard gras, Lardons, Lonzo, Mortadelle , Noix de jambon , Nuggets , Pancetta, Pastrami, Pâté, Salami, Saucisse, Saucisson, Omelette e altre dozzine (che peraltro le aziende nemmeno si erano mai sognate di utilizzare).
Questo (cioè il divieto alle sole imprese nazionali di utilizzare denominazioni invece consentite alle imprese estere) sarebbe accaduto anche in Italia, se la Commissione non avesse reso disapplicabile la legge 1 dicembre 2023, n. 172 (Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali) perché il testo era stato adottato prima della fine del periodo di sospensione previsto dalle procedure di notifica UE.
In conclusione
Si tratta del tipico caso in cui la legge, introdotta per accontentare un settore dell’industria cui si vuole dimostrare vicinanza, danneggia solo altre imprese nazionali, non potendo essere imposta a imprese estere.
In Francia continueranno a essere disponibili ai consumatori würstel (o saucisson) di soia, così come nuggets di ceci e escalope di seitan, solo che (salvo che il Consiglio di Stato non cestini la legge) non potranno essere di produzione nazionale, ma dovranno essere prodotte da aziende estere, che non possono che essere grate alle autorità francesi per aver spazzato via la concorrenza francese e per aver regalato loro un nuovo mercato.
Una norma, quindi, assolutamente ridicola e controproducente, così come lo era la leggendaria legge italiana n.172/2023.
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos, Cedric Meston Linkedin
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Giornalista scientifica
Peccato che i nomi non si riferiscono a qualità intrinseche del prodotto ma ad esempio a modi di realizzazione del prodotto: hamburger deriva dal modo di impanare la carne da parte degli abitanti di Amburgo mentre wurstel indica il modo di arrotolare la carne tritata da parte degli austriaci…e lo stesso dicasi per altre cose a base di carne tipo mortadella e prosciutto…
Il decreto 2024-144 entrerà in vigore il 1° maggio (anche se, in realtà, il Consiglio di Stato potrebbe bloccarlo, come ha già fatto con il primo analogo decreto del 2022 “relatif à l’utilisation de certaines dénominations employées pour désigner des denrées comportant des protéines végétales”).
Il che sta a dire che non solo ora, ma anche dal 1° maggio le imprese italiane (e tedesche, e austriache, svizzere, turche eccetera) potranno liberamente vendere in Francia prodotti a base vegetale con le denominazioni Bacon, Ballottine, Chorizo, Coppa, Cordon bleu, Escalope , Filet , Filet mignon , Fuseau, Galantine, Jambon cuit, Jambon cru, Jambonneau, Lard gras, Lardons, Lonzo, Mortadelle , Noix de jambon , Nuggets , Pancetta, Pastrami, Pâté, Salami, Saucisse, Saucisson, Omelette e altre dozzine (che peraltro le aziende nemmeno si erano mai sognate di utilizzare).
Questo (cioè il divieto alle sole imprese nazionali di utilizzare denominazioni invece consentite alle imprese estere) sarebbe accaduto anche in Italia, se la Commissione non avesse reso disapplicabile la legge 1 dicembre 2023, n. 172 (Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali) perché il testo era stato adottato prima della fine del periodo di sospensione previsto dalle procedure di notifica UE.
Si tratta del tipico caso in cui la legge, introdotta per accontentare un settore dell’industria cui si vuole dimostrare vicinanza, danneggia solo altre imprese nazionali, non potendo essere imposta a imprese estere.
In Francia continueranno a essere disponibili ai consumatori würstel (o saucisson) di soia, così come nuggets di ceci e escalope di seitan, solo che (salvo che il Consiglio di Stato non cestini la legge) non potranno essere di produzione nazionale, ma dovranno essere prodotte da aziende estere, che non possono che essere grate alle autorità francesi per aver spazzato via la concorrenza francese e per aver regalato loro un nuovo mercato.
Una norma, quindi, assolutamente ridicola e controproducente, così come lo era la leggendaria legge italiana n.172/2023.
Non deve preoccupare minimamente il cambio nome per i prodotti vegetali , oltretutto ad esempio identificare con il nome “wurstel” di soia un prodotto vegetale potrebbe addirittura essere controproducente e richiamare alla mente con il nome wurstel gli “scarti “dei pezzi di carne di animali. . Meglio” allora chiamarli “bastoncini di soia” …Un prodotto vegetale nn dovrebbe proprio richiamare alla mente la carne animale dal quale si dovrebbe discostare anche nel nome ..!!
Una vegetariana …
Indubbiamente non poter dare nomi simil carne ai prodotti vegetali può ridurre il richiamo e quindi le vendite. È anche vero che volendo si possono trovare nomi nuovi che risolvano in parte, o ricorrere a nomi commerciali quindi legandoli al marchio.
Per quanto mi riguarda queste iniziative mi portano ad avere più simpatia per i prodotti che si vorrebbero colpire…
Però devo aggiungere che la UE non può non decidere qualcosa come UE appunto: non si può lasciare ai singoli stati la questione, con tutti i pasticci che ne seguono, ricorsi, sospensioni, andrà risolta una volta per sempre in modo uniforme sul mercato