Un italiano su tre non acquista più olio extravergine di oliva a causa dell’aumento dei prezzi. Questo l’incipit del sondaggio dell’Istituto Piepoli, i cui dati sono stati presentati a Bitonto, lo scorso 8 marzo, durante la tavola rotonda “Olio di oliva al cambio epocale”, organizzato da Cibus Parma, GDO News e Unifol – Unione delle famiglie olearie.
In realtà i numeri sono più incoraggianti di quello che sembra, poiché il consumatore, di fatto più che eliminare l’olio extravergine di oliva dalla sua tavola, ne ha ridotto il consumo e modificato le abitudini di utilizzo.
Il sondaggio dell’Istituto Piepoli sull’extravergine
Secondo il sondaggio dell’Istituto Piepoli infatti, a causa dell’aumento del prezzo da 4 a 9 euro a bottiglia, il 45% degli italiani ha riscoperto l’olio di semi. Nello specifico, del 30% dei consumatori che ha modificato le sue abitudini, il 47% ha diminuito acquisto e consumo del 30% e il 40% lo ha dimezzato. Il 45% ha cambiato le proprie abitudini alimentari, utilizzando per la cottura e il condimento olio di semi (o olii economici).
Il sondaggio ci dice anche che quasi il 50% degli intervistati considera il prezzo corretto per una bottiglia di olio extravergine italiano pari a 7 euro. Da questa cifra capiamo quanto siamo lontani dalla realtà: infatti trovare nei supermercati una bottiglia di olio EVO a un prezzo tale, persino nella fascia medio bassa, è ormai un’utopia.
I dati NielsenIQ e Ismea
A dare un panorama meno catastrofico, arrivano i dati di mercato dell’indagine Nielsen IQ e Ismea, che evidenziano un aumento della propensione d’acquisto dal 2022 al 2023. Ma non solo: dell’89% delle famiglie intervistate, pur riconoscendo l’incidenza degli aumenti, il 48% non cambierà le sue abitudini di acquisto dell’olio extravergine di oliva. Il 23% invece diminuirà la frequenza di acquisto, mentre il 17% ridurrà le quantità. Solo l’1% smetterà di comprarlo e l’11% comprerà altro olio di oliva. Ma allora da dove arriva l’allarmismo lanciato nell’etere dall’Istituto Piepoli e che ha scatenato uno tsunami nel mondo olivicolo-oleario?
Il punto di vista di Alberto Grimelli
Alberto Grimelli agronomo, giornalista e fondatore di Teatro Naturale, sull’argomento ha le idee molto chiare e, pur non potendo avere la sfera di cristallo sui volumi di produzione futuri (biennio 2024/2025) che dipendono dalla crisi climatica, evidenzia alcuni aspetti importanti del battage che ha caratterizzato la tavola rotonda a Bitonto.
Il panorama del calo dei consumi per l’olio extravergine è così drammatico?
“È vero che c’è stato un calo di consumi a causa dell’aumento dei prezzi ma in realtà è molto meno drammatico di quello che ci si aspettava come risulta dai dati di mercato Nielsen. Quindi i dati del sondaggio dell’Istituo Piepoli creano un allarmismo in buona parte ingiustificato e bisogna chiedersi il perché. Facendolo si scopre che il primo ambito da indagare riguarda gli imbottigliatori che si trovano con i bilanci in negativo. Questo perché, essendo il loro core business di avere scarsa marginalità a fronte di volumi molto alti, aumentando i prezzi all’origine, i volumi diminuiscono e questo fa sì che va in crisi tutto il sistema economico dell’industria olearia.”
“A questo si aggiunge la tematica dei contratti con la grande distribuzione che, se in Spagna vengono rinegoziati ogni tre quattro mesi, in Italia sono annuali e la mancanza di rinegoziazione, a causa del rincaro dei prezzi all’origine genera, le difficoltà oggettive di bilancio dell’industria olearia nel 2023. Creare all’interno della filiera un mood di allarmismo nella speranza di generare un abbassamento dei prezzi in funzione della prossima campagna olearia 2025, è stata la strategia emersa al convegno a Bitonto dove si è giocato con la comunicazione, portando sul piatto i bisogni dei consumatori, quando in verità chi ha davvero bisogno sono i bilanci degli imbottigliatori di olio di oliva”.
Quali prospettive per un abbassamento dei prezzi?
“La produzione si è abbassata perché si è dimezzata la produzione in Spagna, Grecia e Turchia, in controtendenza l’Italia con un lieve aumento e la Tunisia che si è mantenuta stabile. Se la Spagna tornasse a produrre quello che produceva normalmente, ossia intorno a un milione e mezzo di tonnellate di olio, ci sarebbero le condizioni per una riduzione dei prezzi perché i volumi immessi nel mercato aumenterebbero di nuovo.Il problema è capire dal punto di vista del mondo della produzione se questa riduzione dei prezzi sarà solo parziale, quindi un aggiustamento rispetto ai prezzi attuali con un abbassamento di uno o due euro, o se si ritornerà ai prezzi di qualche anno fa.”
“Ovviamente sarebbe molto gradito, da parte degli imbottigliatori, un ritorno alle condizioni e quotazioni di due/tre anni fa. Il problema è capire se lo scenario dei cambiamenti climatici e l’alternanza di campagne non molto negative, come è stata l’ultima, si ripeterà e con quale frequenza. Questo, anche se tendenzialmente purtroppo i cambiamenti climatici sono un fenomeno irreversibile, non si può prevedere.”
“Ma c’è un problema anche che è intrinseco della filiera olio: la maggiore regione produttiva di tutto il bacino del Mediterraneo è l’Andalusia in cui si concentra, in linea di massima, quasi un terzo della produzione mondiale di olio di oliva ed è chiaro che se c’è lì un problema, crolla la produzione, nonostante questa sia concentrata in un area che territorialmente è molto limitata, ma è fuor di dubbio che questi problemi di una produzione altalenante rischiano di continuare ad esserci e quindi a influenzare il mercato con una corrispondente altalena dei prezzi”.
La diminuizione della produzione di extravergine
La crisi che investe il mercato di quello che viene definito ‘oro giallo’ non è una tematica solo italiana. La crisi climatica ha portato alla diminuizione della produzione di olio di oliva a livello mondiale. Così mentre la Spagna nel 2023 aveva inondato il mercato con bottiglie di olio a prezzi decisamente competitivi, il drastico calo della produzione nella penisola iberica, ha generato carenza di prodotto e raddoppio del costo medio al litro sugli scaffali della grande distribuzione. La produzione è diminuita non solo in Spagna, ma anche in Turchia. Le stime produttive elaborate da Ismea hanno indicato invece, per l’Italia, una ripresa del 20% per il biennio 2023/2024 rispetto all’anno precedente, nonostante le criticità climatiche.
L’osservatorio Certified Origins
In questo panorama l’interruzione del ciclo di aumenti che si è verificato a febbraio 2024 fa ben sperare. I prezzi dell’olio di oliva all’origine sono infatti diminuiti di 1-2 punti percentuali rispetto a gennaio 2024 in Italia, Spagna e nel Maditerraneo. L’osservatorio mensile di Certified Origins, uno dei principali produttori e distributori a marchio privato di olio d’oliva extravergine certificato (IGP e DOP), oli mono-origine e blend tracciabili, parla della speranza di un ritorno alla normalità anche se è presto per ipotizzare un’ulteriore diminuzione dei prezzi da marzo in poi.
In Italia il rallentamento della corsa dei prezzi dell’EVO nei primi mesi del 2024 non ha ancora trovato riscontro sui prezzi a scaffale. Si registra quindi una contrazione dei consumi, anche se in minor misura rispetto ad altri Paesi europei. Nonostante il costo dell’olio EVO italiano all’origine sia il doppio rispetto a febbraio 2022 e il triplo rispetto al 2020, l’Italia ha infatti mantenuto, nel 2023, il primato di maggiore consumatore con 410mila tonnellate annue nel 2023, al contrario della Spagna che con 300mila tonnellate perde il secondo posto in favore degli Stati Uniti (375mila tonnellate).
Simbolo del made in Italy, è fuor di dubbio che l’olio extravergine di oliva, a causa della crisi climatica e dei conseguenti rincari dei prezzi, sia messo a dura prova. Non resta che sperare che la natura riscopra se stessa, regalandoci la stagionalità dei tempi che furono (un’utopia, forse, ma la natura riesce sempre a sorprenderci), e che gli attori coinvolti attuino delle strategie per andare incontro alle esigenze non solo dell’intera filiera, ma anche del consumatore.
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Nel mio piccolo l’acquisto dell’olio ha una sua logica, almeno credo.
Produco con 50 piante l’olio che serve alla famiglia allargata, e quest’olio viene utilizzato esclusivamente per i condimenti “a crudo” o per la fettunta di fine pasto (abitudine tipica toscana). Quest’anno, a causa dell’infausta annata, ho dovuto acquistare dell'(ottimo) olio in Maremma, con caratteristiche organolettiche diverse da quello che produco, ma in ogni caso di alta qualità, ad un prezzo intorno ai € 14 al litro.
Poi, non essendo l’olio autoprodotto (o nel caso di quest’anno, acquistato) bastevole, acquisto solitamente olio EVO (italiano) commerciale (Clemente, FiorFioreCoop, etc) per cucinare. Negli anni passati una parte proveniva delle rimanenze dell’olio prodotto nell’anno precedente, quindi con oltre 12 mesi dalla spremitura.
Non usiamo in casa altro tipo di olio, se non espressamente previsto dalla ricetta, o di sostitutivo (margarina, strutto,etc) e stiamo molto attenti alla provenienza: usare un olio di PICUAL (tipica oliva ispanica) con il suo caratteristico odore e sapore non conferirebbe ai piatti quella tipicità italiana.
Aspetto ora di conoscere il prezzo a cui proporranno l’olio i supermercati che, intorno a maggio, lo offrono al 50% di sconto visto che devono alleggerire le scorte a magazzino in previsione della successiva campagna olearia.
Non credo ci saranno ribassi
Complimenti per i vostri articoli, sempre argomentati con scrupolosa attenzione; molto utili come guida a un consumo più consapevole. Perciò grazie e certamente meritate un sostegno
Forse specificare che la “spremitura” di molti olii di oliva non extravergine è ottenuta mediante l’utilizzo di solventi potenzialmente nocivi alla salute, potrebbe convincere che risparmiare sul cibo non è quasi mai una buona idea.
L’olio extra vergine non può essere “spremuto” con solventi, è sempre estratto per pressione.
A me risulta pure per quelli di semi …
Tutte le problematiche che avete descritto in maniera esaustiva, purtroppo pone a mio parere un problema fondamentale, cioè la salute dei consumatori.
Ormai è accertato che consumare in maniera continuativa vero olio extravergine migliora la salute.
Pertanto chi è del settore, deve agire in modo da non far perdere a noi privilegiati della fascia mediterranea, questo regalo della natura.
Per il prezzo forse è meglio risparmiare in altre cose, dove crea meno danni.
Acquisto ed uso da moltissimi anni solo ed esclusivamente olio etravergine d’oliva biologico con l’unica eccezione dell’olio di semi di arachide per le fritture ( saltuarie).
Allo Coop trovo l’extravergine bio 100% italiano al prezzo di 12.22 € al litro ma che vengono vendute in confezioni dal 750ml. Talvolta alterno all’extravergine bio 100% italiano l’extravergine bio con olive di provenienza miste che sempre alla Coop trovo al prezzo di 9.45 al litro sempre in confezione da 750 ml.
Cerco di fare attenzione al consumo ma non acquisterei nessun altro tipo di olio meno che meno quelli di semi. Per fortuna posso ancora permettermelo ma penso che un cibo sano sia un obiettivo corretto non solo per la mia famiglia