Un recente studio pubblicato sulla rivista Maternal & Child Nutrition evidenzia come tra il 2005 e il 2019 le vendite a livello mondiale di latte artificiale siano cresciute del 115%, più precisamente si è passati da 3,5 kg di latte di formula per bambina/bambino a 7,4 kg. Tale aumento coinvolge tutti i tipi di latte: quello per neonati (0-6 mesi), quello di proseguimento (7-12 mesi), quello per la crescita (13-36) e le formule cosiddette “speciali”. Il fenomeno sta avendo luogo soprattutto nei Paesi a medio reddito altamente popolati con un picco molto significativo nell’area del sud-est asiatico. Le vendite di latte artificiale della Cina, per esempio, nel 2005 rappresentavano il 14% del totale, mentre ora toccano la soglia del 33%. Per quanto riguarda, invece, gli Stati Uniti e l’Europa occidentale il latte formulato è un trend presente oramai da tanti anni e le vendite rimangono elevate, anche se si è assistito a leggero calo.
Sebbene l’uso del latte di formula possa essere dovuto a motivi di salute o a lecite scelte personali, l’allattamento al seno continua a giocare un ruolo estremamente importante nell’alimentazione infantile, tanto che il WHO (World Health Organization) lo raccomanda, qualora possibile, come unica fonte di nutrimento dal momento della nascita fino ai 6 mesi di vita per poi proseguire fino ai 2 anni come integrazione ad altri cibi. Completo a livello nutrizionale, il latte materno porta numerosi benefici alla salute sia della donna sia del lattante, per il quale svolge, tra le altre, una funzione preventiva per quanto riguarda episodi di sovrappeso, diabete e allergie in età adulta e una funzione di protezione contro le infezioni. Con il Global Strategy for Infant and Young Child Feeding di WHO e UNICEF si chiede ai governi di promuovere e sostenere l’allattamento al seno attraverso azioni politiche e di adottare il The International Code of Marketing of Breast-Milk Substitutes, un codice internazionale pubblicato nel 1981 al fine di regolamentare la commercializzazione dei sostituti del latte materno.
Nonostante la presenza di un documento internazionale redatto per controllare il marketing selvaggio e tutelare l’allattamento al seno, lo studio dimostra come le vendite di latte artificiale siano destinate a crescere. Si tratta di un fenomeno che coinvolge i messaggi commerciali diffusi dalle aziende produttrici, le trasformazioni sociali e le politiche in fatto di maternità. Un’informazione (dati di Euromonitor 2018) che non può rimanere inosservata è quella che racconta come 5 società legate al settore alimentare e farmaceutico europeo e statunitense (Nestlé, Danone, Reckitt Benckiser, Abbott Laboratories, Royal FrieslandCampina) controllino il 57% del mercato globale di latte artificiale. Questa ricca industria spende milioni di dollari all’anno per il marketing, modificando la percezione del latte di formula spesso presentato come simbolo di modernità, equivalente o migliore di quello materno, ampiamente utilizzato e adeguato allo stile di vita attuale. La diversificazione dei prodotti, la promozione incrociata, il marketing digitale e la cooptazione dei professionisti sanitari sono strumenti molto efficaci per la diffusione di un consumo, ma i cambiamenti dei sistemi sociali rappresentano situazioni altrettanto cruciali.
L’urbanizzazione, l’aumento del reddito, la globalizzazione dell’industria dell’alimentazione infantile, la medicalizzazione, il lavoro femminile sono fattori che generano una maggiore richiesta di latte artificiale e che spiegano in parte il boom delle vendite avvenuto in Asia, dove milioni di donne sono entrate come forza lavoro retribuita nelle grandi industrie manifatturiere. Nel mercato del lavoro sono ancora presenti numerose lacune riguardanti il congedo di maternità e gli aiuti socio-economici, con la conseguente impossibilità ad allattare. A tal proposito la Maternity Protection Convention, la convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, prevede un congedo di maternità a 2/3 dello stipendio di minimo per 14 ma preferibilmente 18 settimane, un periodo ben inferiore alle 24 settimane di allattamento al seno previste dal WHO. Questa differenza mostra chiaramente un’incoerenza politica sul piano internazionale e la presenza di un reale problema: dove i posti di lavori mancano di spazi e pause pensate per l’allattamento al seno e molti Paesi non assicurano i sussidi necessari, pare chiara la necessità di utilizzare prodotti alternativi al latte materno.
Un marketing non controllato dell’utilizzo del latte di formula capace di trasmettere messaggi fuorvianti e la mancanza di politiche volte alla promozione e al sostegno dell’allattamento al seno, possono avere gravi ripercussioni sulla salute di donne e bambini. Oltre a essere gratuito, pratico e benefico per lo sviluppo della bambina e del bambino e la loro protezione da diverse malattie, l’allattamento al seno presenta numerosi vantaggi per la donna non ultima la prevenzione di alcune forme di tumore al seno e all’utero e la riduzione del rischio di sviluppare l’osteoporosi. Al contrario, il latte artificiale non protegge da alcuna malattia cronica come l’obesità, presenta spesso quantità non trascurabili di zuccheri aggiunti, non è sterile, se preparato in condizioni poco igieniche o diluito con acqua non potabile la sua assunzione può diventare pericolosa, se troppo diluito c’è il rischio di malnutrizione e scarsa crescita, se troppo concentrato c’è il pericolo di sovralimentazione.
Uno studio pubblicato su The Lancet stima che se si diffondesse l’allattamento al seno su scala globale, ogni anno si potrebbero prevenire 823.000 decessi di bambini (principalmente nei Paesi a basso e medio reddito soprattutto a causa di diarrea e polmonite) e 20.000 di madri (principalmente nei Paesi ad alto reddito a causa del cancro al seno). A fronte di questo dati, l’aumento delle vendite di latte di formula diventa un problema di salute globale, un’emergenza da affrontare con regole precise in fatto di marketing, maggiori tutele in ambito lavorativo e la garanzia di strutture adeguate all’allattamento al seno.
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Potreste chiedere un parere illuminato alle associazioni pediatriche italiane?
Dopo le filippiche contro gli orientamenti vegetariani di alcuni genitori chissà che non ci stupiscano con qualche perla di saggezza…………
Io non la comprendo questa demonizzazione del latte artificiale. Io e la mia compgana abbiamo due figli, per scelta entrambi sono stati cresciuti con latte artificiale, non hanno mai avuto problemi di sorta mallattie o altro. Lo abbiamo fatto consapevolmente, anche per comodità non lo nego. Però dall’articolo sembra quasi che il marketing induca all’allattamento artificiale, su questo non sono d’accordo, secondo me è cambiato drasticamente il ruolo della donna nella società e la libertà che concede il latte in formula è impareggiabile.
@Claudio Giovini
Più che di demonizzare il latte artificiale si tratta di non essere succubi dell’ossessiva pubblicità che invita a credere che il latte artificiale sia identico, o, peggio, migliore di quello naturale, come vorrebbe farci credere chi lo vende… hai presente l’oste che loda il suo vino?
Intanto, se anche la composizione fosse identica (e non la è) va diluito con precisione, o come spiegato nell’articolo si rischiano sovra o sottoalimentazione, poi bisogna avere a disposizione dell’acqua sicuramente non inquinata (cosa che nei paesi terzi è un’utopia), e ha un costo non indifferente a fronte del costo zero del latte materno
Ma, soprattutto, il latte artificiale non solo manca di una parte dei micronutrienti presenti nel latte materno ma soprattutto manca di tutti gli anticorpi che la madre trasmette al figlio contribuendo alla migliore formazione del suo sistema immunitario, e contemporaneamente l’allattamento riduce per la madre il rischio di alcuni tumori.
Tu hai fatto una scelta di comodità perché te la puoi permettere economicamente, vivi in un paese che ha un’acqua stracontrollata, sei in grado di valutare correttamente le proporzioni di dluizione, sicuramente integri l’alimentazione durante lo svezzamento con una dieta varia, e puoi contare su due stipendi se tua moglie non deve restare a casa ad allattare.
Non solo non è lo standard medio italiano, anzi usa il latte artificiale anche chi non potrebbe permetterselo, ma ad esempio basterebbero delle nursery aziendali per conciliare per le madri lavoro e allattamento, uno dei tanti supporti alla maternità che all’estero esistono mentre da noi sono completamente sconosciuti non solo nel privato ma persino negli enti pubblici.
..più che altro mi ha sempre stupito tutto questo proliferare di latti crescita, come se il latte vaccino dopo l’anno non fosse bevibile per i bambini o mancasse di qualcosa e, peggio ancora, tutti i pediatri che addirittura prescrivono una marca piuttosto che un’altra..