Mani femminili reggono confezione di carne con etichetta in evidenza sopra a banco frigo con altra carne confezionata

Gli additivi alimentari consentiti in Europa sulla base del regolamento europeo n. 1333/2008 sono quasi 400, ma molti di essi sono andati incontro a una rivalutazione da parte dell’EFSA volta a stabilire per ciascuno se esiste e a quanto ammonta una dose giornaliera accettabile. E per la maggior parte di essi (nitriti, carragenine, acido fosforico e fosfati, solfiti, coloranti caramello), è stato emesso un parere che sottolinea i rischi di un consumo eccessivo e del cosiddetto ‘effetto cocktail’ determinato dalla loro assunzione simultanea attraverso uno stesso prodotto che li contiene o alimenti diversi in cui sono presenti singolarmente.

Tuttavia ancora oggi queste sostanze sono ampiamente utilizzate dall’industria alimentare come addensanti, regolatori dell’acidità, emulsionanti, gelificanti, antiossidanti e conservanti, perché la loro sostituzione o eliminazione, teoricamente possibile, è scoraggiata dall’effetto che avrebbe sull’aumento dei costi dei prodotti. 

Trancio di pesce spada su carta
Secondo il Ministero della Salute solfiti e acido ascorbico sono utilizzati in maniera non conforme soprattutto nel pesce e nelle carni

Il Piano di controllo sugli additivi alimentari

Alcuni giorni fa il Piano nazionale di controllo su additivi e aromi alimentari pubblicato online dal Ministero della Salute ha sottolineato come alcuni additivi alimentari siano utilizzati in modo fraudolento o non conforme alle normative europee allo scopo di preservare le caratteristiche organolettiche, esaltare l’apparente freschezza e allungare la shelf life dei prodotti in cui sono inseriti, senza che la loro presenza sia esplicitamente segnalata nella lista degli ingredienti riportata in etichetta. Tra queste sostanze ci sono soprattutto solfiti e acido ascorbico, utilizzati soprattutto nel pesce e nelle carni, che dai dati raccolti su campioni nel 2022 sono risultati non conformi rispettivamente nel 62,5% e nel 25% dei casi.

Come già sottolineato in un precedente rapporto pubblicato dallo stesso Ministero della Salute nel 2017, il fenomeno dell’utilizzo di additivi alimentari non conforme alle normative europee rappresenta un rischio per la salute dei consumatori, in particolare per i soggetti allergici e nei casi in cui l’aggiunta di additivi alimentari può portare allo sviluppo di istamina (soprattutto nel caso del pesce) con possibile tossinfezione. Il rischio riguarda soprattutto i solfiti (per i quali l’organizzazione mondiale della sanità ha decretato la dose massima giornaliera in 0,7 mg per kg di peso corporeo). 

vino sommelier ristorante alcol vini
Sempre più aziende produttrici che stanno cercando di limitare l’uso dei solfiti, soprattutto nel settore dei vini biologici

Sostituire i solfiti si può?

Nonostante le difficoltà oggi sempre più aziende produttrici che stanno cercando di limitare l’uso dei solfiti, sostituendoli almeno in parte con sostanze alternative capaci di assolvere un’analoga funzione, quantomeno per quanto riguarda il loro potere solubilizzante delle sostanze coloranti e chiarificante. Più difficile trovare alternative in grado di emularne le funzioni antiossidante e antisettica, necessarie a controllare la proliferazione di microrganismi e migliorare la conservabilità dei prodotti. Particolarmente impegnate in questa ricerca sono le aziende vinicole bio, che negli ultimi anni stanno sperimentando l’uso di antiossidanti naturali come i tannini ellagici, le proantocianidine estratte dai vinaccioli, estratti dalle bucce dell’uva, i tannini di rovere, e anche l’acido ascorbico, che hanno dato risultati incoraggianti ma non ancora soddisfacenti al punto da fare del tutto a meno dei solfiti.

Invece per quanto riguarda la funzione antisettica sono in fase di studio soluzioni con raggi UVB e fumigazioni con ozono, ma non esistono ad oggi alternative naturali altrettanto efficaci dell’anidride solforosa nel contenere la carica microbica e la microflora naturale che si trova sulle bucce d’uva, e di ridurre i rischi di contaminazioni con ceppi di batteri o lieviti che possono alterare gli equilibri di fermentazione. 

Per ora le uniche soluzioni per ridurre il più possibile l’uso della chimica in ambito alimentare è scegliere materia prima di qualità all’origine, curare l’igiene negli stabilimenti di lavorazione e in tutte le fasi della filiera, accorciare i tempi di immagazzinamento e consegna e, da parte del consumatore, optare il più possibile per alimenti freschi, non processati o, nel caso di quelli confezionati, con una lista degli ingredienti il più corta possibile. 

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos

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Diego
1 Luglio 2024 16:31

Interessante! Grazie per l’esaustivo articolo! Sapreste dirci anche perché le aziende non scrivono “Vitamina C” al posto di “Acido Ascorbico” nella lista degli ingredienti utilizzati?

Giulia Crepaldi
Reply to  Diego
2 Luglio 2024 10:08

Perché quando è aggiunto come additivo alimentare, ad esempio come correttore di acidità, i produttori devono indicare il nome registrato nell’elenco degli additivi alimentari, quindi acido ascorbico (E300), ascorbato di sodio (E301), ascorbato di calcio (E302)

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