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Secondo il Centro di referenza nazionale per le indagini biologiche sugli anabolizzanti animali, il 15% delle carni bovine italiane è trattato con sostanze vietate

L’articolo di Valentina Murelli in cui si dice che il 15% delle carni bovine italiane è trattato con sostanze vietate per aumentare la massa muscolare ha destato qualche perplessità. I dati però sono quelli indicati dal Centro di referenza nazionale per le indagini biologiche sugli anabolizzanti animali, istituito dal Ministero della salute presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, che ha condotto analisi specifiche.

 

L’altro elemento da sottolineare è che non si tratta di una novità, visto che questi studi  vengono portati avanti da anni come si evince da un articolo pubblicato due anni fa su Il Fatto Alimentare in cui si diceva:

 

” … nel 2004 i veterinari della Direzione sanitaria del Piemonte insieme all’Università di Torino, attraverso l’analisi ispettivo-istologica dei tessuti su 209 animali macellati, riscontrano anomalie nel 33% dei capi. Si trattava di vistose alterazioni alle ghiandole del timo e alla prostata nei maschi, mentre per le femmine il problema riguarda le ovaie e le ghiandole del Bartolini. Il livello di alterazioni riguardava le ovaie e gli organi riproduttivi delle giovani femmine con meno di un anno che risultavano simili a quelli delle mucche che hanno partorito. Le anomalie erano dovute alla somministrazione fraudolenta di sostanze chimiche, oppure di cortisonici e ormoni sessuali in grado di aumentare in poco tempo la massa muscolare. Per un secondo gruppo di animali (pari al 47%), i veterinari ipotizzano un trattamento con piccole dosi di farmaci e di anabolizzanti per ridurre alterazioni agli organi interni.

 

mucche
Nel 2004 l’analisi ispettivo istologica condotta su 209 animali macellati, aveva riscontrato anomalie nel 33% dei capi.

Test di questo tipo sono stati ripetuti negli anni successivi in otto regioni, con risultati confrontabili. Purtroppo l’analisi istologica non rappresenta una prova sufficiente per sequestrare i capi. I test riconosciuti ufficialmente sono quelli chimici, che, ahimé, danno quasi sempre esito negativo perché i trattamenti vengono fatti con microdosaggi di diverse molecole “invisibili” alle analisi. Ci sono trattamenti “week-end” che iniziano il venerdì sera, quando i veterinari Asl e i Nas non lavorano, e si esauriscono il lunedì mattina senza lasciare tracce”.

Purtroppo la situazione di oggi è simile.

 

Roberto La Pira

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

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Riccardo F.L.
28 Maggio 2013 18:07

<<>>; basta questo dato per per annullare la veridicità del 15% portandolo a percentuali ben maggiori!
Speriamo in un futuro più sano!

Robo
Robo
30 Maggio 2013 09:02

Premesso che trattasi di pratiche illegali, e quindi DA NON FARE, sarebbe opportuno rimarcare comunque la differenza tra il ritrovamento tramite analisi chimiche dirette di un eccesso di ormoni anabolizzanti all’atto della macellazione/ commercializzazione che potrebbe avere impatto diretto sulla salute del consumatore, e, come in questo caso invece, il reperimento di modifiche anatomiche o istologiche che provino l’utilizzo pregresso di pratiche farmacologiche vietate. La differenza è rilevante, perchè in tale frangente noj si puó parlare di rischi per la salute pubblica, che il plus ormoni non restano mica in circolo per sempre, e gli organi modificati micro o macro strutturalmente mica divengono tossici o radioattivi. Saluti.