Negli ultimi mesi il grano duro importato dal Canada e impiegato nell’industria della pasta italiana per fare spaghetti e maccheroni, è finito al centro del dibattito accusato di avere un elevato valore di contaminanti tossici per la salute. I valori di micotossine rilevati nel cereale proveniente dal Canada, sono stati definiti più volte critici per la salute umana e questo implica direttamente il coinvolgimento di molte marche di pasta prodotta in Italia e venduta anche all’estero.
A dispetto di queste teorie sbandierate a destra e sinistra, nessuno degli studi effettuati sui campioni di prodotto importato riporta livelli di micotossine al di sopra dei limiti di legge. C’è di più, tutte le analisi indicano una presenza sempre molto bassa di tossine nel grano canadese. I controlli vengono effettuati al momento dell’imbarco della merce da parte delle autorità di Ottawa e all’arrivo nei porti italiani dagli Uffici di Sanità Marittima, Aerea di Frontiera, che dipendono direttamente dal Ministero della salute. Oltre a ciò viene, infine, controllato dalle aziende importatrici.
L’industria molitoria dipende dalle importazioni
L’industria molitoria nazionale è dipendente dalle importazioni per il 35% del fabbisogno, come indica il Ministero delle Politiche Agricole nel “Piano di settore cerealicolo” 2008-2009. La produzione italiana di grano duro destinata al settore della pasta si aggira intorno a 3-4 milioni di tonnellate anno, a fronte di un fabbisogno di 5,7 milioni di tonnellate. La quantità importata da paesi extraeuropei, varia a seconda delle annate, come indicano i dati dell’Associazione Industriali e Mugnai d’Italia che mostrano una variazione da 1 a 2 milioni di tonnellate. Gran parte del cereale, come riportano i dati di Italmopa, proviene dal Canada che rappresenta anche il primo fornitore di frumento duro per l’industria alimentare italiana. Nel 2013 sono state importate più di 450 mila tonnellate, raddoppiate nel 2016. Secondo i dati del Ministero delle politiche agricole il 45,6% della produzione nazionale di pasta è destinato all’esportazione.
Grano canadese e micotossine: i dati di degli zooprofilattici e di Arpa
Non sono pochi nell’industria della pasta ad utilizzare la materia prima importata dal Canada. A differenza di quanto spesso viene affermato, si tratta di grano con una bassa concentrazione di micotossine. Questo si può facilmente verificare attraverso le analisi svolte dagli istituti zooprofilattici, dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, come nel caso dei dati forniti da Arpa Puglia e dal Centro per la ricerca in Agricoltura e per l’economia agraria (Crea). I campioni analizzati dal 2011 al 2016 dall’Istituto Zooprofilattico di Lombardia ed Emilia Romagna, hanno rilevato la presenza della micotossina DON (deossinivalenolo tossina molto diffusa nei cereali prodotta da funghi tipici di climi nordici) inferiore a 66 microgrammi per chilo, ovvero 25 volte meno rispetto al limite indicato nel regolamento europeo del 2006 di 1.750 microgrammi.
I dati del CREA
Anche i dati pubblicati dal Ministero dell’Agricoltura attraverso il programma Micoprincem del CREA riferito al triennio 2011-2013 (non ci sono dati più recenti) confermano le basse quantità di DON nel grano canadese importato. Su 46 campioni di cui 13 di frumento duro, il DON è risultato presente nel 77% dei casi con una concentrazione compresa tra 21 e 579 microgrammi per chilo. Solo in un campione è stato rilevato un valore di 1043 microgrammi, comunque inferiore ai limiti di legge.
Il CREA, inoltre, afferma di non aver rilevato una relazione tra la concentrazione di micotossine e la durata del viaggio, a dispetto di chi sostiene che i tempi di trasporto sono una causa dello sviluppo di contaminanti. Gran parte della materia prima importata arriva in Puglia dove c’è anche uno dei centri autorizzati per le analisi dei campionamenti effettuati dagli Uffici di Sanità Marittima ovvero dall’Arpa. Nel 2015 l’ente pugliese ha analizzato 238 campioni (quasi la metà erano costituiti da grano duro).
Aflatossine, DON e metalli pesanti
Durante i campionamenti sono state ricercate le aflatossine (agenti di contaminazione, favoriti da climi umidi, pericolosi per la salute umana che si trovano nella frutta essiccata, frutta a guscio, semi oleosi e cereali) e DON, oltre a metalli pesanti. 16 campioni sono risultati non conformi, ma in nessun caso si è trattato di grano duro (quasi tutto importato dal Canada). Anche l’analisi effettuata da Arpa Puglia nel quadriennio 2011-2014 su 660 campioni conferma la presenza di micotossine nei cereali da importazione ma tutti i valori rientrano nei limiti di legge compresi i 32 campioni provenienti dal Canada. Le uniche criticità sono state rilevate nella frutta secca e a guscio.
Altrettanto interessanti sono i risultati della ricerca Contrimpcer, effettuata dal CREA e presentata nel novembre 2016, che ha preso in esame i dati su campioni di merci importate. Secondo la ricerca Contrimpcer il frumento duro arrivato nei porti italiani non riporta criticità. In questo caso l’analisi fatta su 112 campioni provenienti da Canada e Stati Uniti, ha valutato anche le qualità nutrizionale classificandola come buona.
Grano canadese vs grano italiano
Non ci sono studi comparativi sulla presenza di micotossine tra prodotto italiano e importato, ma è interessante notare come, anche la materia prima nostrana sia risultata avere contenuti molto bassi. I risultati del progetto del ministero “Rete Qualità Cerali Plus”, presentati nel novembre 2016, individuano la presenza di micotossine anche nel grano duro italiano con una bassa concentrazione di DON, inferiore ai 500 microgrammi per chilo e la quasi assenza di T2+HT2, con valori veramente ridotti al Sud.
Dal quadro analitico descritto emerge con una certa evidenza la presenza di un numero limitato di campioni esaminati dagli istituti preposti ai controlli (il Ministero della salute non ha risposto alla nostra richiesta di ricevere i dati dei campionamenti effettuati annualmente dagli Usmaf). Gli enti contattati effettuano campionature annuali sul grano duro dell’ordine di poche decine. Considerando che nel 2016 il Ministero della salute, tramite i Nuclei Antisofisticazione dei Carabinieri ha effettuato più di 56 mila controlli sugli alimenti, risulta poco comprensibile come i prelievi di una materia prima così importante per l’industria alimentare non siano altrettanto numerosi.
Demonizzare il grano duro canadese non serve. Spesso le notizie montate da gruppi d’interesse diffondono informazioni superficiali e poco accurate, che non aiutano a fare chiarezza sulla materia. Forse bisognerebbe aumentare il numero di campionamenti annuali e individuare, se esistono, i fattori di rischio.
Marta Gatti
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Allora visto che è così, non ci sarebbe nessun problema ad adottare per la pasta l’etichetta con l’obbligo della indicazione di origine e provenienza del grano, corretto? Non capisco tanta reticenza da parte dei produttori pastai…
Perchè un conto è la verità, un conto è il marketing. Sono in atto da tempo campagne diffamatorie verso alcuni prodotti importati e il consumatore medio è solito credere a tutto ciò che gli viene propinato.
Quindi in sostanza la verità non sarebbe mai indicata nelle etichette? Quindi il consumatore non sarà mai libero di scegliere cosa comprare/mangiare? È cosi che i produttori intendono conquistare la fiducia dei consumatori, mentendo?
Articolo ottimo, esauriente, documentato su basi scientifiche razionali quindi …
non “conforme” alle attese di post-verità!
Non è quanto si vuol sentir dire, non si adatta alla presunta “vera” verità già strutturata dell’ideologia preconcetta (che sappiamo tutti, sudai) alle attese forcaiole contro ogni establshment , sfata pregiudizi, è in contraddizione con le decine di rasserenanti trasmissioni tivvi ululanti tragicomici allarmismi acchiappaspot, adotta provocatori metodi opposti alla premiata azienda Bufalaria web&friend (BWF)…insomma qualcosa di sovversivo per i cupi tempi moderni.
Peccato perchè il principale e più prestigioso, salutare, economico prodotto del Made in Italy, la pasta appunto, sotto la continua demonizzazione della premiata azienda BWF stava finalmente declinando le vendite all’estero (e anche a casa nostra), trascinando infine in un disegno masochistico suicida anche quelle splendide campagne italiane del centro-sud dove il grano duro è sanissimo protagonista economico, paesaggistico e culturale e che non può che trarre nocumento da queste assurde campagne sacandalistiche che finiscono per fare di “tutt’erba un fascio”, specie fra gli emergenti e finora ben disposti consumatori internazionali verso il Made in Italy.
Chissà se un isolato colpo di coda del declinante razionalismo scientifico riuscirà veramente a risollevarne le sorti.
E convincere pian piano i consumatori (nazionali ed esteri) di non risparmiare pochi centesimi sul cibo, che la qualità si paga e deve pagare chi la promuove e produce: molitori, pastai e non dimentichiamo centinaia di migliaia di agricoltori che già forniscono materia prima per prodotti 100% grano italiano cui finora, in effetti, sono andate le briciole, ma che con questi metodi suicidi finiranno per non avere nemmeno quelle.
Complimenti per il tuo modo di scrivere e per il vocabolario che utilizzi. Credo che dorvrei rileggere il commento un paio di volte per capirlo, però è scritto bene.
Nell’articolo si afferma con una certa sicurezza che il grano duro canadese è assolutamente sicuro, poi si ammette che il numero di campioni esaminati dagli istituti preposti ai controlli è molto limitato e che comunque chi scrive non ha avuto accesso ai dati, poi si conclude con rinnovata fiducia: “Demonizzare il grano duro canadese non serve.”
L’erbicida della Monsanto è fra i rischi maggiori per il grano canadese (e americano) visto che in Canada è pratica abituale nebulizzarlo prima della raccolta.. ma questo rischio non è nemmeno stato citato!
I dati riportati fotografano una situazione molto chiara. Gli addetti ai lavori che abbiamo sentito non hanno dubbi e confermano le nostre tesi, e stiamo parlando dei laboratori che fanno più analisi in Italia sul grano duro importato. Se qualcuno ha riscontri diversi li pubblichi, altrimenti stiamo parlando di aria fritta.
La questione non è semplice come appare. Sono un agronomo e opero nel settore cerealico da oltre 30 anni. È chiaro che le analisi ufficiali devono essere obbligatoriamente nei limiti di legge. Quello che purtroppo succede è che dal canada arrivano diverse categorie merceologiche di grano duro , tra cui anche quello per uso zootecnico ad un prezzo molto basso, che hanno dei valori elevati di micotossine, quindi non adatti all’alimentazione umana. Basta avere pochi scrupoli e tagliare quel grano con un altro con valori bassi per avere un grano con dei valori nei limiti di legge. E questo è solonun esempio. La questione vera è perchè i pastai si ostinano a rifiutarsi di indicare in etichetta la provenienza del grano e della semola consentendo una completa tracciabilità della materia prima ?
Mi meraviglia che giornalisti abituati a conoscere i più svariati meccanismi dell’industria alimentare per operare a svantaggio dei consumatori non abbiano pensato a cosa si può mettere in atto con operazioni commerciali non solo leggittime ma anche ” border line”.
Premesso che non si hanno notizie di queste operazioni da parte di Nas e altre strutture di controllo, il problema allora non è il grano canadese contaminato ma le eventuali furberie degli operatori italiani. In ogni caso le analisi riguardano il grano che arriva nei porti e non quello usato dai pastifici.
L’inizio della verifica è buono, ma siamo solo all’inizio perché di Cadmio e Glifosate nel grano duro importato non si legge neanche un cenno di analisi di riscontro.
Mentre l’associazione di consumatori e produttori italiani Grano Salus, con una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, ha argomentato e documentato i risultati delle loro analisi e conclusioni:
http://www.granosalus.com/wp-content/uploads/2017/03/doc-x-conferenza-stampa-Roma.pdf
In estrema sintesi ricordo che i problemi sono due:
L’effetto cumulativo in particolare per i bambini, le donne in gravidanza e gli ammalati, delle sostanze tossiche presenti anche nei limite di legge, e la chiara origine e provenienza del grano duro impiegato per la produzione della nostra pregiata pasta “italiana?”.
Per chi non lo sapesse buona norma nella scelta dei piani di campionamento, che ovviamente non possono essere al 100%, è di attuare, all’inizio di una nuova fornitura su determinate provenienze, campionature secondo il “military standard” con affidabilità 95% (circa radice di n), e in caso di buoni o ottimi risultati ridurre significativamente la numerosità dei campioni, salvo ri-aumentarne la frequenza all’apparire di aumenti quantitativi significativi dei parametri in esame. Il grano canadese, peraltro parimenti controllato in partenza, ed acquistato sicuramente con capitolati severi soprattutto relativamente ai residui, ha sempre dato ai controlli, ( al ricevimento e all’origine) alto affidamento : e questa è un’ottima ragione per non sprecare risorse e tempo in eccesso di controlli sicuramente inutili, e aggiungo, molto onerosi.
Cerchiamo di non spargere, come afferma Roberto La Pira, dell’aria fritta che può far male ai non esperti consumatori.
Ragionamento e pratica condivisibile ma rimane il discorso diverso dell’aria fritta ovvero perché opporsi così fortemente dall’indicare l’origine della materia prima?
Ho letto che nel Canada, grande produttore ed esportatore di grano ma scarso consumatore di pane e pasta, è in vigore una legge che indica nel grano la presenza massima di DON 1000 micogrammi per uso alimentazio- ne umana, contro i 1750 DON stabiliti dalla U.E.. C’è qualcosa cher non quadra considerando che siamo primi al mondo nel produrre ed esportare pasta e pane, ma anche nel consumo quotidiano. Troverei più logico, per la salute dei consumatori, che i limiti fossero invertiti. Ma la verità non deve essere un diritto di tutti.
Se il problema è a monte e ben nascosto, non mi sorprende che i controlli sono sempre e comunque OK.
Per essere più tranquillo e facilitarmi il diritto di scegliermi una pasta la più salutare possibile, oltre che buona, sarò felicissimo di essere smentito.
Per eliminare l’aria fritta servono dati certi e non proclami, perché il problema rischio contaminanti cumulativi resta e continua a friggere, in particolar modo per i bambini italiani grandi mangiatori di pasta e di riso.
Poi sembra proprio che i produttori di grano duro italiano del sud, riescano a fare meglio di quelli canadesi e che vorremmo essere sicuri della provenienza delle materie prime, per poter fare liberamente le nostre scelte.
Quindi invece di discutere inutilmente d’aria fritta, invitiamo i produttori di pasta ad indicare la provenienza del grano utilizzato con la massima trasparenza, liberi di acquistare, produrre ed esportare la loro/nostra eccezionale pasta made in italy in tutto il mondo.
sono d’accordo con Ezio …….. io voglio scegliere quale aria fritta comprare ……perchè in un caso o nell’altro , avrò la possibilità di scegliere “CHI FAVORIRE” durante il mio acquisto……
Quei consumatori creduloni ….. si sono allenati a credere…….sempre e sopratutto prima al MARKETING … ma questo è cosi banale, scontato e chiaro che ora passa in secondo piano ……..la credulità ora è solo nei confronti di chi parla “di altro”…
facciamo più controlli ……. facciamo paragoni ……..e scegliamo
io vorrei scegliere grano il cui essiccamento non è stato ottenuto mediante la somministrazione di GLIFOSATO …… li si aprirebbe un altro capitolo….. fa male …fino a che punto , quale dose…….etc etc etc
ma vi sembra normale che per soddisfare la “voglia di pasta … i profitti ed il lavoro” ….dobbiamo comprare pasta fatta con grano innaffiato con un erbicida???
Marco,
è sicuro che per “essiccare” il grano serva il glifosato? E come? Mi pare nuova! vorrei saperne di più. grazie
Anche a me risulta nuova ma lo dicono tutti e La Pira su questo non mi pare abbia mai obiettato i commenti, cosa che fa spesso per chi propina bufale. Quindi suppongo sia vero.
Riporto quanto scritto in un mio precedente post del 29.02.16. Mi sembra di essere un marziano… è così evidente che far arrivare container di cereali dall’altra parte del mondo sia una pessima operazione, da mille punti di vista.
«A mio giudizio, il primo problema che deriva da questa stolta politica di import-export è l’inquinamento. Si parla tanto di ‘km zero’ e poi importiamo tonnellate di alimenti, continuando a inquinare il pianeta, mangiando così cibi non più freschi, stivati in navi o silos, a volte per mesi, in attesa di essere lavorati. Capisco che per alcuni prodotti (come spezie, frutta esotica, etc.) sia inevitabile, ma il grano! Non basta alla richiesta del mercato? Mangiamone meno, ma solo quello di ottima qualità. Oltre alla provenienza, c’è anche la lavorazione. Ho gustato pasta artigianale del sud squisita, perché essiccata all’aria, senza forni o interventi alieni dalla tradizione. La soluzione? Torniamo all’artigianato, favorendo l’attività delle tante piccole aziende locali, non comperando più i prodotti delle mostruose fabbriche alimentari, esposti nei mostruosi supermercati.»
Ma in che mondo Lei , Claudio il musicista, pensa di vivere? Forse prospetta un mondo pre- rivoluzione industriale?, ma per alimentare la popolazione di allora con quel livello di sviluppo. Forse non si è accorto che “qualcosina” è cambiato e che il ritorno ad un’economia alimentare da Lei auspicata avverrebbe a costi oggi inaccettabili. Cerchiamo di MIGLIORARE il più possibile l’esistente, ma consci che gli alimenti di oggi sono di gran lunga più accessibili, economici e più sicuri di cent’anni fa . Mi creda, non c’è niente di mostruoso nelle attuali fabbriche alimentari. Il grano duro di produzione nazionale è stranoto che non basta per il mercato nazionale e per l’esportazione di prodotti alimentari dell’ottimo “savoir faire” italiano tanto apprezzato nel mondo che dà lavoro a tanta gente.
Sig. Costante …….. è una domanda “vera”?
io non ho usato la parola essiccare ……..ma annaffiare …… ma a quanto pare lei ne sa più di quello che sta chiedendo.
In ogni caso se a qualcuno può interessare c’è questo “dibattito pubblico” dell’unione europea nella quale si può attingere qualche informazione ufficiale sul glifosato e sulla sua autorizzazione.
http://www.europarl.europa.eu/news/en/news-room/20160407IPR21781/glyphosate-authorise-for-just-seven-years-and-professional-uses-only-urge-meps
inoltre …… di ancora più ufficiale c’è il sito del produttore , la Monsanto che tra le varie caratteristiche del prodotto elenca tutti gli effetti vantaggiosi
http://www.monsanto.com/products/documents/glyphosate-background-materials/agronomic%20benefits%20of%20glyphosate%20in%20europe.pdf
evito di elencare altri siti/fotni che potrebbero sembrare “di parte” ….
p.s. aspettiamo tutti ……. l’indicazione dell’origine anche del grano nella pasta!!
Marco, legga qui sopra la sest’ultima riga dell’ intervento a nome Marco a monte della mia stupita domanda :….. “io vorrei scegliere il grano il cui essiccamento non è stato ottenuto mediante la somministrazione di GLIFOSATO”…. e vedrà che non c’è scritto “annaffiamento”.
L’essiccazione della piantina del grano, ottenuta mediante l’uso del glifosate per accellerarne la maturazione, non è intesa come l’essiccazione dei chicchi nei forni, o nei covoni e sull’aia come si faceva una volta, ma serve per evitare la proliferazione di muffe in quei climi più freddi e umidi rispetto al sud Italia, in cui non è praticata ne necessaria.
Il glifosate non è un fungicida e non è usato per prevenire muffe.
E’ un (purtroppo) efficacissimo disseccante totale che trova impiego soprattutto laddove occorra un controllo totale della vegetazione come scarpate stradali e ferroviarie, marciapiedi urbani ecc… dove se ne fa ancora largo uso (municipalizzate).
Questo ne spiega facilmente il ritrovamento in tracce in eventuali analisi di riscontro, seppur senza nessuna importanza tossicologica tanto che l’eccellenza di una partita “sana” non considera il valore 0 assoluto bensì 0.1 ppb, che invece tanto facile allarmismo e tragiche correlazioni ha generato.
In agricoltura è molto usato in Argentina e USA per controllare le infestanti della Soia OGM che invece non viene danneggiata grazie all’ introduzione di geni di resistenza alla molecola. E la soia per l’85% viene da quei territori ovviamente a costi vantaggiosissimi e considerata ingenuamente alternativa “salutare” alla carne. Il controllo delle infestanti senza colture OGM resistenti è impossibile e in Italia NON esistono colture OGM. Si può però essiccare completamente la flora infestante in mancanza della coltura ad esempio per preparare i terreni alla semina su sodo o con artifici meccanici che proteggono la coltura dal getto dell’irroratrice.
Altro uso discutibile del gliphosate è il disseccamento di colture di pieno campo accelerandone la maturazione commerciale per sopravvenute prolungate difficoltà stagionali-ambientali o anche per maggior lucro speculativo.
Nei Paesi caldi come il Mediterraneo è fortunatamente pratica non frequente perché i costi spesso superano i benefici e sicuramente superflua nel grano duro vista l’aridità ambientale dei mesi estivi.
Fabrizio diciamo la stessa cosa, ma lei disserta spaziando a tutto campo.
Il glifosate usato per seccare la piantina del grano per accelerarne la maturazione, è la stessa cosa che lei dice come altro discutibile uso dell’efficacissimo erbicida, che in climi freddi ed umidi (tipo nord America e Canada dico io), accelerando la disseccazione della piantina e della spiga portandola a rapida maturazione, riducendone l’umidità ed i tempi di permanenza in campo, previene e riduce la formazione di muffe.
Siamo d’accordo come scriviamo, oppure interpretiamo l’italiano in due modi così differenti?
Ripropongo la questione fondamentale , se non c’è niente da nascondere, perchè le industrie molitorie italiane si ostinano a rifiutare di dichiarare in etichetta la provenienza delle semole e quindi del grano utilizzato ?
Se sottolineano al consumatore l’importanza del la tracciabilità quando in etichetta dichiarano :100% grano italiano , perchè non consentono allo stesso consumatore di sapere quando non è 100% grano italiano quali sono le provenienze e le percentuali dei grani utilizzati ?
A voi la risposta
Dobbiamo uscire dal demagogico concetto che gli Italiani fanno le cose bene e gli altri sono tutti delinquenti o fessi. Non è così perchè ci sono paesi particolarmente vocati per produzioni particolari come per esempio il grano in Canada e il latte in Germania. Del resto non saprebbero produrre del buon vino, delle ottime olive o dei fantastici agrumi ne tantomeno i nostri pomodori. Quello che serve è rendere consapevole il consumatore con le informazioni in etichetta perchè ci possa essere una scelta consapevole se voler comprare un prodotto locale, magari più caro oppure no. Personalmente preferisco comprare prodotti di filiera Italiana preferibilmente Bio, non perchè sono certamente migliori, ma perchè spero di aiutare la nostra agricoltura e il pianeta.
Condivisibile punto di vista ed aggiungo anche che i francesi non si sognerebbero mai di produrre vino champagne con uve importate, o camembert con latte tedesco.
Per i produttori italiani molto meglio utilizzare materie prime nostrane e per chi vuole spaziare che ne indichi chiaramente l’origine.
La pasta italiana è italiana se la è al 100% (materie prime, tecnologia e produzione), altrimenti diventa come il Parmesan ed è un clone!!
Ma poi non è obbligatoria anche la tracciabilità per la sicurezza alimentare? E perché nasconderla al cliente consumatore?
Per i prodotti Doc come lo Champagne e il formaggio Camembert probabilmente en il disciplinare prevede uve e latte locali per la pasta non ci sono obblighi non è un prodotto Dop o Doc. Anche noi il Chianti oppure la Fontina e altri formaggi devono essere preparati con materie prime locali.
Normative a parte, per me e la maggioranza dei connazionali, la Pasta Italiana è italiana al 100%, il resto è solo tecnologia equivalente al resto del mondo ed un marchio privato italiano non è sufficiente a garantirne l’origine.
Perché i cinesi ed i giapponesi la sanno fare anche meglio di noi, ma non con il nostro grano italiano.
Forse per meglio proteggerla andrebbe denominata con le aree di produzione, come ad es. “Pasta di Gragnano”, o “Pasta di Sicilia”, “Pasta Pugliese” e fatta solamente con grani locali.
Giusto giusto ieri la Canadian Food Inspection Agency ha pubblicato questo report:
http://www.cbc.ca/news/health/cfia-report-glyphosate-1.4070275
http://www.inspection.gc.ca/food/chemical-residues-microbiology/food-safety-testing-reports/2017-04-13/eng/1491841075788/1491841076490
http://www.inspection.gc.ca/food/chemical-residues-microbiology/food-safety-testing-reports/2017-04-13/executive-summary/glyphosate-testing/eng/1491846907641/1491846907985