In una situazione poco chiara (4 anni appariva poco chiara anche agli esperti), che senso ha la decisione di Guariniello di chiamare in giudizio tre aziende, quando le realtà coinvolte sono state decine?  Qual è la necessità di avviare un’azione di fronte ad un problema che non presenta alcun pericolo per la salute? Come possono difendersi i caseifici coinvolti di fronte ad una questione che solo dopo lo scandalo è stata esaminata con la dovuta attenzione per evitare nuovi episodi?  L’azione della magistratura in questo caso desta qualche perplessità, perché non sembra destinato a  punire un comportamento scorretto portato avanti con dolo.  Non è questo il senso delle nuove norme europee che mirano a prevenire i problemi discutendo con le imprese le criticità cercando di risolverle, più che intervenire attraverso il codice penale nei confronti di situazioni difficili. Il discorso sulla sicurezza alimentare è un elemento importante e Il Fatto Alimentare lo ribadisce ogni giorno nei suoi articoli, ma focalizzare l’attenzione su certi aspetti in modo punitivo forse non vuol dire andare nella direzione giusta.

 

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Riportiamo una parte dell’intervista  rilasciata nel maggio 2012 a Il Fatto Alimentare da Giorgio Varisco, direttore sanitario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna di Brescia che nei due anni successivi allo scandalo ha effettuato 200 controlli su campioni sospetti.

«Lo Pseudomonas Fluorescens è un batterio largamente diffuso in natura, in particolare nel suolo, nelle acque superficiali e nella vegetazione. Condivide con le altre decine di specie della famiglia Pseudomonas la capacità di adattarsi bene a varie situazioni ambientali e solo quando si trova in determinate condizioni può – o meglio, alcune delle specie note possono – produrre pigmenti che causano colorazioni anomale nei cibi. Tra gli “alimenti-veicolo” del microrganismo ci sono l’acqua, il latte, i vegetali e la carne, ma in realtà lo si trova un po’ dappertutto…  Non tutti i ceppi di Pseudomonas fluorescens sono però pigmentanti: perciò questi batteri possono essere presenti anche in concentrazioni elevate senza che ci sia alterazione nel colore del cibo.  Per quanto riguarda la filiera del latte, lo Pseudomonas può entrare quando la materia prima utilizzata (latte o semilavorati caseari) è contaminata, oppure attraverso le acque utilizzate nel processo industriale durante le fasi di raffreddamento/rassodamento del prodotto o nella preparazione dei liquidi di governo, o, ancora, in seguito alla contaminazione dei locali di lavorazione. Il microrganismo è in grado di formare un sottilissimo strato di biofilm sulle superficie e sopporta bene anche le basse temperature, con le quali è comunque in grado di moltiplicarsi».

 

Roberto La Pira

P.S Alleghiamo all’articolo due studi del Ceirsa , il primo del 2011 sulle  ALTERAZIONI ORGANOLETTICHE NEGLI ALIMENTI CAUSATE DA PSEUDOMONADACEAE E POSSIBILI RICADUTE PER LA SANITA’
PUBBLICA realizzato da : Silvia Marro, Bartolomeo Griglio, Alessandro Testa, Francesca Piovesan, Tiziana Civera e il secondo su DOMANDE E RISPOSTE SULLE ALTERAZIONI CROMATICHE DEGLI ALIMENTI DEPERIBILI E IL RUOLO DEL CONSUMATORE

 

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maurizio
maurizio
18 Febbraio 2014 18:09

ho cominciato a lavorare con le mozzarelle nel 1981 e la prima cosa che mi fu chiesta da giovane laureato fu di sanificare opportunamente le acque perchè la presenza di Pseudomonas generava mozzarelle rosse e arancioni. Quelle blu sono note dai primi anni 90, basta andare a cercarsi gli articoli scientifici al riguado. Perchè mai rosse si e blu invece no? forse perchè c’era di mezzo Jaeger che sta di la dal “presidiato” Brennero? Poi è venuto fuori che il latte foresto non c’entrava eccetera eccetera eccetera

Gianfranco Zambelloni
Gianfranco Zambelloni
19 Febbraio 2014 17:42

Resta il fatto non indifferente che la Colorazione Blu delle MOZZARELLE è un segnale che queste SONO CONTAMINATE.

maurizio
maurizio
Reply to  Gianfranco Zambelloni
21 Febbraio 2014 15:46

Non esiste una mozzarella che non abbia una carica più o meno alta di pseudomonas e non solo di questi. Ci sono normalmente coliformi, lieviti, muffe e altre presenze varie. Se trovassi una mozzarella senza nemmeno una traccia di tutto ciò, mi indurrebbe forti sospetti. Questi microrganismi a pochi giorni dalla produzione magari sono pochi e non si rilevano ma da metà vita in poi si contano e anche a cifre con vari zeri. Non giochiamo con le parole. CONTAMINATO (perchè tutto maiuscolo?) non significa nulla fuori del suo contesto che non si può omettere di considerare. Gli Pseudomonas possono esserci in forze e non dare alcun segno di se. Possono essere in pochi e dare colorazioni anomale o sapori amari. Per quelle che vogliamo chiamare contaminazioni da lettere maiuscole c’è un regolamento accurato e ci sono indici precisi. Sono specificati quali microrganismi sono patogeni e quali sono solo indici d’igiene. Gli pseudo non sono neppure indici di scarsa igiene (e non perchè se li sono scordati.
Senza dubbio gli allarmi hanno alzato il livello dei controlli e questo è sempre un bene. Ma la ricercata e fortemente appoggiata mediaticità della mozzarella dei puffi ha ragioni lontanissime dall’igiene alimentare. Quando l’argomento è di questo tipo, sarebbe meglio per tutti limitarsi a ragionare su basi scientifiche

Tommaso
Tommaso
21 Febbraio 2014 10:52

concordo con Maurizio, l’acqua è fonte di vita molto più del latte quindi è fondamentale tenere sotto controllo la qualità di tutte le acque. Specialmente perchè vengono quasi sempre usate acque prelevate dal sottosuolo con pozzi privati a scapito dell’acqua “municipale” molto più controllata e certificata. In commercio esistono sistemi in grado di assicurare la sanitizzazione dell’acqua, per esempio il biossido di cloro usato largamente negli acquedotti e negli ospedali con ottimi risultati. Attendiamo con ansia una legge chiara…nel frattempo occhio al colore e se non è bianco latte la facciamo mangiare ai microbiologi.

costante
costante
27 Febbraio 2014 16:41

Dalla fine degli anni 60 ho esperienza di pasta filata fresca in liquido di governo, ed il fenomeno è sempre stato ricorrente, ancor più con l’aumento della shelf-life collegata con i progressi della tecnologia.Semplicemente la distribuzione era frammentata e la cosa non faceva notizia. Gli pseudomonas sono ubiquitari, specie in ambiente caseario, ma non solo, anche in molti acquedotti, nei macelli e sulle lame da taglio delle affettatrici dei negozi (vedi colori dell’iride sui salumi affettati conservati in frigo) senza che se ne sappia nulla (non sono in nessun modo patogeni) e sono psicrofili che si moltiplicano facilmente in frigo ed in ambienti freschi. Quando sono cromogeni si manifestano meglio specie su fondo di colore chiaro come la mozzarella, ma spesso ci sono anche senza colorazione, che compare quando la moltiplicazione diventa più intensa. Penso che Guariniello, se andasse a cercare metterebbe sotto accusa mezza Italia sino alla pensione.
Le azioni preventive ci sono, seguendo la metodologia HACCP sul rischio, NON CRITICO, ma solo per ridurre il rischio a livello accettabile, non per eliminarlo, a meno di lavorare in condizioni di sterilità, che non è proprio tipica anche della migliore tecnologia casearia.