Shelves with variety grocery products in the supermarket

cile loghi etichetteQualche mese fa il governo indiano si è piegato alle richieste delle aziende e ha deciso di posticipare le normative sulle etichette a semaforo sugli alimenti poco sani. Sommerso dalle critiche, l’esecutivo ha creato un panel di tre esperti per riesaminare la proposta di etichettatura. Il problema è che a capo del comitato ha messo Boindala Sesikeran, già consulente di Nestlé, di Ferrero e di molte altre aziende grandi e piccole, e questa decisione ha ulteriormente alimentato le polemiche. La risposta del governo è stata apparentemente ineccepibile: Sesikeran fa parte dell’International life sciences institute o Ilsi, un istituto internazionale no profit che si occupa di questi temi. Peccato che l’Ilsi sia stato creato più di quarant’anni fa da un dirigente della Coca-Cola, e che da allora si sia sempre distinto per le sue azioni di soft lobbying capaci di influenzare addirittura scelte governative di grandi paesi, come appunto nel caso dell’India. 

Comincia così, con questo caso emblematico, un duro e dettagliato articolo di denuncia del New York Times, che sottolinea come le politiche alimentari e nutrizionali in tutto il mondo siano ormai in mano a pochissime aziende che, senza darlo a vedere, orientano le scelte e di miliardi di consumatori e ne minacciano la salute. Ilsi oggi è presente in 17 paesi del mondo, compresi alcuni stati dell’America Latina e dell’Asia, ed è interamente finanziato da giganti del cibo, dei farmaci e della chimica. Tra i paesi nei quali è particolarmente attivo vi sono, non a caso, il Brasile, la Cina e l’India stessa, cioè alcuni degli stati più popolosi dove l’obesità sta crescendo maggiormente. In Brasile la situazione è sempre più critica, perché negli ultimi diversi ricercatori e accademici indipendenti presenti in comitati e centri di ricerca che si occupano di nutrizione sono stati sostituiti con membri dell’Ilsi. Le direttive sono spesso arrivate direttamente dal presidente Jair Bosonaro, che non ama gli studiosi che non la pensano come lui. Un caso plateale è stato quello del licenziamento in tronco di Ricardo Galvao, rimosso dall’Istituto nazionale di ricerche spaziali dopo la pubblicazione a luglio di dati sul drammatico aumento del disboscamento in Amazzonia e per aver criticato le posizioni governative su clima e deforestazione nel mese di agosto.

In molti Paesi i membri delle lobby industriali si insediano nei centri di ricerca sulla nutrizione

In India, in due decadi di presenza attiva l’Ilsi ha finanziato studi sul diabete, promosso i benefici del cibo addizionato di vitamine e sali minerali e consigliato i governi sul ruolo della dieta nell’Aids. Tutte ricerche per attirare l’attenzione su argomenti diversi dai legami tra cibo industriale e malattie. La stessa strategia è stata applicata in altri paesi.

Dopo molti anni di azioni sommerse, negli Stati Uniti alcuni radar iniziano ad accendersi, alimentati sia dai recenti scandali nei quali sono stati resi pubblici anni di documenti compromettenti, sia dalle associazioni di consumatori che cercano di opporsi ai membri dell’istituto. Stiamo parlando di 400 tra aziende e multinazionali, dotate di un budget annuale di circa 17 milioni di dollari. Qualche risultato si intravvede. Pochi mesi fa, per esempio, l’Ilsi è stato escluso da alcuni panel dell’Oms e messo sotto accusa per continui scambi di informazioni e progetti con i Centers for Disease Control di Atlanta. La difesa dell’Ilsi e dei suoi partner è sempre stata incentrata sulla necessità di lavorare insieme e non avere un atteggiamento oppositivo. Le associazioni indipendenti hanno fatto notare come sia impossibile garantire neutralità a fronte di finanziamenti ingentissimi e conflitti di interesse intrecciati a più livelli. 

Coca-Cola
L’Ilsi è stato fondato oltre quarant’anni fa da un dirigente della Coca-Cola

Il metodo utilizzato è simile a quello messo in campo dalle aziende del tabacco prima e da quelle delle bevande zuccherate dopo, che si potrebbe sintetizzare così: l’importante è confondere le idee. Uno schema collaudato è quello di finanziare – sempre in modo indiretto – personalità accademiche per orientare gli studi e  promuovendo poi la pubblicazione dei risultati su media, sostenuti economicamente con armi simili e da riviste teoricamente scientifiche pagate dalle aziende. Tutto questo per spostare l’attenzione dell’opinione pubblica su altri aspetti, quali il ruolo dell’attività fisica nell’accumulo del peso (cuore della campagna lanciata in Cina), i benefici dei dolcificanti sulla salute, o quelli degli Ogm industriali sull’ambiente e così via. L’intento è chiaro finanziare ogni tipo di iniziativa che possa essere utile a far passare una certa idea e tenere nascosta l’evidenza dei fatti.

Anche se ci vorranno anni per giungere a un’autentica separazione degli interessi, lo stesso articolo del New York Times, molto lungo e dettagliato, dimostra che qualcosa sta iniziando a cambiare. Sempre meno queste azione di lobbying passano inosservate e sono ritenute accettabili, anche perché gli effetti del cibo spazzatura, che contraddicono platealmente quanto portato avanti da enti come l’Ilsi, non sono solo visibili, ma anche  onerosi per le finanze pubbliche e private.

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claudio
claudio
3 Ottobre 2019 12:23

La volpe a guardia del pollaio