Un ragazzino osserva in piedi dalle rovine di un edificio

Per mesi, i governi occidentali, le grandi testate giornalistiche e buona parte dell’opinione pubblica hanno osservato in silenzio la distruzione della Striscia di Gaza. Ora che il territorio è ridotto a un cumulo di macerie, ora che le fosse comuni si moltiplicano e la fame è diventata un’arma di guerra, qualcosa comincia a muoversi. Tardi, troppo tardi. I grandi media iniziano finalmente a porre domande ai portavoce israeliani, dopo mesi passati a riportare le loro dichiarazioni senza contestualizzazione. Tutto questo denuncia il durissimo articolo scritto da Arwa Mahdawi, columnist del Guardian di origine palestinese che fa molto riflettere sulla situazione attuale. Il testo fotografa il momento attuale: un punto di svolta in cui le condanne formali dell’Occidente iniziano ad affiorare, ma solo dopo diciannove mesi di distruzione sistematica, fame, bombardamenti e massacri.

“Ora che Israele sta eseguendo una ‘soluzione finale’ nella Striscia di Gaza, quando è troppo tardi perché il dissenso possa fare la differenza, il vento sta lentamente cominciando a girare. Ora che Gaza è rasa al suolo, trasformata in fosse comuni e macerie, le persone che hanno taciuto negli ultimi diciannove mesi cominciano lentamente a parlare. Ora che Israele e gli Stati Uniti non provano nemmeno a nascondere di voler svuotare Gaza e la Cisgiordania dai palestinesi, e “prendere il controllo” di tutta la terra, qualche critica comincia ad arrivare.”

Qualcosa inizia a cambiare nel racconto di Gaza

Dopo diciannove mesi di violenze genocide e quasi tre mesi di riduzione alla fame, il Regno Unito ha deciso di definire la situazione ‘vergognosa’. Il Regno Unito, insieme a Francia e Canada, ha minacciato – e sono sicura che i leader israeliani stanno tremando – una risposta ‘concreta’ se le uccisioni di massa e la fame continueranno.

C’è un leggero cambiamento anche nella copertura dei mezzi d’informazione. Invece di limitarsi a ripetere i discorsi del governo israeliano, importanti giornalisti hanno cominciato a chiedere ai portavoce israeliani perché il loro governo non permette alla stampa straniera di entrare liberamente a Gaza.

Tutto questo è troppo poco e troppo tardi. Non riporterà in vita Hind Rajab, uccisa a cinque anni quando 335 proiettili sono stati sparati dai soldati israeliani contro l’auto in cui era intrappolata in preda al terrore. Né gli operatori umanitari assassinati da Israele e sepolti in fosse poco profonde. Non ricostruirà gli ospedali, gli asili, i centri di fecondazione assistita e le università che sono stati sistematicamente rasi al suolo da Israele. Non restituirà gambe e braccia ai bambini di Gaza, che sono il più grande gruppo di bambini amputati al mondo. Non rimedierà ai danni a lungo termine che la malnutrizione e i quasi due anni di privazione della scuola hanno causato a una generazione”.

Immagini satellitari di Gaza 2023-2025, Copernicus
A sinistra Gaza City e Jabalia il 14/06/2023, prima dell’invasione israeliana; a destra Gaza City e Jabalia il 08/06/2025

Il dissenso tardivo come alibi

Secondo Mahdawi, ciò che vediamo oggi è in gran parte un esercizio di autodifesa morale. Critiche di facciata, pronunciate solo ora per costruirsi un alibi: “Così, in futuro, si potrà dire: ‘io qualcosa l’ho detta’”. Ma per diciannove mesi, quei politici e quei giornalisti hanno giustificato, tollerato, legittimato. E oggi si muovono solo quando la distruzione è già consumata. A questo punto, ci si chiede: e noi? Quando le prossime generazioni studieranno Gaza come oggi studiamo Srebrenica o il Ruanda, cosa diremo di aver fatto? Potremo dire di aver alzato la voce?

“E voi cosa direte? Quando le generazioni future leggeranno di Gaza con orrore e si chiederanno come il mondo occidentale, forte della sua superiorità morale, del suo ordine basato sulle regole e della sua attenzione per il diritto umanitario, abbia permesso un genocidio in diretta, cosa direte? Quando le generazioni future sapranno che ci siamo svegliati ogni mattina con i video di bambini bruciati vivi – bombardati con armi pagate anche dai cittadini statunitensi con le loro tasse e giustificate dal mondo occidentale – potrete dire di aver alzato la voce?

Molte persone comuni potranno farlo a testa alta, non sono state in silenzio; hanno usato qualsiasi spazio o privilegio che avevano. Logan Rozos, uno studente dell’università di New York a cui è stata ritirata la laurea perché ha usato il suo intervento alla cerimonia di fine corso per denunciare ‘le atrocità in Palestina’, potrà dire di non essere stato in silenzio. Gli studenti espulsi dalla Columbia University per aver protestato potranno dire di aver messo in gioco il loro futuro in nome della giustizia”.

Chi ha parlato, chi ha pagato

E oggi, davanti all’orrore che ancora continua, la richiesta è semplice: non è troppo tardi per alzare la voce. Non possiamo restituire la vita ai bambini morti, ma possiamo pretendere verità e giustizia. Possiamo contare con precisione i morti. Possiamo smettere di ripetere le cifre ufficiali come pappagalli. Possiamo rifiutare la narrazione tossica della ‘complicazione’, che serve solo a zittire.

Archive******* (INT) International Criminal Court for Israel. April 10, 2021 Gaza, Palestine: A Palestinian child carries his clothes over the rubble of a house destroyed in an Israeli air strike in the southern Gaza Strip. Israel said on Thursday, April 8, 2021 that it would formally reject the International Criminal Court's decision to open an investigation into possible war crimes against the Palestinians. The court is expected to look into possible war crimes committed by Israeli forces and Palestinian militants during and after the 2014 Gaza war, as well as Israeli settlements in the West Bank and East Jerusalem. Picture taken on 13, 2019. Credit: Yousef Masoud/Thenews2.
Ora che Gaza è ridotta a un cumulo di macerie e che la fame è usata come arma di guerra, qualcosa inizia a cambiare nella narrazione

“Alla fine la storia giudicherà tutte queste persone. Ma forse è solo un’illusione. Forse sono ingenua a pensare che, anche se tutti i palestinesi fossero mandati in esilio e Gaza fosse trasformata in un resort con il marchio di Trump, ci sarà una resa dei conti. Dopo tutto, quanti statunitensi o europei conoscono la Nakba? Quanti sanno dell’operazione israeliana ‘Getta il tuo pane’ del 1948 che ha avvelenato l’acqua potabile dei villaggi palestinesi?

Quanti sanno di Rachel Corrie, la giovane attivista di Washington uccisa da un bulldozer israeliano mentre cercava di salvare dalla distruzione le case palestinesi di Gaza nel 2003? Fin dalla Nakba, le voci palestinesi sono state cancellate e le atrocità israeliane minimizzate. Però avrete sentito di ogni atrocità commessa da un palestinese. Vi sarà stato detto più e più volte che tutto questo è cominciato il 7 ottobre 2023. Ora è troppo tardi per una vera giustizia a Gaza. Non potremo mai riportare in vita i bambini morti. Non possiamo cancellare quello che è successo. Ma non è troppo tardi per accertare le responsabilità. Le atrocità devono essere documentate.”

Non è tardi per parlare di Gaza

È troppo tardi per salvare le vite distrutte. Ma non è troppo tardi per raccontare i fatti, per accertare le responsabilità, per smettere di tacere.

“Le atrocità devono essere documentate. I morti a Gaza devono essere contati con precisione. […] Se finora siete rimasti in silenzio, ripetendovi che è un argomento troppo complicato da affrontare, non è troppo tardi per alzare la voce. Quello che sta succedendo a Gaza è diverso dagli orrori che si stanno compiendo in Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo perché, se siete in Occidente, sta succedendo a vostro nome. Sta succedendo con i vostri soldi e con l’aiuto dei vostri leader. […] Il silenzio non è neutrale. E il vostro silenzio non sarà dimenticato. Come disse Martin Luther King Jr: “Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici.””

L’articolo di Arwa Mahdawi è apparso sul Guardian il 22 maggio 2025 e in copertina sul numero 1616 di Internazionale del 30 maggio 2025

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Copernicus

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GIOVANNI PIANETTA
GIOVANNI PIANETTA
12 Giugno 2025 17:32

Uno dei migliori e più incisivi articoli che abbia letto su questa insopprtabile e vergognosa (per noi occidentali) tragedia! I miei complimenti da collega….

AnTonio
AnTonio
12 Giugno 2025 17:33

Le generazioni future non sapranno mai la storia. Così come non la sappiamo noi oggi.
Le guerre, tutte le guerre, sono una sconfitta per l’essere umano.
L’ONU dovrebbe servire a reprimere le guerre e non ad osservarle o intervenire a pace fatta.

Come essere umano chiedo perdono per tutti i morti, i feriti, i danneggiati dalle guerre.
La politica seria non dovrebbe tifare ma essere parte attiva per una soluzione rapida e non mostrare i muscoli tifando.

Arturo Pellegrino
Arturo Pellegrino
14 Giugno 2025 07:52

Noi vogliamo che sia riportato l’elenco delle testate giornalistiche, dei direttori dei giornali dei giornalisti che hanno taciuto, dei capi di governo dei politici e di ogni rappresentante di istituzioni che hanno taciuto, devono essere menzionati alla pari dei “giusti” non dobbiamo permettere che possano più presentarsi senza colpe nei confronti del genocidio dei palestinesi.

Benni
Benni
17 Giugno 2025 16:27

Complicità politiche, silenzi prolungati, falsità divulgate da chi ha il dovere di informare occultando e omettendo i fatti. Il finanziamento pubblico alla stampa che fa da collante alla disinformazione generale. La Politica anche di Sinistra che vota per l’elezione della Signora Ursula a Presidente della Commissione Europea. L’ascesa globale di una destra razzista, incivile, etnocentrica che produce fame per fomentare rabbia sociale e una guerra tra poveri. Soggetti noti e ignoti ignoranti si fanno responsabili volontari dello sterminio di un popolo. Spero, un giorno, le loro mani insanguinate saranno giudicate da un Dio, in ogni caso, ne dovranno dare conto al popolo quando tornerà sovrano.

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