Il pesce azzurro oltre ad essere gustoso e nutriente è anche la tipologia più economica presente sui banchi delle pescherie. Ma secondo Greenpeace la pesca indiscriminata rischia di privare i mari italiani di questa riscorsa. L’allarme è stato lanciato dall’associazione ambientalista che ha diffuso un rapporto dedicato al “Blue gold”, l’oro azzurro che popola i nostri mari.

 

L’indagine ha focalizzato l’attenzione sul porto di Chioggia, uno dei più importanti in Italia e tra i primi nel Mediterraneo per questo tipo di  pesca. Negli ultimi anni, denuncia l’associazione, il pesce azzurro presente nell’Adriatico è sensibilmente diminuito: oggi nel nostro mare nuota circa un quinto delle sardine presenti negli anni ‘90, e anche le acciughe sono in calo.

 

Colpa dei sistemi di pesca, in particolare del metodo definito “volante a coppia” – una rete sospesa a mezz’acqua trainata da due imbarcazioni gemelle – che sta soppiantando il più tradizionale sistema della “lampara”, una forte luce che serve a concentrare i banchi di pesce, catturati poi da una rete che circonda il branco.

 

Greenpeace punta il dito contro il governo italiano che negli ultimi anni ha messo a rischio la popolazione ittica incrementando il numero e la stazza delle imbarcazioni autorizzate, anche grazie all’artificio delle licenze di “pesca sperimentali”.  Il sovrasfruttamento del pesce azzurro avrebbe innescato poi l’inevitabile aumento dei prezzi, stimolando l’incremento della pesca.

Siamo di fronte ad una situazione già pesante cui si aggiunge l’abitudine dei pescatori di rigettare in mare acciughe e sardine prive di vita o perché troppo piccole, o perché pescate durante il periodo estivo quando il prezzo di mercato non è conveniente.

 

Si tratta di una situazione da non sottovalutare per un settore come quello del pesce azzurro particolarmente importante per la nostra economia. Ogni anno vengono pescate tra 50 e 80 mila tonnellate pari a circa un terzo del pescato complessivo.

La situazione però non può essere risolta a livello nazionale, per questo Greenpeace chiede ai governi comunitari e al Parlamento europeo di adottare provvedimenti a favore di una pesca sostenibile, sollecitando i Paesi membri piani nazionali di riduzione della capacità di pesca con obiettivi e scadenze precise.

 

Per prima cosa è necessario smettere di sostenere economicamente pratiche di pesca non sostenibili e distruttive e spostare gli investimenti verso misure di pubblica utilità quali il ripristino e il mantenimento degli stock, e la salvaguardia dell’ambiente marino.

 

Paola Emilia Cicerone

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