Richiesta di marchette da Londra ma anche da Milano, il vecchio sistema del publiredazionale a pagamento funziona sempre ed e un buon requisito per avere contratti pubblicitari
Richiesta di marchette da Londra ma anche da Milano, il vecchio sistema del publiredazionale a pagamento funziona sempre ed e un buon requisito per avere contratti pubblicitari
Roberto La Pira 10 Luglio 2015Oggi abbiamo ricevuto una mail da un’agenzia che ha sede a Londra in cui ci viene chiesto (**) se siamo disposti a pubblicare alcuni editoriali scritti da noi che parlano o menzionano un’azienda loro cliente. Nel gergo giornalistico questo tipo di servizio viene definito “marchetta”, perché si tratta di un’operazione a pagamento, ed è un tipo di articoli che si trova nei giornali, nei servizi televisivi e ancor più nei siti. Questo genere di proposte di solito non vengono indicate nei contratti pubblicitari, ma sono frutto di accordi verbali, oppure di circonlocuzioni che compaiono in alcune lettere informali.
Purtroppo è una pratica diffusa, anche se vietata dal codice deontologico dei giornalisti. Non è la prima volta che ci propongono queste “collaborazioni”. Soprattutto all’inizio quando eravamo poco conosciuti, più di un’azienda alla nostra proposta di inserire banner pubblicitari chiedeva in cambio “finti editoriali”.
Oggi la proposta indecente è arrivata da Londra ma di solito arriva da Milano e da aziende molto grandi che vincolano la firma di un contratto pubblicitario (regolare) alla pubblicazioni di publiredazionali. A volte la marchetta è mascherata perché si trasforma in un’intervista, nella recensione guidata di un prodotto o di un servizio. I direttori dei giornali che accettano questa logica (e sono tanti) conoscono gli accordi e tendono a chiudere un occhio consentendo ai redattori di realizzare un finto articolo magari pagandolo come collaborazione extra stipendio. Purtroppo si tratta di cattive abitudini molto diffuse che penalizzano il nostro mestiere anche perché poi difficilmente si potrà esprimere una critica all’inserzionista che paga per le marchette.
(**) Ecco la lettera arrivata via mail da Londra. Le scrivo in quanto sarei interessata ad una partnership tra il vostro blog e alcuni dei miei clienti, siamo alla ricerca di pubblicazioni interessanti come la vostra per poter far conoscere i nostri clienti al vostra audience. Ci interesserebbe la pubblicazione sul vostro sito di un editoriale scritto da voi che parla o menziona il mio cliente. Vi invito a rispondere qualora interessati per discutere il tutto ulteriormente, insieme alla retribuzione.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Mail di questo tenore le ricevo anch’io che ho un piccolo Blog e quindi un “peso” insignificante, ma seppure da blogger non abbia vincoli deontologici, le rispedisco al mittente … preferisco non incassare qualche Euro e tenermi la mia attendibilità.
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L’ultima ricevuta parlava di ”
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Pur tralasciando i media tradizionali, sulla cui qualità professionale ci sarebbe da dire, vedo purtroppo molti siti di pregio che scivolano su pubblicità o recensioni favorevoli, mascherate da articolo.
Interessante a questo proposito anche l’abbinata Gambero Rosso e Lidl che ha dato da pensare a più d’uno: http://paoblog.net/2014/10/31/pp-pubblicita/
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D’altro canto ci sono blogger che si svendono per un pranzo gratis: http://paoblog.net/2013/10/16/le-recensioni-di-certi-blog-non-stanno-in-piedi/
Scusate, manca un passaggio nel commento precedente: “L’ultima ricevuta chiedeva per l’appunto la mia disponibilità ad ospitare redazionali per campagne di brand prestigiosi… ed in chiusura parlava di un compenso da stabilire e la parola compenso era in grassetto. 😉
Ad una certa fascia di consumatori basta far balenare la parola gratis per ottenere attenzione, a certi blogger e giornalisti, è sufficiente far sentire il fruscio delle banconote, virtuali o meno.”
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Se interessa, segnalo anche questo articolo di Maurizio Caprino: La stampa ai tempi della crisi: emozioni e marchette.
vedi: http://mauriziocaprino.blog.ilsole24ore.com/2009/11/07/la-stampa-ai-tempi-della-crisi-emozioni-e-marchette/?refresh_ce=1
Come avete detto la prassi è molto diffusa, ma è giusto farlo presente perchè molti non lo sanno.
Sì, è una pratica più che diffusa, anche su quotidiani che parlano di salute. L’ho incontrata più e più volte nella mia professione, però sulle pagine appare la scritta “informazione pubblicitaria”, e in più impaginato e font sono “diversi” rispetto alle altre pagine. Spero che il lettore ne prenda atto.