latte in polvere ricostituito in un biberon su sfondo azzurro

I produttori di latte artificiale continuano a essere messi sotto accusa per le evidenti violazioni dei codici di autoregolamentazione sulla pubblicità, al punto che si moltiplicano, in tutto il mondo, le voci di esperti che chiedono leggi internazionali molto severe, per porre fine alle pratiche scorrette. Negli ultimi giorni, mentre negli Stati Uniti la multinazionale Abbott affronta un’indagine penale in seguito alla chiusura temporanea, un anno fa, del più grande impianto produttivo di latte in polvere del Paese, che aveva esacerbato una grave carenza a livello nazionale (ne avevamo parlato in questo articolo), il British Medical Journal pubblica uno studio compiuto in 15 Paesi (Australia, Canada, Germania, India, Italia, Giappone, Nigeria, Norvegia, Pakistan, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti) che, ancora una volta, mette a nudo una realtà estremamente negativa. Gli autori, ricercatori appartenenti a università dei Paesi coinvolti (per l’Italia Pasquale ComberiatiSofia D’Elios e Diego Peroni, della sezione di Pediatria del Dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa), hanno esaminato oltre 750 confezioni di latte per la prima infanzia, ciascuno dei quali recava sulla confezione una media di due diciture salutistiche: si va da una media di un claim per ogni confezione in Australia, a quattro negli Stati Uniti.

In totale sono state rilevate 31 tipi di diciture. Analizzandole, gli autori hanno visto che nella maggior parte dei casi si trattava di frasi relative allo sviluppo del sistema nervoso o visivo (nel 53% dei casi), associate a 13 tipi di ingredienti, seguite da quelle che puntavano sul rafforzamento del sistema immunitario (39% dei prodotti), legate a 12 ingredienti, e da quelle che richiamavano benefici più generici, relativi a crescita e sviluppo (37%), collegate a 20 ingredienti diversi. In totale, poi, 41 tipi di ingredienti sono risultati associati ad almeno un claim ma, tra questi, in un caso su due non c’era alcun riferimento a studi o dati scientifici che avrebbero potuto sostenere quel tipo di affermazione. Per quanto riguarda le sostanze cui sono state attribuite maggiori virtù, il primo posto spetta agli acidi grassi polinsaturi a catena lunga (nel 46% dei casi, con nove tipologie di diciture), seguiti dall’ambito dei probiotici, prebiotici e simbiotici (37% dei prodotti, per 19 frasi) e da quello delle proteine idrolizzate (presenti nel 20% dei prodotti e associati a nove diverse affermazioni). 

Donna esamina una confezione di latte in polvere o latte artificiale nelle corsie di un supermercato
Secondo lo studio solo un quarto delle confezioni di latte artificiale con diciture salutistiche cita anche una fonte scientifica a supporto, spesso inadeguata o viziata da pregiudizi ed errori

In generale, poi, solo un quarto delle confezioni di latte artificiale che riportavano almeno un claim citava anche una fonte scientifica a supporto e, quando ciò avveniva, solo poco più di uno sui due si riferiva a uno studio clinico. Negli altri casi si trattava di revisioni della letteratura scientifica, opinioni, editoriali, studi su animali e quindi non di veri e propri dati che confermassero quanto sostenuto in una popolazione pediatrica. Come se non bastasse, solo il 14% dei pochi studi clinici citati erano registrati presso istituzioni competenti e oltretutto il 90% di essi è stato giudicato ad alto rischio di pregiudizi ed errori, cioè di cattiva qualità statistica. Infine, non a sorpresa, l’88% degli autori degli studi citati ha ricevuto qualche tipo di finanziamento da parte delle aziende produttrici o apparteneva direttamente a una di esse: un dato che, di per sé, dice molto sul conflitto di interessi imperante nel settore e sull’inattendibilità di molte delle conclusioni tratte dalle persone che lo vivono.

La situazione è quindi evidente: tutti o quasi attribuiscono effetti non dimostrati per vendere di più e nessuno controlla, nonostante il costante aumento di vendite di prodotti anche per bambini appena nati. Nel 2019, le vendite di latte artificiale hanno fruttato 51 miliardi di euro e continuano a crescere dell’8-9% all’anno. Come ha fatto anche Lancet di recente, il BMJ pubblica, a corredo dello studio, un editoriale, in cui si sottolinea quanto i claim, in generale, siano infondati e non supportati da dimostrazioni scientifiche degne di essere prese in considerazione, e un’opinione sull’Asia meridionale, terra di conquista per tutte le multinazionali del latte artificiale. La frase che riassume il senso dei tre articoli è quella che fa da sottotitolo all’editoriale: le autorità mondiali devono attivarsi per proteggere i bambini e i loro genitori dagli interessi commerciali.

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Alessandra De Petrillo
Alessandra De Petrillo
24 Febbraio 2023 07:48

Buongiorno
Attenzione alta su questi temi, bravi.
Peccato non ci sia alcun riferimento a quello che già si sta facendo per tutelare l’alimentazione dei più piccoli (vedi Ibfan )

Patrizia Lombari
Patrizia Lombari
13 Marzo 2023 08:30

Un articolo interessante che mette in evidenza come spesso i produttori di formula artificiale usino strategie di marketing poco corrette. Mi permetto di fare un piccolo appunto sull’uso della terminologia “latte artificiale”. Riporto un piccolo estratto dal documento redatto da CIANB (Coalizione Italiana per l’Alimentazione dei Neonati e dei Bambini) “Allattamento: bada a come parli e bada a come scrivi!”: “il “latte” artificiale non esiste, esiste l’alimentazione artificiale e la formula, gli alimenti per lattanti, i sostituti del latte materno. La formula artificiale non ha nulla a che vedere con il latte, è appunto una formula, che dovrebbe esser considerata per quello che in realtà è: un prodotto dell’industria farmaceutica, un alimento adattato che non può essere minimamente paragonabile al liquido vivo emesso all’istante dalla “fabbrica” della mamma. Questa prima riflessione sui termini da utilizzare potrebbe condurre, ci auguriamo, ad altre successive e sempre più efficaci espressioni per aumentare la profondità del cambiamento che ci porterà verso una reale e diffusa cultura dell’allattamento” (link al documento https://www.lllitalia.org/files/10088/Documentazione/29/Allattamento—Bada-a-come-parli-e-come-scrivi—2019.pdf). Le parole sono importanti e possono aiutarci a fare chiarezza.