Prosegue la rubrica della dietista Abril González Campos con le risposte alle domande dei lettori. Oggi pubblichiamo un approfondimento sui legumi e come integrarli nella dieta.
La lettera
Vorrei consumare più legumi ma mi risultano un po’ indigesti? c’è un modo per evitare questo problema? Magari con una cottura particolare? Ho letto che se consumati in piccole porzioni quotidiane, l’organismo un po’ alla volta si abitua e i problemi digestivi diminuiscono, è vero? Anita
La risposta
I legumi, in generale, non sono soltanto un’eccellente fonte di di fibra e di proteine, ma come altri alimenti vegetali offrono una serie di molecole come i polifenoli , le saponine, le proteasi e i fitati che presentano attività antiossidante, hanno potenziale ruolo protettivo nei confronti di patologie cardiovascolari e agiscono contro alcune tipologie di cancro come quello del colon, della prostata e della mammella (1).
Questi e altri benefici, come la riduzione della mortalità e morbilità possono essere raggiunti con un’assunzione di 50 grammi/giorno, cifra lontana dal consumo reale in Europa, che registra di gran lunga un consumo più basso di legumi, inferiore a 10 grammi al giorno (2).
Le strategie
Nonostante loro pregi i legumi contengono altri composti tra cui carboidrati non digeribili e sostanze antinutrienti responsabili di gonfiore, distensione e dolore addominale. Questi “inconvenienti” possono essere affrontati, ridotti o eliminati grazie ad alcune strategie pratiche che potete eseguire nell’ordine presentato:
Strategia 1. Iniziare il consumo di legumi con prodotti e ricette a base di farina di legumi, per esempio, la preparazione di una farinata di ceci, piatto della tradizione Ligure o aggiungendo come condimenti ai primi piatti dei prodotti appositi a base di 100% farina di diversi legumi disponibili sul mercato italiano.
Frequenza consigliata: 1-2 volte a settimana
Strategia 2. Consumo di surrogati di pasta con una percentuale variabile di farina di legumi e cereali a seconda dei gusti personali.
Frequenza consigliata: 1-2 volte a settimana
Strategia 3. Iniziare dalle lenticchie, perché sono il legume più semplice da cucinare: le lenticchie decorticate o alcune varietà di lenticchie piccole coltivate in Toscana e Umbria non necessitano di ammollo e hanno un tempo di cottura breve (dai 20 ai 30 minuti a seconda della qualità). Le lenticchie bollite si conservano in frigorifero per 4-5 giorni per utilizzarle in varie pietanze nei giorni successivi.
Frequenza consigliata: 1-3 volte a settimana.
Strategia 4. Aggiungere piccole quantità di legumi in generale per condire primi piatti, per esempio, piatti della tradizione come “riso e bisi” (riso e piselli in Veneto ) o o aggiungerli alle insalate fresche; al posto della classica insalatona tonno e uova si può optare per un’insalata condita con fagioli e tonno o con un mix di legumi ( ceci, piselli e fagioli). Un’altra opzione è quella di cucinare le versioni vegetali di alcuni condimenti a base di carne come un ragù di lenticchie.
Frequenza consigliata: 3-4 volte a settimana.
I legumi nella dieta
L’obiettivo finale di questa serie di strategie è quello di consumare legumi “interi” o creme o zuppe di legumi senza la presenza di sintomi gastrointestinali. Quando si sceglie il consumo e la preparazione di legumi secchi sono consigliati 2 tipi di ammollo: l’ammollo tradizionale, più lungo (12-24 ore), utilizzando grandi contenitori e utilizzando cinque parti d’acqua per ogni parte del legume (dopo l’ammollo lungo si procede alla cottura) e l’ammollo rapido, che prevede il risciacquo e la bollitura dei legumi in acqua per due o tre minuti. Si spegne il fuoco e si lascia riposare per tre-quattro ore e poi si procede alla cottura per 2-3 ore. Ceci e fagioli sono legumi che richiedono tempi di ammollo lunghi (fino a 24 ore) perché hanno una matrice di rivestimento che rende più difficile la permeazione dell’acqua, quindi è necessario più tempo per permettere all’acqua di ammorbidire la buccia e facilitare la riduzione di fitati, tannini, polifenoli e alfa-galattosidi.
È meglio evitare l’aggiunta di bicarbonato, perché sebbene renda i legumi più morbidi, tende a impoverirli, degradando le vitamine del gruppo B e alterandone il gusto. Una leggera acidificazione dell’acqua, invece, facilita l’attivazione delle fitasi e, quindi, la degradazione di alcune sostanze non nutrienti: è sufficiente aggiungere un cucchiaio di succo di limone o aceto di mele per kg di legumi per ottenere un buona riduzione di tali sostanze. L’eccessiva acidificazione, invece, porta all’indurimento della buccia (1).
Per ultimo, la mancanza di tempo per preparare e cucinare i legumi può rappresentare una limitazione importante per il loro consumo, per cui si possono acquistare anche già cotti o surgelati: è sempre una buona abitudine scegliere prodotti a basso contenuto di sodio o risciacquarli bene con acqua corrente prima dell’uso soprattutto in persone affette da pressione arteriosa elevata.
Referenze:
1.Sustainable Strategies for Increasing Legume Consumption: Culinary and Educational Approaches
2.Legumes—A Comprehensive Exploration of Global Food-Based Dietary Guidelines and Consumption
3. Legumotti
4.prodotti a base di 100% farina di legumi
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com
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Dietista MSc PhD. Master in Scienze fisiologiche. Dottorato di ricerca in biologia vascolare e ipertensione arteriosa. Specializzata nella cura dell’obesità e dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Si occupa in particolare di educazione alimentare negli adolescenti e adulti.
Strategia 6:anche tofu e tempeh sono legumi
Non mi è chiara questa parte:
“l’ammollo lungo di 12-24 ore o l’ammollo rapido, che prevede il risciacquo e la bollitura del legumi in acqua per due o tre minuti”
o meglio, la parte “successiva” nei due casi.
Che io sappia, dopo l’ammollo lungo poi la cottura dura 2-3 ore, sbaglio?
Ma allora nel caso invece dell’ammollo rapido, alla bollitura per 2-3 minuti, non segue altro? Mi pare improbabile. Quindi “dopo” va fatta una bollitura normale, come nel caso dell’ammollo lungo? Sbaglio?
Se potete chiarire grazie.
Gentilissimo, abbiamo aggiunto nel testo una spiegazione più approfondita della dottoressa Campos, che le riporto anche qui: Si possono effettuare due tipi di ammollo: l’ammollo tradizionale, più lungo (12-24 ore), utilizzando grandi contenitori e utilizzando cinque parti d’acqua per ogni parte del legume ( dopo l’ammollo lungo si procede alla cottura) e l’ammollo rapido, che prevede il risciacquo e la bollitura dei legumi in acqua per due o tre minuti. Si spegne il fuoco e si lascia riposare per tre-quattro ore e poi si procede alla cottura per 2-3 ore.
Ceci e fagioli sono legumi che richiedono tempi di ammollo lunghi (fino a 24 ore) perché hanno una matrice di rivestimento che rende più difficile la permeazione dell’acqua, quindi è necessario più tempo per permettere all’acqua di ammorbidire la buccia e facilitare la riduzione di fitati, tannini, polifenoli e alfa-galattosidi.
Io uso i ceci Valfrutta in vasetti di vetro. Sono già cotti, pronti, buonissimi con un po’ di olio o cotti un poco con del curry
ottime informazioni
A quanto vedo si dimentica di utilizzare la germinazione dei semi attraverso la quale alcuni si possono anche mangiare crudi (vedi ceci), oppure dopo una veloce sbollentatura.
i benefici sono immensi: https://www.italiansprout.com/en/sprouts/eating-sprouts-how-to-do-it-with-safety/#:~:text=Mangiare%20periodicamente%20i%20germogli%20%C3%A8,livelli%20di%20zucchero%20nel%20sangue.
Per la cottura, dopo opportuno ammollo (tutta la notte in acqua a temperatura ambiente) fagioli e ceci cuociono benissimo in pentola a pressione, 10-15 minuti dal fischio, e poi, sempre nella pentola, senza aprire la valvola, nel forno spento. Cuociono mentre si fa colazione, finiscono in mattinata, e per l’ora di pranzo sono cotti a puntino. E si risparmia un mucchio di gas!
Le saponine possono essere tossiche e i fitati impediscono l’assorbimento intestinale di importanti minerali come il calcio e il ferro. Inoltre, sia saponine che fitati vengono inattivati dalla cottura, quindi, a meno di non mangiare legumi crudi (cosa sconsigliabile per alcuni tipi per via delle tossine che contengono), tutte queste belle proprietà antiossidanti vanno a farsi benedire.
Ma questi nutrizionisti un po’ di biologia la fanno oppure si diplomano sul campo (e sulla pelle della gente)?
Gentile Claudia,
Possiamo parlare di tossicità e carenza di nutrienti in diete con pochissima varietà di alimenti. Non solo nei legumi si trovano sostanze che possono ridurre l’assorbimento di calcio e ferro, questo può accadere anche quando beviamo caffè o mangiamo spinaci o quando non aggiungiamo una fonte di vitamina C quando si consumano i legumi, ma non per questo bisogna eliminare o “demonizzare” certi alimenti. A questo proposito, sono molto utili le frequenze di consumo settimanale per avere una corretta assunzione di tutti nutrienti.
Se parliamo delle quantità di saponine in maniera particolare, come altri nutrienti essa è molto variabile per cui non “vanno a farsi benedire” come afferma lei. : “La cottura dei legumi riduce la quantità di saponine del 7–53%. La differenza nella perdita di saponine nei legumi può essere attribuita alla struttura del legume. La cottura dei ceci e delle fave ha abbassato il contenuto di saponina rispettivamente del 7-17% e del 35%. Allo stesso modo, si osserva una perdita di saponina durante la cottura dei ceci neri . Le perdite di saponina aumentano significativamente durante l’ammollo invece che durante la cottura.”
Fonte: https://www.liebertpub.com/doi/10.1089/109662004322984734?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori%3Arid%3Acrossref.org&rfr_dat=cr_pub++0pubmed
Per ultimo le consiglio la lettura del nostro articolo per fare chiarezza sulle figure sanitarie dedicate al campo della nutrizione: https://ilfattoalimentare.it/dietologo-nutrizionista-dietista-scegliere.html
Interessantissimo articolo dedicato ai tanto bistrattati legumi, fonte proteica importantissima per noi e per il pianeta, soprattutto se abbinati ai cereali integrali (ricordate il famoso piatto unico degli anni ’80? lo inserirono, tra l’altro, nel menù di scuole, asili, mense di fabbrica, sotto la spinta delle Commissioni Mensa formate da genitori o operai/dipendenti).
In questo articolo ci sono informazioni preziose (perchè rare da trovarsi) e utili.
Vorrei sapere se è confermato – ma credo che non vi siano dubbi, dottoressa Abril Gonzalez Campos – che il sale va aggiunto a fine cottura (ad eccezione dei piselli freschi).
E ancora due domande, se mi consente:
1) erbe ed aromi (alloro, salvia, rosmarino, semi di finocchio, ecc.) aiutano la digeribilità?
2) per quanto il frigorifero possa essere tarato nella parte più fredda a 2°/3° non le pare un po’ troppo conservare le lenticchie per quattro o cinque gg.?
Grazie.
Grazie a lei delle domande. Cerco di rispondere in ordine:
– Sale: si, in questo caso meno è meglio. L’uso di erbe e aromi ne riduce la necessita di aggiungere sale.
-Erbe e aromi: oltre a migliorare la digeribilità, insaporiscono anche loro offrono proprietà antiossidante, battericida e batteriostatica per cui preservano gli alimenti già cotti per alcuni giorni (la quantità di giorni citata nel articolo è quella riportata nelle fonti, a casa non ne durano così tanto perché sono buonissimi e pratici, quando è possibile possono essere anche surgelati per consumarsi in un secondo momento e risparmiare tempo).