A Gaza il bilancio delle vittime ha ormai superato le 200mila persone, tra morti e feriti. È una tragedia che la comunità internazionale definisce ormai quasi unanimemente come un genocidio. Eppure, in Israele, a pochi chilometri di distanza, nei quartieri eleganti di Tel Aviv la vita scorre tra aperitivi e cene nei locali alla moda, dove a essere protagonisti sono i prodotti del made in Italy.
Il made in Italy al ristorante
Nei ristoranti più rinomati si pranza con spaghetti Rummo conditi con passata di pomodoro Cirio, arricchiti da scaglie di Parmigiano Reggiano. L’insalata è condita con olio extravergine Monini e aceto Ponti. L’acqua minerale servita a tavola è spesso San Pellegrino, San Benedetto o Ferrarelle, mentre le carte dei vini propongono un’ampia scelta di etichette Doc, dal Chianti al Barolo. Anche il caffè viene servito nelle tazzine Illy e Lavazza. Il paradosso è evidente: mentre a Gaza le persone muoiono uccise sotto le macerie, per la fame o per la mancanza di farmaci, a Tel Aviv l’aperitivo è base di Prosecco e di Campari o Aperol.

Nei supermercati
Non si tratta solo di ristorazione di lusso. Anche nei supermercati israeliani gli scaffali dedicati ai prodotti italiani sono ben visibili: Nutella, gli snack Kinder e Ferrero e i biscotti Loacker sono molto apprezzati, mentre la pasta di grano duro made in Italy rappresenta il 45% dei consumi. Ci sono poi le conserve di pomodoro, i formaggi stagionati, l’olio extravergine d’oliva, dolci e vini (vedi elenco più in basso). Tuttavia la lista completa delle aziende che esportano prodotti alimentari è ‘riservata’, gli accessi alle banche dati sono preclusi. Sembra quasi che le imprese italiane non abbiano piacere a fare sapere di commercializzare con questo Paese. L’elenco che vi proponiamo (vedi sotto) è dell’Italian Trade Agency (ITA) dell’Istituto commercio estero italiano (ICE), l’agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ed è datato giugno 2017. Da allora i report non riportano più i nomi delle imprese. Abbiamo cercato in tutti modi di ottenere informazioni più aggiornate ma l’accesso ai siti dei supermercati israeliani è bloccato. Se qualche impresa dovesse aver interrotto le esportazioni verso Israele negli ultimi anni, può comunicarlo alla redazione.
Il cortocircuito simbolico è inevitabile: da un lato le drammatiche immagini quotidiane di devastazione a Gaza, dall’altro i piatti fumanti di spaghetti al pomodoro serviti nei ristoranti di Tel Aviv, con la filiera italiana come garanzia di gusto e autenticità.

Interrompere il commercio con Israele
L’Italia oscilla tra dichiarazioni di condanna e una politica commerciale in costante crescita, che continua a sostenere le esportazioni di cibo e bevande verso Israele. Nulla di illegittimo, ma resta aperta una domanda: che senso ha celebrare l’eccellenza della cucina italiana a Tel Aviv, mentre a poche decine di chilometri si consuma una tragedia umanitaria senza precedenti?
Interrompere la commercializzazione di prodotti alimentari verso un Paese che porta avanti un genocidio alla luce del sole è un segnale di vicinanza al popolo palestinese. Fare mancare nei supermercati e nei ristoranti israeliani i nostri prodotti non fermerà la strage, ma è un modo per fare capire agli israeliani che affamare e annientare un popolo è un gesto inumano. Per le aziende alimentari italiane interrompere le esportazioni di prodotti italiani potrebbe essere un modo per fare sapere di non essere complici.
Elenco delle imprese alimentari italiane che commercializzano con Israele (giugno 2017)
Se qualche impresa dovesse aver interrotto le esportazioni verso Israele negli ultimi anni, può comunicarlo all’indirizzo email: ilfattoalimentare@ilfattoalimentare.it
Aceto balsamico
- Fattorie Giacobazzi
- I Solai
- Leonardi
- Monari Federzoni
Acque minerali
- Acqua Panna
- Ferrarelle
- San Benedetto
- San Pellegrino
- Sparea
Alcolici e birra
- Aperol-Spritz
- Campari
- Grappa Poli
- Martini & Rossi
- Menabrea
- Mistra Pallini
- Moretti
- Nonino
- Stock84
Caffè
- Danesi
- Diemme Caffe’
- Illy
- Lavazza
- Mauro Caffe’
- Sequella
Conserve
- Agromonte
- Callipo
- Cirio
- Italcarciofi
- La Fiammante
- La Nicchia
- Madama Oliva
- Menu
- Mutti
- Rio Mare
- Petti
- Ponti
- Sacchi Tartufi
- Scalia
- Urbani Tartufi
Dolciumi
- Antonio Mattei
- Balocco
- Bauli
- Deseo
- Ferrero
- Fabbri
- Loacker
- Nappi
- Novi
- Paluani
- Pan Ducale
- Perugina
- Vincenzi
Olio extravergine
- Cirio
- De Cecco
- Monini
- Olitalia
Paste alimentari e farine
- Barilla
- Caputo
- De Cecco
- Del Verde
- La Grande Ruota
- Le Veneziane
- Liguori
- Molino Spadoni
- Morelli
- Pivetti
- Rummo
- Rustichella
- Filotea
- Taralloro
Prodotti lattiero-caseari
- Latteria Sorrentina
- Parmareggio
- Sterilgarda
Riso
- Acquarello
- Riso Gallo
- Riso Scotti
- Principato di Lucedio
Vino
- Altesino
- A Mano
- Ameradori
- Azienda Agricola Poliziano
- Barone Ricasoli
- Borgo Convento
- Boscarelli
- Ca’ di Valle
- Ca’ Vescovo
- Canti
- Carpineto –Dogajolo
- Cesari
- Codici
- Donnafugata
- Fattoria dei Barbi
- Fonterutoli
- Gabriele Cantine
- Gaja i
- Marchesi Frescobaldi
- Masi
- Mauro Molino
- Mazzei
- Nino Negri
- Ottella
- Pasqua
- Pio Cesare
- Planeta
- Poggio al Tesoro
- Re Manfredi
- Ricossa
- Ruffino
- Tedeschi
- Tenuta dell’Ornellaia
- Tommasi
- Tormaresca
- Vietti
- Villa Giovanni
- Villa Locatelli
- Villa Sandi
- Zisola
Aggiornamento del 23/09/2025
L’azienda Marabissi ci ha comunicato che dal 2018 non commercializza più con lo stato di Israele.
Aggiornamento del 29/09/2025
Granoro, in un comunicato a Il Fatto Alimentare, fa sapere che “la nostra azienda non esporta in Israele e, da alcuni anni, non intrattiene rapporti commerciali con clienti in Israele.”
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Mi vergogno del mio Paese. Non avrei mai pensato che avremmo raggiunto queste vette di disprezzo della vita umana e dei diritti civili. Mamma mia!!
Non sono d’accordo con l’articolo. Premesso che considero un atroce genocidio ciò che Israele sta attuando, non giustifico questa gogna rispetto alle aziende alimentari italiane che producono e vendono (questo è ul loro mestiere) anche a Israele facendole passare per complici di ciò che sta accadendo. Questa lista dei cattivi in grassetto, aggiornata al 2017!, con richiesta di smentita, è veramente ridicola. Ma veramente ci state chiedendo di boicottare gli acquisti dei prodotti di queste aziende? Ma lo sapete quanto costa alle aziende riuscire a fidelizzare un cliente? Se non saranno le aziende italiane a vendere in Israele, ce ne saranno altre che non vedono l’ora di farlo. Chi dovrebbe prendere veramente posizione è il governo, che ad oggi, sta vergognosamente facendo scena muta.
Il nostro non è un articolo destinato a sollecitare il boicottaggio , ma un invito alle singole aziende a interrompere i rapporti commerciali con un Paese accusato di portare avanti da mesi un genocidio.
mi sembra illogico fornire a noi lettori la lista delle ditte fornitrici di prodotti alimentari ad israele per aderire all’invito loro rivolto di interrompere le forniture. Ovviamente viene intesa come lista di proscrizione per le quali l’unica possibilità di noi lettori è quella di boicottarle.
Infatti tutti i commenti esprimono questo sentimento.
Una preghiera: anche se esorbita dal vostro campo alimentare, rivolgete un forte invito alle industrie che forniscono armi e prodotti bellici ad israele di interrompere le forniture
Noi ci occupiamo di food
La logica in un giornale è quella di informare. Certe volte sono solo dati, ma pure quelli sono informativi.
condivido. Non sono le imprese italiane (escluse quelle fornitrici di armi che sono quelle che dovrebbero interrompere le forniture) ad essere additate come sconvenienti fornitrici di prodotti, bensì le imprese israeliane che esportano i loro prodotti in Italia per boicottarle.
Appunto, non sono da penalizzare le aziende italiane che già per altri motivi sfiorano la crisi (dazi Trump, tasse e quant’altro) ma bloccare l’importazione di prodotti israeliani questo si…. E comunque si vede dalle risposte date che la persona comune che fa la spesa tende a tenersi stretto l’elenco delle aziende citate per boicottarle e questa non è assolutamente la strada da prendere, è un’azione controproducente, pensate di più alle conseguenze che si avrebbero nel nostro paese, per esempio per i lavoratori dell’industria, e in generale per la nostra economia.
Visto che i governi non intervengono la società civile deve e può agire . Questo sta accadendo e le aziende sono chiamate a fare delle scelte
sono d’accordo con quello che scrive pur non appoggiando la politica israeliana e le loro azioni di distruzione e di occupazione del territorio palestinese, le aziende italiane citate hanno anche la responsabilità di mantenere i lavoratori e le loro famiglie, viceversa perderebbero il posto di lavoro, sarebbero fortemente a rischio cassa integrazione!!!
L’Italia si dimostra il solito paese di ignavi con la schiena sempre piegata verso i potenti. Quando si rileggerà la storia, ci troveremo dalla parte sbagliata, odiati da mezzo mondo.
Grazie per la lista. Aggiornerò i prodotti da boicottare
Il nostro non è un articolo destinato a sollecitare il boicottaggio , ma un invito alle singole aziende a interrompere i rapporti commerciali
Nel ringraziarVi per la guida all’ acquisto, ho salvato l’articolo ed in futuro vedrò di comprare al mio meglio i prodotti
Condivido in pieno il content di Fabnrizio
occorre fare pressione sulle aziende che esportano in Israele affinché sospendano
tali invii e ridurre gli acquisti dei loro prodotti i Italia
Ringrazio per le preziose informazioni. Penso che sia importante sapere e conoscere la realtà dei fatti, poi ognuno di noi farà i conti con la propria coscienza!
grazie ancora
Inoltre alla Coop di borgo virgilio Mantova ho visto di persona confezioni di arachidi che riportavano solo l’azienda che e’ di Cremona che confeziona queste arachidi che sono di provenienza israeliana. Questo per dire come camuffano e non rispettano la legge che obbliga il paese di origine del prodotto. Questo accade alla Coop che ha dichiarato di escludere prodotti provenienti da israele. Approvo completamente il vostro servizio almeno un giornalismo vero su come stanno le cose scoperchiando la vergognosa falsita’ e ipocresia che circonda i cittadini.
approvo assolutamente il vostro servizio
Una sola parola: VERGOGNA!
Molte grazie dell’informazione. Saprò come regolarmi con diversi prodotti della lista che acquisto regolarmente. Ancora grazie
più che demonizzare le aziende che esportano in Israele, sarebbe utile un elenco di prodotti israeliani da non comprare più (es pompelmi)
Buongiorno,
Sono vs sostenitrice e avida lettrice .
Sono una mamma che quando vede le atrocità che vengono inflitte al popolo palestinese fatica , come in questa lettera , a trovare gli aggettivi giusti per esprimere il dolore , il senso di impotenza immenso che provo.
Premettendo che non voto da oltre 10 anni perché non ritengo vi siano politici all’altezza dell’incarico , quindi mi ritengo “libera”, provo in questi ultimi giorni , vergogna di essere italiana ; non voglio in nessun modo che non sia chiara a cristallino il mio dissenso contro Israele.
Non posso però esimermi da esprimere il mio dissenso di fonte alla vostra iniziativa.
Queste aziende sono già duramente colpite dai dazi e pretendete che rinuncino ad altro entroiti, in particolare ci sono nella elenco anche piccole aziende . Non ho dubbi che Ferrero possa far fronte al fatturato di Israele ma un piccolo produttore ?…
francamente mi sorprende che abbiate lanciato una proposta simile.
La mostra iniziativa è una sorta di auspicio. La guerra non finirebbe, ma di fronte un genocidio continuare a vendere vino, caffè, liquori , pasta e pomodoro al Paese responsabile è forse poco etico.
A mio modesto parere si dovrebbe “rovesciare” il concetto. La lista “di proscrizione” dovrebbe essere delle aziende Israeliane che vendono in Italia i loro prodotti. Sono le aziende Israeliane che dobbiamo “colpire” (e affondare) non “affondare” le aziende italiane. Non bisogna tagliare il ramo sul quale siamo seduti.
Oltre a pensare alla nostra “cadrega” però, ogni tanto, bisogna pensare al mondo e alle relazioni che sostengono tutte le “cadreghe” sulle quali siamo seduti.
Per fermare questa tragedia, il genocidio di un Paese di un altro Paese, ognuno può fare qualcosa. Dal consumatore all’imprenditore, dalla catena di supermercati all’artigiano, dal medico al costruttore, dal Governo agli enti locali. Questa è la nostra priorità. Ogni valutazione economica, calcolo, bilanciamento di interessi, analisi delle conseguenze e valutazioni di ipotetici rischi dev’essere lasciata momentaneamente da parte.
Va agito solo l’aspetto umanitario e di riduzione del danno per la popolazione civile.
Questo è il compito di chi ha coscienza.
Sarebbe utile per noi consumatori il discorso inverso , cosa produce Israele per boicottare e non comprare.
Esiste un app chiamata “No thanks” che, scannerizzando i codici a barre, ci informa se l azienda, di qualunque paese essa sia,commercia con Israele.
Intanto Vi ringrazio per la pubblicazione dell’ elenco, ma temo che dal 2017 le aziende che fanno affari con Israele siano non solo NON diminuite ma piuttosto aumentate. Nel mio piccolo eviterò di acquistare i loro prodotti. Invito anche gli altri a fare altrettanto, e il mio è un invito al boicottaggio! Quanto alle affermazioni del sig Sergio L., dire ” se non lo faccio io (azienda) lo farà qualcun’altra ” è un ottimo modo di fare il Ponzio Pilato. Al contrario se un’ azienda rinunciasse pubblicamente al commercio con un paese genocida sono convinta che ne ricaverebbe un beneficio in termine di immagine e quindi di vendite altrove
Gentilissima, evidentemente anche lei, come me e altri lettori che hanno commentato, ha frainteso lo scopo dell’articolo che non è quello di boicottare le aziende italiane coinvolte (nel 2017). Forse, com suggeriscono molti lettori, sarebbe il caso di boicottare le aziende che da Israele vendono in Italia.
Per contro l’unica cosa che può fare il consumatore italiano è boicottare gli acquisti di prodotti di queste Aziende che senza nessun senso civico commercializzano con uno Stato guerrafondaio e una popolazione complice (l’assenso a Netanyahu è sempre molto alto).
Bravo Roberto giustissimo scrivere chi continua a fare affari con un paese che sta attuando impunemente un vero e proprio genocidio e condanno quelle imprese che accecati dal Dio denaro continuano a fare affari. Come consumatori abbiamo la possibilità di boicottare queste aziende e se lo facciamo subito e in tanti si potranno rivedere
Potreste scrivere alle aziende e riportare la loro risposta in modo da restringere un po’ il cerchio?
Abbiamo scritto a 15 aziende senza ricevere risposte
In questo caso vale il silenzio-assenso…