Insalata pronta in busta o da lavare? Cos’è meglio comprare dal punto di vista della sicurezza alimentare? L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ha pubblicato i risultati di un’indagine su questi prodotti e sulle abitudini degli italiani. Lo studio ha preso in esame 207 lotti di insalata, 52 di prima gamma (quella fresca che si trova nel reparto ortofrutta), e 155 di IV gamma (cioè confezionata e pronta al consumo), valutando sia l’efficacia dei sistemi di lavaggio domestico che industriale.
In generale va detto che si tratta di un prodotto sicuro, considerando che dalle analisi effettuate sui campioni provenienti dai lotti destinati all’autocontrollo, solo quattro casi sono risultati positivi, di cui due dalla IV gamma. È stata trovata la Listeria monocytogenes in tre campioni e la Salmonella nell’ultimo caso. La positività (ovvero la presenza nell’insalata di microrganismi) però non deve allarmare, perché questo tipo di test può evidenziare anche delle contaminazioni accidentali, e soprattutto perché i microrganismi patogeni, anche se presenti, devono raggiungere una certa quantità (dose infettante) per causare una tossinfezione e quindi risultare dannosi per l’uomo. Gli esperti dell’istituto precisano che nella breve vita commerciale dei vegetali di IV gamma (5-7 giorni) difficilmente può essere raggiunto il livello critico.
Una volta tranquillizzati i consumatori, la pubblicazione ricorda che lavare la verdura, sia a casa che nel contesto industriale, è l’unico modo con cui è possibile decontaminarla dai patogeni.
Lo studio ha censito i metodi casalinghi da cui è emerso (vedi tabella in alto) come metà dei consumatori (50% degli intervistati) lava l’insalata con sola acqua, un quarto circa usa bicarbonato di sodio (24%) e un altro quarto preferisce i disinfettanti a base di cloro (24%). In genere si effettuano tre o più lavaggi (64%); solo il 5% degli intervistati ha dichiarato di effettuare un unico lavaggio.
I produttori invece, prima di imbustare l’insalata, utilizzano prevalentemente peracidi (56% dei lotti analizzati) od ozono (16%).
In generale il lavaggio con disinfettanti a base di cloro (vedi infografica sotto) è risultato il migliore per tutti i criteri microbiologici e le tecnologie di trattamento considerati (il doppio di efficacia rispetto ai tre lavaggi con acqua). Al secondo posto in termini di efficacia si piazzano il lavaggio con peracidi e quello con aceto.
Quindi, se si compra insalata in busta pronta da mangiare, non occorre rilavarla, ma piuttosto cercare di consumarla vicino alla data di confezionamento.
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
L’articolo non dà risposta alla domanda come lavarla, ma piuttosto su come viene lavata.
Sarebbe stato interessante capire come lavarla a casa, che accorgimenti seguire tipo quanti risciacqui o se è conveniente usare bicarbonato e quanto o altre sostanze.
Grazie
Gentilissimo Giovanni, forse è più chiaro dalla tabella riassuntiva, comunque in generale il lavaggio con disinfettanti a base di cloro (tipo l’amuchina per intendersi) è risultato il migliore per tutti i criteri microbiologici e le tecnologie di trattamento considerati (il doppio di efficacia rispetto ai tre lavaggi con acqua). Al secondo posto in termini di efficacia si piazzano il lavaggio con peracidi (industriale) e quello con aceto (domestico).
L’articolo non chiarisce una cosa fondamentale, cioè se lavare l’insalata (o le verdure in generale) sia sufficiente per eliminare anche i pesticidi usati in agricoltura. Non sono solo i microrganismi ad essere pericolosi!
L’articolo illustra uno studio effettuato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie che in questo caso ha riguardato esclusivamente i microrganismi e non i pesticidi.
quindi alla fine l’insalata in busta biologica (che all’EsseLunga non è che costi una follia) dovrebbe essere un prodotto sano.. bene a sapersi, grazie
La tabella, ripresa tale e quale dall’articolo dell’IZSV, indica che l’uso del cloro è effettivamente la cosa piu’ efficace, dato che su una scala logaritmica in base 10 passare p.es. da 1.34 a 2.73 vuol dire ridurre di circa 24 volte, non solo del doppio, la presenza di microrganismi (ma la base potrebbe non essere 10, e non viene indicata). Ma in pratica queste indicazioni sono inutili se non si indica la concentrazione con cui usare il bicarbonato, o il cloro. Basta una goccia di candeggina in un litro d’acqua? Non viene detto. In conclusione, un articolo poco scientifico, buono solo per un discorso generale.
Le indicazioni sono presenti sulle confezioni dei prodotti che si sceglie di utilizzare, e visto che possono variare da marca a marca non è il caso che siamo noi a darle. Basta leggerle e applicarle. Casomai, dopo la disinfezione, un’ulteriore sciacquata con solo acqua (come consigliano in etichetta).
Sarebbe interessante sapere anche quali lavaggi influiscono di più nella distruzione di proprietà nutritive. Perché se con il cloro distruggo tutte le vitamine o se nella busta la concentrazione è nulla, allora laverei solo con acqua. Grazie