Il documento, che dovrà essere firmato dal Capo dello Stato prima di essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale, prevede per chi non rispetta gli obblighi relativi alle informazioni da fornire ai consumatori sugli alimenti – su scadenze, allergeni, ingredienti – sanzioni che vanno da un minimo di 150 euro a un massimo di 150 mila euro, ripartiti in cinque scaglioni di diverso importo, commisurati alla gravità della violazione.
Le sanzioni introdotte sono di natura esclusivamente amministrativa perché, secondo il Governo, sono riconducibili a violazioni connesse a meri obblighi informativi nei confronti di una massa indistinta di consumatori. Nessun reato e nessuna sanzione penale quindi, anche nell’ipotesi che la violazione comporti un’aggressione ad un bene giuridico considerato meritevole di primaria tutela quale è la salute dei cittadini, come riconosciuto dalla Costituzione.
Secondo tale interpretazione dunque non sembra avere molta rilevanza il caso in cui un’informazione fornita in etichetta in modo errato, carente, o addirittura omessa, può recare conseguenze gravi o gravissime per la salute di quei consumatori appartenenti a categorie fragili, quali sono, ad esempio, gli allergici e gli intolleranti alimentari, gli immunodepressi, i diabetici e le donne in gravidanza.
Per la verità, non si tratta di un’interpretazione inedita, già la Corte di Cassazione, nella sentenza dell’11 agosto 2016, n. 17028, aveva affermato la prevalenza dell’interesse annonario su quello igienico-sanitario in caso di etichettatura mendace degli alimenti, ma dobbiamo constatare che l’occasione buona per licenziare una norma che restituisca dignità al buon senso si è persa nell’ultimo Consiglio dei Ministri.
Non sappiamo ancora se le sanzioni introdotte dal Decreto licenziato dal Consiglio dei Ministri si dimostreranno davvero effettive, proporzionate e dissuasive, ma sembra assi probabile che la maggior parte delle contestazioni elevate potranno essere sanate pagando poche centinaia di euro, 300 per l’esattezza, pari al doppio del minimo edittale. E chi si è visto si è visto.
Per finire, il “Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari” (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è stato individuato quale autorità amministrativa unica competente per l’irrogazione delle sanzioni.
Fabrizio de Stefani – Lean thinker, Hygienic designer and Food defender
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L’informazione dell’articolo non è corretta
Gli articoli si aprano sempre con la clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca il reato ”
E’ ragionevole affermare che il principio di sussidiarietà prevalga su quello di specialità e quindi l’ipotesi penale (sempre che vi siano gli elementi costituenti il reato) sia sempre prevalente rispetto alla sanzione amministrativa.
LEGGE 24 novembre 1981, n. 689
Modifiche al sistema penale. (GU n.329 del 30-11-1981 – Suppl. Ordinario )
Art. 9. (Principio di specialita’)
Quando uno stesso fatto e’ punito da una disposizione penale e da
una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da
una pluralita’ di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative,
si applica la disposizione speciale.
Tuttavia quando uno stesso fatto e’ punito da una disposizione
penale e da una disposizione regionale o delle province autonome di
Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, si
applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest’ultima
sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali.
(Ai fatti puniti dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 30 aprile
1962, n. 283, e successive modificazioni ed integrazioni, si
applicano soltanto le disposizioni penali, anche quando i fatti
stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da
disposizioni speciali in materia di produzione, commercio e igiene
degli alimenti e delle bevande.)
Cordialmente
Tecnico della Prevenzione Dr Rossi G
Quanto ha riportato il lettore è corretto e bisognerà attendere la pubblicazione dell’atto sulla GU per una disamina puntuale, tuttavia, rimane il fatto che l’assenza di indicazioni rilevanti per la salute di alcune categorie di consumatori, come l’assenza dell’indicazione della presenza di allergeni, non è previsto come fatto penalmente rilevante, se non forse in ipotesi ex post, ovvero dopo che si è manifestato un incidente alimentare.
Se il testo finale delle sanzioni sarà questo, non riesco a capire cone sarà possibile una reale applicazione degli obblighi in materia di ingredienti allergeni nei prodotti sfusi (non preimballati) venduti nei negozi o somministrati nei ristoranti.
Capisco la necessità di una corretta informazione ai soggetti allergici, ma mi chiedo come nella realtà piccoli artigiani o piccoli ristoranti riusciranno a gestire questo obbligo di informazioni scritte e di richiami ai singoli prodotti contenenti gli allergeni, quando ricette e prodotti possono cambiare ogni giorno e quando la presenza di chi ha “materialmente” fatto il prodotto può rappresentare già una sufficiente fonte informativa.
Mi sembra come spesso capita in Italia di un norma con dei principi importanti e del tutto condivisibili, ma che molto probabilmente resterà inapplicata nella realtà.