biogas

maisIl Fatto Alimentare ha di recente segnalato il problema della contaminazione da micotossine nei raccolti di mais dello scorso anno. Ed ecco proprio oggi la buona notizia della soluzione trovata in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia per liberare i depositi dalle granaglie contaminate, senza compromettere la sicurezza della filiera agroalimentare e salvaguardare l’ambiente. La soluzioen si chiama biogas.

Il problema, assai gravoso per l’agricoltura e la zootecnia del nord Italia, era trovare un modo smaltire ingenti quantità di mais – stimato in 350mila tonnellate – che a causa della siccità della scorsa estate non poteva essere utilizzato per la filiera alimentare e nemmeno come mangime per animali. Solo il prodotto di elevata qualità organolettica e igienico-sanitaria può essere infatti destinato a tali finalità.

 

gas tubi Il mais in questione sarà utilizzato, in via esclusiva, per produrre energia rinnovabile negli oltre 500 impianti a biogas della pianura padana. È quanto prevede l’accordo di filiera che gli assessori regionali all’agricoltura delle tre Regioni hanno rivolto alle principali organizzazioni agricole e ai consorzi di biodigestori.

 

L’accordo permette di costruire un percorso chiaro, trasparente e sicuro, in linea con le indicazioni fornite dal Ministero della salute. È prevista una precisa procedura di tracciabilità del prodotto – definita dalle tre amministrazioni e approvata dal Ministero – che  un corretto utilizzo, evitando il rischio di frodi.

 

Dario Dongo

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Foto: Photos.com

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Dmarcom
Dmarcom
19 Marzo 2013 23:31

Produciamo in italia 7-8 mln di granella di mais in italia. Oltre 2 mln andranno in insilati. Sicuri che il problema sia relativo a solo 350 m ton visto che le zone maggiormente colpite dal problema sono anche le zone d maggiore produzione? O 350 m ton è la capacitá massima da parte dei digestori di assorbire granella? Una bella differenza….

Stefano Nicoli
Stefano Nicoli
20 Marzo 2013 14:40

Decisione intempestiva – si sarebbe dovuta prendere a novembre 2012.
Troppi i danni creati finora e troppi i furbi che ne hanno approfittato.
Si apre una strada pericolosa per smaltimenti camuffati.
La decisione creerà gravi danni economici ai produttori di biomasse trinciate che sono gli unici a non avere la benché minima responsabilità per quanto accaduto lo scorso anno.

Roberto La Pira
22 Marzo 2013 18:12

In relazione ai commenti sulle aflatossine del mais, invio in allegato la bozza originale con grafico di dati storici un lavoro ( per scaricare il documento troverai un link in fondo all’articolo ) frutto di esperienza diretta del 2000 e 2003, che è stato pubblicato su Scienza e Tecnica Lattiero-Casearia 56 (1),37-46 (2005) ed oggetto di presentazione ad un convegno tematico di ISTISAN. Si trattava dell’attività di prevenzione di cui ero responsabile e di un piano che è diventato poi la base del piano di controllo nazionale. Facemmo modificare ad un’azienda USA il kit rapido di controllo della AFM1 nel latte adattandolo ai livelli europei, in quanto i livelli accettati negli USA erano 10 volte più alti per ragioni agronomiche (dicevano).

Ora, a fronte di un’annata agricola maledetta anche per paesi normalmente più tranquilli (vedi Germania) ed alla difficoltà di approvvigionamento di mais per l’alimentazione del bestiame, sarebbe interessante proporre ad EFSA , al di là della sacrosanta correttezza di stare a livelli più bassi possibile e svolgere allo scopo la più attenta attività preventiva, una disamina sul significato sanitario della grande differenza fra i limiti UE e quelli USA :- Sono gli USA più pragmatici e sono ancora entro limiti ragionevoli di sicurezza sanitaria?,- In condizioni agronomiche di emergenza possono essere date deroghe temporali?,- Possono essere temporaneamente autorizzate pratiche di bonifica chimica attualmente bandite?

Sono tutte domande che mi sorgono spontanee pur essendo stato in prima persona attivamente uno dei più aspri sostenitori dell’abbassamento dei limiti, in contrasto con qualche rappresentante del mondo agricolo ad un convegno al CIBUS, ma per promuovere nel migliore dei modi le pratiche possibili di prevenzione, che talora il mondo agricolo fatica ad accettare e scambia per un costo.

Costante Pinelli

Antonio Bottalico
Antonio Bottalico
26 Marzo 2013 13:03

Ma siamo proprio sicuri della presenza così elevata di aflatossina B1 nel mais delle aree agricole europee? Le muffe produttrici di tale micotossina non sono affatto frequenti in tali aree. A tal riguardo, e a quella relativa alla presenza di aflatossina M1 nel latte, bisognerebbe invece focalizzare l’attenzione sulle farine proteiche contenute nei mangimi (semi e panelli di arachide, cotone, soia ecc.). Altri sono invece i problemi micotossicologici del mais europeo e riguardano le fusariosi e le fusariotossine (fumonisine, deossinivalenolo, tricoteceni, ecc.) che, tutto sommato, sollevano problemi di tossicità molto meno acuti di quello dell’aflatossina.
Antonio Bottalico: professore di Tossine e Micotossine di parassiti vegetali.

Dmarcom
Dmarcom
Reply to  Antonio Bottalico
31 Marzo 2013 00:02

Semi e panelli di arichide e cotone sono ininfluenti nel comparto zootecnico – basta guardare i ridottissimi volumi importati in Italia. Mai sentito di problemi di aflab1 nella farina di soia! Al massimo salmonella. E x quanto riguarda i problemi nel resto d’europa si parla di serbia, romania e ungheria principalmente. Se ci sono problemi in nord europa, germania olanda belgio, sono relativi al mais di importazione in quanto strutturalmente deficitari di mais.