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L’80% della popolazione mondiale include regolarmente gli insetti nella propria alimentazione, sfruttando una delle oltre 2 mila specie commestibili. Il restante 20%, che vive soprattutto in Occidente, potrebbe doverlo fare presto, perché con un pianeta sempre più depauperato, a fronte di un incremento della popolazione che, si stima, dovrebbe portare a 10 miliardi gli abitanti della Terra entro il 2050, c’è urgente bisogno di nuove fonti proteiche. E gli insetti rappresentano un’alternativa sostenibile e accessibile, rispetto alla carne e al pesce. Ma per far sì che gli abitanti dei Paesi occidentali, non abituati culturalmente a consumare insetti, si convincano, è necessario procedere con campagne informative per mutare atteggiamento. Parallelamente servono ricerche che chiariscano i diversi punti ancora sotto indagine, sui quali i dati disponibili, non erano all’altezza degli elevati standard necessari per tutti gli alimenti.

Che il meccanismo informativo e conoscitivo si sia messo in moto lo dimostra, tra l’altro, uno studio condotto dai ricercatori dell’Università del West Virginia, pubblicato su LWT, nel quale è illustrata un’approfondita indagine sulle proteine di tre delle specie più sfruttate a fini alimentari: i grilli (Acheta domestica), le locuste (Locusta migratoria) e le pupe dei bachi da seta (Bombyx mori).

locusta migratoria
I ricercatori hanno studiato e caratterizzato le proteine di grilli, locuste e pupe dei bachi da seta

L’importanza di questo studio è innanzitutto metodologica. I ricercatori hanno infatti ottimizzato le tecniche di caratterizzazione e di estrazione delle principali proteine delle tre specie, utilizzando una tecnica da loro brevettata. Per isolarle, gli scienziati hanno sfruttato variazioni di pH: a seconda dell’acidità della soluzione, infatti, le proteine possono dissolversi nel liquido o precipitare. Si tratta di tecniche fondamentali nell’industria alimentare; per esempio – ricordano gli autori – sono sfruttate con le proteine del latte, utilizzate poi come estratti in centinaia di prodotti. Peraltro, il lavoro sull’estrazione ha portato a mettere a punto anche tecniche per separare diverse classi di proteine (non tutte ottimali per il consumo). È stata anche individuata una specie di cavallette che produce le stesse proteine presenti nel muscolo di manzi e suini come la miosina e l’actina. Confermato, poi, l’elevato valore nutritivo degli insetti: sono infatti presenti tutti gli aminoacidi essenziali (le concentrazioni superano quelle indicate dalla FAO per 8 dei 9 aminoacidi essenziali per gli adulti): grilli e locuste hanno un contenuto medio di proteine superiore a 70 grammi ogni 100 grammi di polvere, le pupe ne hanno oltre 50.

Inoltre, proprio considerando che gli occidentali non sono avvezzi a consumare insetti interi, il consiglio degli autori è quello di puntare sulle farine che, oltretutto, possono essere più controllate e omogenee per quanto riguarda la composizione e hanno una shelf life molto più lunga rispetto agli insetti interi. Del resto – e bisognerebbe ricordarlo – la stessa cosa si fa con i cereali, poco commestibili se interi, ma alla base di tutta l’alimentazione umana come sostanze lavorate.

Gli insetti commestibili sono più ‘puliti’ dei crostacei che in Occidente sono consumati normalmente

Per quanto riguarda la familiarità, probabilmente potrebbe aiutare l’introduzione di due tipi di concetti: il primo è che gli insetti sono più ‘puliti’ rispetto al cibo più simile a loro, i crostacei, perché i primi si nutrono solo di piante, mentre i secondi di scarti organici presenti nelle acque. Il secondo è che sono enormemente più sostenibili: per un ciclo vitale di un insetto occorrono in media 45 giorni, per quello di un animale da carne 36 mesi, senza contare l’enorme differenza nel consumo di acqua, di suolo e di energia.

In attesa che si diffondano tra la popolazione, gli insetti stanno infine conquistando parti importanti del mercato dei mangimi per la zootecnia e del cibo per animali domestici, entrambi tipi di alimenti che hanno un’impronta ambientale rilevante, sulla quale è urgente intervenire. Grazie a questo mercato in crescita, anche in Italia stanno sorgendo le prime factory come il Miac, Modello italiano di allevamento di insetti commestibili, lanciato nel giugno del 2018 dal Centro per lo sviluppo sostenibile, Università degli studi di Milano, Università degli studi di Torino e Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, Alia Insect Farm, Insectfarm e altri.

© Riproduzione riservata Foto: depositphotos.com, istock.com

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livio
livio
17 Febbraio 2022 13:19

Produrre alimenti a costi sempre più bassi e in tempi molto più veloci credo sia il sogno di ogni multinazionale del cibo. Cambieranno di certo le nostre abitudini, altrochè.

Roberto La Pira
Reply to  livio
17 Febbraio 2022 13:58

La scelta degli insetti non è solo in funzione di quello che dice lei, ma è un discorso più generale di sostenibilità

Riccardo
Riccardo
19 Febbraio 2022 15:11

Non vorrei sembrare polemico ma credo che rispettando la nostra cultura gastronomica potremmo sostituire parte delle proteine animali con proteine vegetali riprendendo la vera dieta mediterranea

Doriana
Doriana
19 Febbraio 2022 16:55

Quindi, è già stato deciso in “alto loco” che dovremo cibarci di insetti. Bé, la mia gatta li mangia senza problemi ed è un mammifero, quindi non vedo perché non potrò farlo io, se così è comandato.

Avrei solo due interrogativi.
1) Come sono macellati gli insetti? Questo è qualcosa che non è mai precisato, noto.
2) Gli animali terrestri di cui ci cibiamo abitualmente (bovini, ovini e suini), per i quali sarebbe buona norma abolire gli allevamenti intensivi e già le cose migliorerebbero, andranno via via estinguendosi oppure saranno riservati solo a chi ha deciso che noi plebe dovremo cibarci di insetti?

Immagino sia vero che l’80% della popolazione mondiale si ciba di insetti, ma questo mi fa ricordare una battuta di Marcello Marchesi sul mangiare il cibo preferito delle mosche