
Le abitudini di consumo in Europa stanno decisamente cambiando, anche per quanto riguarda il pesce. La Commissione Europea, infatti, ha recentemente pubblicato i risultati dell’Eurobarometro sul consumo dei prodotti ittici nell’Unione, secondo cui alla diminuzione del pesce fresco corrisponde un aumento dei prodotti trasformati, mentre cresce l’attenzione ai prezzi, che influenzano le scelte di acquisto.
I consumi di pesce fresco in Italia
Al primo posto dell’Eurobarometro spiccano Portogallo (63%) e Spagna (57%), che mantengono il primato nel consumo settimanale di pesce fresco, contro il 28% dell’Italia, nonostante siano tutti Paesi costieri. Il dato italiano è invece in linea con il 27% della media europea, che è in calo rispetto al 2021, probabilmente a causa di un cambiamento nelle preferenze dei consumatori. Per quanto riguarda il pesce surgelato c’è un allineamento tra Italia, Irlanda, Belgio e Malta, Paesi in cui il consumo settimanale interessa circa un terzo della popolazione, mentre gli italiani spiccano per il consumo di pesce in scatola, mangiato almeno una volta alla settimana dal 41% dei consumatori.

I fattori di scelta
Non dimentichiamo però che, nella scelta di acquisto, entra in gioco anche il fattore economico, in particolare a causa dell’inflazione, che incide in maniera consistente anche nel settore alimentare. Risulta infatti dall’indagine, che il prezzo è il principale criterio di acquisto sia in Europa che in Italia, con la differenza che gli italiani hanno un occhio più attento alla provenienza del pesce. I consumatori del nostro Paese considerano infatti fondamentale conoscere il paese di origine del prodotto, la località di allevamento o cattura. Trasparenza e tracciabilità diventano così un aspetto a cui le aziende ittiche devono porre molta attenzione insieme all’etichettatura: è infatti alta (quasi il 50%) la percentuale degli italiani che considera essenziale la data di scadenza e l’indicazione se si tratti di un prodotto ittico da pesca o allevamento.
Ma l’Italia si differenzia dal resto dell’Europa anche per la scelta dei canali di acquisto, con le pescherie e i mercati specializzati che superano la grande distribuzione, grazie a una cultura che privilegia fiducia e freschezza, in particolare nel Sud Italia. In questo panorama, i supermercati si specializzano e si orientano sempre più ad aumentare la propria offerta di prodotti surgelati e ready to eat, così da raggiungere segmenti sempre maggiori di consumatori.
Un periodo di transizione per il mercato ittico
Alla luce dei risultati dei risultati dell’Eurobarometro, il 2024 è stato un anno chiave, o forse si potrebbe dire di passaggio, per il settore ittico. Il quadro che ne viene fuori, infatti, è quello di un mercato italiano in transizione, in cui non si abbandona ancora la tradizione, che però entra in relazione con le esigenze di praticità, accessibilità e trasparenza. La sensibilità verso queste tematiche trova il risvolto positivo nel lavoro a carico dei produttori e dei distributori che, per soddisfare le esigenze del consumatore, dovranno investire su una comunicazione chiara e trasparente sull’origine e la qualità del pesce.

Il dato che ci lascia sempre perplessi quando si parla di sostenibilità è la richiesta di sempre maggiore prodotti ready to eat e trasformato. Se il concetto di sostenibilità contiene in sé quello di chilometro zero, freschezza e provenienza, non dimentichiamo che questa passa anche dai materiali utilizzati per il confezionamento del prodotto.
L’acqualcoltura
I consumatori, inoltre, privilegiano il pesce pescato in mare rispetto a quello allevato, anche se i dati dicono che circa un terzo degli italiani non ha una preferenza specifica tra i due, evidenziando così come il settore abbia margini di crescita. L’acquacoltura infatti rappresenta in Italia una fetta importante della produzione ittica nazionale, con una gamma sempre più ampia di specie allevate, sia in mare che in acqua dolce. Indirizzare il consumatore indeciso verso prodotti di allevamento potrebbe essere una soluzione da non sottovalutare, viste le stime che prevedono il raggiungimento di 10 miliardi di persone nel mondo entro il 2050 e che la pesca è ormai al limite delle capacità di mari e oceani.
L’acquacoltura responsabile, secondo un rapporto della FAO (Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite) presentato nel 2022, non solo pone particolare attenzione nel limitare gli impatti negativi dell’industria, ma è positiva per il nostro pianeta e per la sua popolazione, in quanto alleggerisce la pressione sulle risorse naturali, protegge preziosi ecosistemi e aiuta ad affrontare le sfide della sicurezza alimentare. Non bisogna dimenticare, però, che recenti indagini e studi scientifici hanno evidenziato i danni ambientali causati dall’acquacoltura industriali (ne abbiamo parlato per esempio in questo articolo).

Pesce e molluschi allevati in Italia
Il settore molluschicolo è molto sviluppato in Italia, grazie alla presenza di ambienti lagunari o costieri, dove le diverse specie allevate trovano l’habitat migliore per crescere:
- Cozza (Mytilus galloprovincialis), una delle specie più allevate nel nostro Paese, in particolare lungo le coste dell’Adriatico;
- Vongola verace (Ruditapes philippinarum), allevata soprattutto in lagune e zone costiere, è molto apprezzata nella cucina italiana;
- Ostrica (Crassostrea gigas), l’allevamento è in crescita, con impianti attivi in Veneto, Puglia e Sardegna.
L’acquacoltura di crostacei in Italia è ancora limitato, ma si stanno sviluppando alcuni progetti sperimentali, tra cui quello per l’allevamento in vasche dell’Astice europeo la cui produzione è ancora marginale e in genere viene importato dagli Stati Uniti.
Tra i pesci allevati in Italia, le specie più diffuse sono:
- Orata (Sparus aurata), allevata in gabbie galleggianti in mare, è una delle specie più rappresentative dell’acquacoltura marina italiana;
- Spigola o branzino (Dicentrarchus labrax), molto apprezzato per le sue carni delicate, viene allevato con tecniche simili a quelle dell’orata;
- Trota iridea (Oncorhynchus mykiss), la specie d’acqua dolce più allevata, in particolare nel Nord Italia;
- Storione (Acipenser spp.), allevato sia per la carne che per il caviale, con impianti soprattutto nel settentrione;
- Anguilla (Anguilla anguilla), tradizionalmente allevata in valli da pesca e lagune;
- Rombo (Scophthalmus maximus), allevato in vasche a terra o in sistemi a ricircolo, è una specie meno diffusa ma di alto valore commerciale.
- Ombrina boccadoro (Argyrosomus regius), una specie emergente nell’acquacoltura italiana, apprezzata per la qualità della carne;
- Carpa (Cyprinus carpio) e pesce gatto (Ictalurus spp.):,allevati in acque dolci, con una produzione più limitata;
- Tonno rosso (Thunnus thynnus): non viene allevato interamente in cattività, ma i giovani esemplari vengono catturati in mare e poi ingrassati in gabbie galleggianti fino al raggiungimento della taglia commerciale.
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