Latte con aflatossine cancerogene: scattano i sequestri in Veneto per 5000 forme di formaggio. Dopo lo scandalo in Lombardia continuano le indagini di Asl e Nas
Latte con aflatossine cancerogene: scattano i sequestri in Veneto per 5000 forme di formaggio. Dopo lo scandalo in Lombardia continuano le indagini di Asl e Nas
Roberto La Pira 12 Aprile 2016Dopo l’operazione dei Nas in Lombardia sul formaggio destinato a diventare Grana Padano preparato utilizzando latte con un contenuto elevato di micotossine (*) adesso le indagini si sono spostate in Veneto e in Emilia Romagna.
Il primo caso di cui si ha notizia riguarda la Latteria Soligo (già protagonista di un’altra vicenda) che nel corso di autocontrolli invia un campione di latte al laboratorio Chelab di Treviso (da pochi mesi acquisito dalla società Mérieux NutriSciences) riscontrando una quantità di aflatossine M1 superiore rispetto ai 50 nanogrammi per kg permessi dal reg. CE 1881/2006. A questo punto la Latteria Soligo ripete le analisi e invia una nuova campionatura che non evidenzia anomalie, per cui il latte è assegnato al caseificio. Una parte viene trasformata in 80 forme di formaggio Breganze che dopo una breve stagionatura è venduta in alcuni supermercati del Veneto. Altre 12 forme di formaggio sono lavorate e spedite al magazzino di stagionatura destinate a diventare Grana Padano. Si arriva così al 5 aprile 2016 quando Nas e Asl, sulla base delle carte fornite dal laboratorio Chelab di Treviso, scoprono l’eccesso di aflatossine rilevato nel mese di agosto e sequestrano le 12 forme. La questione è delicata perché secondo la norma il superamento dei limiti di aflatossine nel latte deve essere segnalato alle autorità sanitarie entro 12 ore e avviato alla distruzione. Il latte inidoneo non può essere diluito con altro latte idoneo per abbassare i valori e rendere la partita commerciabile come viene fatto in modo illecito da chi (produttori di latte e anche qualche caseificio) vuole evitare perdite economiche. Anche la stalla che fornisce latte contaminato da aflatossine viene posta in quarantena fino a quando i valori non rientrano nella norma.
L’azione dei Nas in Veneto prosegue e il 7 aprile scatta il blocco di 5.039 forme di formaggio prodotte nel caseificio della Cooperativa Agricola Produttori latte di Nogarole Vicentino. Anche in questo caso “il sequestro si è reso necessario in quanto trattasi di sostanze alimentari da sottoporre a ulteriori accertamenti necessari per la tutela della salute pubblica in considerazione del potenziale inquinamento da aflatossine nella filiera lattiero casearia non essendo state rispettate le procedure operative per la prevenzione e gestione del rischio”. In altre parole sembra che l’azione dei Nas sia scattata dopo avere riscontrato anomalie nelle analisi del latte eseguiti nei laboratori. Purtroppo non siamo di fronte a casi isolati secondo le nostre fonti l’operazione dei Nas si è estesa anche in Emilia-Romagna e i caseifici coinvolti sono tanti.
Il Consorzio del Grana Padano da noi sentito precisa che il formaggio nei magazzini di stagionatura diventa Grana Padano solo se supera le rigide verifiche previste dall’organismo di controllo incaricato dal Ministero dell’agricoltura, il Csqa e quelle del Consorzio di Tutela. Per il momento a seguito di queste indagini dei Nas in Lombardia (dove sono stati coinvolti una trentina di caseifici) e in Veneto nessuna forma è arrivata sul mercato perché la stagionatura dura come minimo 9 mesi e il latte contaminato risale al mese di agosto 2015. I consumatori possono quindi acquistare tranquillamente. In ogni caso il Consorzio in questa vicenda si è costituito parte civile e querelerà chi in modo consapevole ha diluito con latte idoneo il latte con aflatossine fuori limite per rientrare nei limiti di legge. Secondo il Consorzio il formaggio prodotto in modo consapevole con latte fuori norma dovrebbe essere distrutto. Il concetto è giusto anche se trattandosi di formaggio edibile e con valori di aflatossine nella norma, forse varrebbe la pena destinarlo a collettività, onlus o strutture di volontariato che si occupano di ristorazione.
Vi terremo aggiornati.
* Le aflatossine sono prodotte dal fungo Aspergillus Flavus che spesso attacca granaglie, mais, cotone e semi oleosi. Le vacche da latte, alimentate con mangimi contaminati, contenenti fungo e l’aflatossina B1, la metabolizzano e la trasformano in aflatossina M1. La prima è classificata dallo IARC (International Agency for Research on Cancer), la massima autorità scientifica internazionale in materia, come “sicuramente cancerogena” (provocano cancro al fegato). La forma M1 (derivato metabolico dalla B1) si può trovare nel latte ed è classificato come “possibile cancerogeno”. L’Italia è particolarmente soggetta al problema perché questi miceti si sviluppano in condizioni di stress della pianta durante la coltivazione, come l’aridità dei terreni o un clima troppo caldo, e poi proliferano nelle fasi successive di raccolta e di stoccaggio.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Gentile Redazione,desideravo sapere se il consumo di formaggio prodotto con latte contenente aflatossine,fatto rientrare nei limiti tramite diluizione,possa comportare dei rischi per la salute,oltre ovviamente al problema della frode che viene perpetrata
Grazie
Non in linea di massima se un latte ricco di micotossine viene diluito per ridurre il livello complessivo è fare rientrare il lotto nei limiti di legge il formaggio che si ottiene dopo la lavorazione non presenta problemi per la salute , per questo la frode e diffusa
Non sono del tutto d’accordo, questo è un ragionamento valido per le sostanze TOSSICHE che necessitano di una determinata dose per svolgere la loro azione patogena. Nel caso di un CANCEROGENO, basta un’unica assunzione per incorrere in una cancerogenesi, certo, bisogna essere sfortunati ma non si può escludere.
Questa è la distinzione fra le due classi di sostanze.
Complimenti per l’articolo dr. La Pira, non mi è chiaro soltanto un passaggio: come sono finiti i certificati di analisi del laboratorio in mano della magistratura e dei NAS? Li ha forniti il laboratorio che si è accorto dell’anomalia?
No, i Nas sono andati nei laboratori certificati e hanno chiesto l’elenco delle analisi effettuate sul latte con esito irregolare. A questo punto sono andati dal centro di raccolta o dal caseificio per vedere se era stata fatta la segnalazione all’Asl entro le 12 dal rilevamento come previsto.
Leggo in un articolo due dichiarazioni contrastanti fra loro, cosa questa che crea una certa confusione; sarebbe interessante capire quale sia quella corretta.
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Quando dalle analisi sono risultati dei valori sballati, i laboratori avrebbero dovuto avvertire l’Asl? «Certamente, se un istituto zooprofilattico constata un qualunque parametro fuorilegge, deve segnalarlo ai Carabinieri», commenta a Linkiesta Riccardo Quintili, direttore della rivista Il Test-Salvagente.
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Non la pensa allo stesso modo Stefano Berni, del Consorzio Grana Padano: «Il laboratorio è tenuto a segnalare i valori su richiesta dell’Asl o di un caseificio, ma se un allevatore manda ad analizzare un campione, magari di una singola vacca, il laboratorio è tenuto alla riservatezza».
I laboratori degli Zooprofilattici sono obbligati a comunicare alle Asl quando le analisi forniscono dati analisi di latte con aflatossine in eccesso, i laboratori privati anche se certificati non hanno nessun obbligo.
La scappatoia della diluizione di latte contaminato “risolve” momentaneamente il problema per la latteria, ma non risolve la causa che proviene dall’allevatore e quindi si ripete per tutto il periodo delle forniture, se non risolto da quest’ultimo in modo radicale.
Qual’è il vantaggio per le latterie, coprire l’origine della contaminazione, che produce un grosso danno con denuncia e sequestri a catena, se viene scoperto?
Va bene rimediare, vista la facilità ed il risultato del metodo, ma persistere nell’inganno senza prendere provvedimenti diretti verso l’inquinatore, mi sembra complicità forse con dolo della latteria, anche per la potenziale facoltà di ricatto verso l’allevatore.
Errare è umano, persistere è doloso, rimediare è obbligatorio, ma prevenire è vantaggioso per tutti.
W il parmigiano! !!!
Anche nella zona del Parmigiano Reggiano alcuni anni fa sono state fatte segnalazioni di partite di formaggio contaminate.
Purtroppo anche nella zona del re dei formaggi le vacche mangiano cereali e fieno…..