Mangimi alla diossina, secondo allerta per polli e uova in Veneto. Migliaia di allevamenti coinvolti in tutta Italia. Black out del Ministero della salute e delle aziende coinvolte
Mangimi alla diossina, secondo allerta per polli e uova in Veneto. Migliaia di allevamenti coinvolti in tutta Italia. Black out del Ministero della salute e delle aziende coinvolte
Roberto La Pira 1 Luglio 2014Dopo il ritiro del lotto di mangime alla diossina per galline in Valle D’Aosta avvenuto pochi giorni fa, è scattato un nuovo allerta a Rovigo dove l’ULSS 18 ha diffuso un comunicato stampa per avvisare i piccoli allevamenti familiari che hanno acquistato mangime contaminato da diossina. Il servizio veterinario ha individuato otto lotti realizzati con questo mais e invita a non dare più il prodotto agli animali. Si tratta di confezioni di 5 -10 kg utilizzati da piccoli allevamenti rurali familiari. Si tratta di otto lotti di mangime destinato a pollame da cortile della ditta Mignini & Petrini più precisamente: P 51 – Prima briciola- lotti 758464, 759876, 762377; P 52 – Briciola 2 – lotti 758862,762377,760230, 758446; P 01 – Primi giorni – lotto 760232.
Le indicazioni del servizio veterinario sono chiare, non mangiare i polli alimentati con il mangime, buttare via le uova e restituire la confezione al rivenditore. Il mangimificio Mignini & Petrini in un comunicato diffuso ieri sera all’Ansa afferma che ” i mangimi prodotti fino a oggi , sono tutti risultati conformi ai parametri di legge e privi di qualsiasi contaminazione da diossina”. Come abbiamo già scritto la situazione riguarda migliaia di allevamenti e centinaia di tonnellate di mangime distribuito a grandi e piccoli aziende agricole che da tre mesi alimentano i loro animali con mangime contaminato da diossina. Per questo motivo il Ministero della salute 12 giorni fa ha deciso che polli, maiali e bovini alimentati con razioni contenenti mais in misura superiore al 32% dopo la macellazione devono essere sottoposti a vincolo sanitario. In altre parole la carne deve essere stoccata in celle frigorifero, oppure congelata in attesa di analisi per verificare la quantità di diossina presente. Il latte deve essere trasformato o sterilizzato e stoccato in attesa di analisi specifiche condotte sui singoli lotti. La stessa cosa deve essere fatta per le uova.
La questione non è banale. Da un punto di vista istituzionale le autorità sanitarie stanno verificando l’entità della contaminazione e sono in corso analisi su 12 campioni di mais, per valutare la diffusione della diossina. È però inutile negare che il 70-80% del lotto di mais contaminato scaricato nel porto di Ravenna il 6 marzo 2014 è stato dato agli animali. Una parte della diossina è quindi filtrata sicuramente nel cibo che poi è stato venduto nei supermercati e consumato dai cittadini. Stiamo parlando di latte e uova, insieme a carne di pollo, di maiale e di bovini nutriti con questo mangime. La seconda fase prevede l’esame di 150 campioni di latte, uova e carne reperiti sul mercato per valutare la presenza di diossina sul prodotto al dettaglio.
Il problema maggiore riguarda i polli, perché gli animali vengono macellati dopo 45-50 giorni, e nel corso della crescita può essere stato somministrato mangime con quantità di mais contaminato superiore al livello massimo del 32% fissato dal Ministero. Il problema si pone anche per le uova delle galline, e in minor misura per i maiali che vengono macellati dopo 6 mesi. Per le vacche la questione sembra più sfumata, in quanto un animale da latte può assumere al massimo 5 kg di farina di mais al giorno abbinata a 35 kg di insilato e altri ingredienti. È quindi più facile che l’eventuale diossina ingerita sia diluita e che il latte alla fine abbia una quantità inferiore rispetto a quanto previsto dai limiti di legge. Queste però sono considerazioni che potranno essere confermate solo dopo l’analisi dei 150 campioni di cibo previste a livello nazionale.
Secondo fonti accreditate sono in corso centinaia di ritiri di mangime negli allevamenti ma il Ministero preferisce non dare informazioni e anche le associazioni di categoria non hanno diffuso comunicati. Anche sul fronte dei produttori di mangime non ci sono dichiarazioni. Sebbra quasi che ci sia un accordo tacito per cui è meglio non parlare di diossina come se il problema non esistesse. Il Ministero della salute, sempre solerte a fornire informazioni sulle molteplici iniziative di Beatrice Lorenzin ha diffuso solo il 20 giugno, con un certo ritardo, un comunicato di 10 righe molto criptico. La sensazione è che la carne, il latte e i polli di animali allevati con mangime contenente diossina siano stati venduti e mangiati e si cerchi di raccontare il meno possibile sperando che tutto finisca nella sfera degli episodi dimenticati.
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
E Coldiretti, sempre pronta ad apparire in tutte le trasmissioni TV in certe occasioni, dov’è finita?
Perchè ridi e scehrza sulla stampa tradizionale o nei tg, io di questa vicenda non sento parlare…
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Vabbè che i frutti di bosco surgelati insegnano… 😉
Suggerimenti pratici?
Mangiare per lo più alimenti di origine vegetale per alcuni mesi. Cioè più fagioli piselli lenticchie soia cicerchie lupini azuki, noci, cereali al posto di carne e uova…
Potrebbe essere un’opportunità per migliorare la propria alimentazione aumentando la quota delle fibre alimentari e riducendo le proteine (che sono in eccesso nella nostra dieta) …così facendo si potrebbero inoltre ridurre gli acidi grassi saturi animali ed il colesterolo…
Suggerimenti pratici: mangiare per lo più alimenti di origine vegetale per alcuni mesi. Cioè più fagioli piselli lenticchie soia cicerchie lupini azuki, noci, cereali al posto di carne e uova…
Potrebbe essere un’opportunità per migliorare la propria alimentazione aumentando la quota delle fibre alimentari e riducendo le proteine (che sono in eccesso nella nostra dieta) …così facendo si potrebbero inoltre ridurre gli acidi grassi saturi animali ed il colesterolo…
Mi chiedo e vi chiedo se non sarebbe opportuno istituire il principio di corresponsabilità tra produttori e distributori.I supermercati dovrebbero essi stessi garantire al consumatore la buona qualità dei prodotti distribuiti e non aspettare,per poi cadere dal pero,che le magagne le scopra lo Stato.
Ricordo che l’autocontrollo obbligatorio è prerogativa dell’ OSA (operatore del settore alimentare), quindi di tutti gli anelli della catena, che controllano i parametri di propria spettanza, e si accertano dei controlli dei loro fornitori a monte, oltre a verificare che anche a valle si seguano procedure appropriate. Di solito la GDO strombazza i suoi “supercontrolli”, ma spesso solo a parole .Comunque in questo caso le navi di mais dovrebbero essere liberate per la commercializzazione solo dopo adeguati controlli, dell’importatore, e dei veterinari di frontiera. E poi la responsabilità passa ai commercianti all’ingrosso ed ai mangimifici, dove spesso sembra valga la prassi della diluizione dei residui, anche se assolutamente illegale, perché le partite positive sono “rifiuto tossico-nocivo” e andrebbero a distruzione.
Se vogliamo essere concreti ed efficaci senza perdere la razionalità, dobbiamo ammettere che i problemi di sicurezza alimentare vanno affrontati e risolti da chi ha la possibilità di farlo.
Quindi i produttori, gli importatori ed i trasformatori hanno il 100% di oneri e responsabilità di quello che immettono sul mercato, quando causano questi disastri, oltre alla riparazione dei danni provocati, in casi gravi come la diossina e l’epatite, gli va tolta l’autorizzazione ad operare nell’alimentare.
Per la distribuzione piccola o grande che sia, a parte il sacrosanto dovere d’informazione tempestiva al cliente, in tutti i modi che ha a disposizione, non potranno mai controllare gli alimenti che vendono, quindi inutile pretendere l’impossibile.
Le istituzioni preposte Asl per prima, ma tutta la struttura gerarchica di controllo e repressione frodi, magistratura compresa, dovrebbero fare meno repressione a “babbo morto” e più prevenzione tempestiva a tappeto, per evitare i danni e le vittime.
Aggiungo che il vero problema sembra essere proprio quello citato da Costante e che riguarda una certa complicità di fatto di tutta la filiera, sulla diluizione dei residui contaminati.
Sbaglierò ma ho l’impressione che questo sistema consolidato, sia accettato anche dalle autorità di controllo come un male minore, che se ben gestito, solitamente non produce contaminazioni evidenti, salvo quando emergono le gravità di cui parliamo.
In sintesi: un pò di veleni diluiti per tutti ed il problema è risolto “senza” danni ma soprattutto senza troppi interventi, salvo quelli emergenziali e repressivi della magistratura, a “babbo morto”.
Se le informazioni vengono date con questa enfasi: “sequetrati X quintali di ….”, cioè nulla rispetto a quanto prodotto o “migliaia di allevamenti coinvolti in tutta Italia” , come se ci fosse in atto una pestilenza e tutti stessero mangiando alimenti contenenti diossina, è chiaro che il ministero si limita ai comunicati essenziali. Non sempre chi strilla ha ragione o sta più nel giusto o è più puro degli altri. Ci sono le valutazioni del rischio in atto e le informazioni si danno in modo da aiutare il consumatore ad orientarsi, non a spaventarsi. I problemi nè si sottovalutano nè si sopravvalutano: si chiariscono e si affronatno con approccio scientifico, cioè razionale, e non emotivo.
Rossella ha ragione , il problema è che il ministero non dice quasi mai niente. L’esempio dell’epidemia dei frutti di bosco è esemplare . Dopo 6 mesi ha detto di fare bollire i frutti di bosco congelati! La comunicazione è stata così efficace che nessuno se ne è accorto e i consumatori praticamente non sono mai stati informati !
Sono perfettamente d’accordo con Ezio, e lo sto ripetendo da anni in tutte le sedi. Finché non si arriverà a togliere la licenza di importatore, mangimista, commercializzatore etc . In casi come questi, ( le norme già lo permettono in ragione della gravità dell’evento, ma anche in casi meno gravi) solo la possibilità di cessazione dell’attività, anche per interposta ragione sociale, sarà l’unico deterrente efficace, capace di far funzionare a dovere l’autocontrollo obbligatorio. Altrimenti si continuerà con le multe (già messe in conto da chi froda) e con l’andazzo di sempre, mai contrastato efficacemente dai poteri pubblici, cui spesso sembra basti un po’ di pubblicità sui giornali. Scusate la durezza, ma derivata da esperienze sul campo.
Mi chiedo come ci si possa illudere in un complessi sistema “moderno burocratico corrotto capitalista” di pretendere cibi sani. E’ un paradosso se pensiamo che l’ARPA ad ogni evento non rileva situazioni di pericolo,dall’incendio DeLonghi all’ultima fumata nera del pluripremiato inceneritore di Brescia o meglio della società quotata A2A.Ad ogni anomalia la centralina salta incredibile.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/01/brescia-nube-nera-esce-dallinceneritore-arpa-dati-su-diossine-non-registrati/1045581/
Quindi mi chiedo..tra industrie e impianti o cementifici di co-incenerimento di rifiuti che tutti produciamo,cosa pretendere in un contesto di crisi economica e disfatta sociale senza precedenti?
Abbiamo forse tutti l’illusorio diritto di produrre rifiuti girare in auto fare la coda per andare in spiaggia ma esigere cibi sani?
Ma se come leggo qui non si salvano nemmeno i salmoni biologici della Norvegia cosa possiamo pretendere dalla pianura padana o dalle navi ucraine?
Non è una provocazione ma una “riflessione” sulla reale situazione malsana di oggi.Più passano i giorni,più accumuliamo tossine.