I Gas (Gruppi di acquisto solidale) sono composti da persone e famiglie che condividono l’acquisto di alimenti e di altri prodotti. Il meccanismo si basa  su  principio di risparmiare sulla spesa scegliendo  aziende più piccole, attente ad aspetti ambientali e sociali. La differenza con i gruppi di acquisto tradizionali sta proprio nella filosofia della spesa etica.

 

Ci sono alcuni principi comuni a tuti i Gas, come la scelta di piccoli produttori, la qualità del prodotto di stagione non soggetto a maturazione forzata, la preferenza verso il biologico, la scelta di prodotti “a km zero” per ridurre il trasporto della merce, la selezione di prodotti del commercio equo e solidale quando si comprano alimenti non coltivati in Italia.

 

Negli ultimi anni il fenomeno GAS  è cresciuto in modo esponenziale e  oggi si contano circa 160.000 aderenti. La rivista Altroconsumo nel mese di maggio  ha condotto un’interessante analisi sui fornitori di alcuni gruppi di Milano e Roma.

 

Nel ruolo di nuovi adepti i redattori della rivista hanno acquistato frutta, verdura, carne e formaggio che poi sono stati  sottoposti all’analisi da parte di  esperti per valutare la qualità, l’igiene e la presenza di pesticidi e farmaci.

 

Ecco alcune  problematiche rilevate. Nel caso della frutta è emerso che alcuni prodotti venduti come bio non erano etichettati come tali, per esempio 3 campioni di uva su 9 avevano residui di pesticidi non ammessi nella frutta  biologica.

 

La verdura è stata penalizzata per l’eccessivo scarto, anche se il motivo poteva essere dovuto al cattivo stato di conservazione. La valutazione della freschezza e del grado di maturazione si è rivelata “poco più che soddisfacente”.

 

Per la carne, la filosofia deo GAS  è che sia  garantita la vendita di tutte le parti dell’animale, non solo quelle più pregiate  (filetto, scamone). Anche in questo caso, pur essendo di produzione biologica, la certificazione non sempre è segnalata in etichetta: secondo l’indagine, non tutte le fasi della filiera seguivano i parametri previsti dalla legge per ottenere la certificazione.

Di positivo c’è da dire che nelle carni analizzate non sono state rilevate tracce di farmaci.

Punto negativo il taglio: in alcuni casi le fettine risultano troppo sottili e tagliate in modo non omogeneo.

 

Sui latticini, l’indagine è stata compiuta su formaggi freschi alal ricerca di problemi igienici. Alcuni latticini erano etichettati bio, altri erano venduti come bio senza certificazione. In un caso sono state trovate quantità elevate di un batterio che indica scarsa igiene probabilmente per l’impiego di latte crudo, in  un altro  è stato trovato un valore elevato di aflatossine.

 

Nonostante qualche problema, che ha interessato solo una parte dei fornitori dei GAS, prevalgono gli aspetti positivi come: l’attenzione verso le realtà dei piccoli produttori e verso l’ambiente, l’abitudine di  mangiare frutta e verdura di stagione, così come i tagli di carne inusuali. C’è poi l’aspetto economico rispetto ai prezzi dei  prodotti bio in commercio (il vantaggio  decade in molti casi se il confronto viene fatto con la merce convenzionale).

 

La conclusione dell’indagine è chiara: le persone coinvolte in questi progetti devono prestzre più attenzione verso i fornitori. Un Gas deve pretendere, oltre alla qualità come è ovvio, anche la trasparenza delle informazioni su aspetti come la produzione e la provenienza.

 

I consigli della rivista :

– valutare bene la spesa per evitare sprechi;

– rispetto al supermercato, la spesa di un Gas permette di ridurre il numero di imballaggi e quindi di materiale da smaltire. Certi alimenti però, come patate o carote, potrebbero essere sporchi di terra, e quindi andrebbero venduti separati in sacchetti di carta;

– i sacchetti di carta consentono una migliore traspirazione di frutta e verdura;

– indicare in modo chiaro nel listino  le caratteristiche dei prodotti;

– specificare bene  la provenienza di frutta e verdura   per accertare che sia a km zero e bio;

– chi compra volumi significativi di carne dovrebbe sapere se arriva sottovuoto o semplicemente incartata, quanti pezzi sono e in che porzioni…

– preferire il confezionamento sottovuoto.

Luca Foltran

Foto: Photos.com

0 0 voti
Vota
9 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Giulio
Giulio
12 Maggio 2012 09:19

Non è affatto strano il ritrovamento di aflatossine nel formaggio. Le vacche ingeriscono le aflatossine con i foraggi contaminati, le metabolizzano ad M1 ed esse si accumulano nel latte (e quindi anche nei derivati).

Annamaria Colombo
Annamaria Colombo
12 Maggio 2012 00:00

Mi sembra strano il ritrovamento di aflatossine nel formaggio, non sono tipiche di cereali, spezie, cacao., ecc…?

Roberto La Pira
Roberto La Pira
12 Maggio 2012 06:26

Quelle di cui parla lei sono le micotossine.

Benito Mantovani
Benito Mantovani
14 Maggio 2012 17:08

Io credo che Altroconsumo abbia svolto un ottimo servizio ai consumatori, mettendo in evidenza che la qualità, la stagionalità e la sicurezza sanitaria delle produzioni biologiche e/o a km 0, acquistate dai Gas, non possono identificarsi nel contadino venditore. La qualità oggettiva, come la sanità delle produzioni, vanno dimostrate con analisi di laboratorio. Pertanto, visti i continui scandali riguardanti le sofisticazioni e le adulterazioni delle produzioni agroalimentari, parlare di qualità e di sicurezza, senza avere la documentazione necessaria a supporto, è come parlare di aria fritta. Con tutto il rispetto per le persone dei Gas in buona fede, coloro che difendono a spada tratta le produzioni biologiche e a km 0, mi fanno ricordare quella signora che, presentandosi davanti al marito con un cappellino nuovo, gli chiede: come mi sta? E lui di rimando: ti sta bene, così unâ

Andrea Tibaldi
Andrea Tibaldi
17 Maggio 2012 07:07

I GAS non sono mai decollati e secondo me a ragione. Vorrei anche segnalare la bufala del "km zero". Qui da noi c’è un piccolo GAS che compra cibi anche da molto lontano (che la ns zona non ha produttori a sufficienza), e la gente deve andarseli a prendere in un punto di raccolta percorrendo decine di km in auto che moltiplicate per il num di persone fanno centinaia di km con un inquinamento spaventoso. Se andassero al supermercato vicino casa sarebbe molto meglio… E i tagli "inconsueti" li trovano anche lì… E gli stessi partecipanti magari lavorano a 50 km dall’abitazione invece di abitare vicino al lavoro come sarebbe ovvio e salutare anche per loro stessi.
I selezionatori dei prodotti spesso non sono esperti gastronomi, in grado di valutare proprietà organolettiche e salutistiche dei prodotti. Il quadro non è dei migliori e Altroconsumo semplicemente lo conferma. Ovviamente questa non è la regola ma ho visto anche realtà qualitative fallire perché la gente dopo un po’ si stufa.

daniele tibi
daniele tibi
17 Maggio 2012 12:08

SOno d’accordo. Credo che il semplice fatto di scegliere una fattoria vicina anzichè il supermercato, garantisce sulla provenienza, ma non sempre sulla qualità. Chi lo dice che il contadino lavora bene solo per il fatto che è un contadino? Servono esperti per aiutare i consumatori a scegliere. Mi viene in mente il pesce o il miele, chi sa dire quale sia il pesce più sano o sostenibile? Chi sa dire se il miele sia biologico o meno? Purtroppo i GAS spesso non possono pagare esperti per fornire questo servizio, perchè lo statuto nn glielo permette, beh, io credo che questo andrebbe rivisto perchè farebeb fare al GAS un grande salto di qualità!

Antonio
Antonio
19 Maggio 2012 02:42

…io ringrazio chiunque parli dei Gas, anche con proposte critiche, ma soprattutto debbo ringraziare chi, come me da 13 anni, fa parte dei Gas!
Non escludo che i miei amici di Roma e Milano, se analizzassero al microscopio e chimicamente le derrate ecc.., non possano trovare qualche sostanza non attinente al bio.. ma mi chiedo, siam certi non sia dovuto all’eccessivo inquinamento di inceneritori, tra Milano e Roma ci sono "termovalorizzatori" e discariche che inquinano per km e km…
Ma se eccezionalmente qualche prodotto non è puro 100% nel bio, nel convenzionale cosa mangiate?? Poi vorrei porre all’attenzione di chi, e vedo sempre che son la maggioranza anche a me vicini come amici parenti e colleghi lavoro, non è nei Gas ma sapete che il 99% dei contadini aziende agricole e produttori Gasisti sono "quasi sempre" tra i fondatori o soci au parie del Gas di appartenenza?? Sapete che è quasi impossibile che gli interessi del produttore siano antitetici o dissimili da quelli dei Gasisti aderenti?? Da noi Etica Sostenibilità Tolleranza Serietà Competenza Trasparenza Rispetto Ambientale Impegno a limitare Impronta Ecologica Perseveranza nella Decrescita Felice Condivisione sono basilari insiti nel dna costitutivo e partecipativo del Gas.. Non escludo che anche da noi qualche "furbo" possa esserci, ma questo attiene al genere umano; e da noi questa probabilità è infinitesimale rispetto alla quotidianità pervasa da truffe alimentari e speculative…Vi prego provate per almeno due anni ad aderire ad un Gas provinciale o comunale vicino a voi, troverete una riccheza umana culturale e sociale che io non trovo più da nessuna parte… nemmeno le parrocchie di una volta esistono più!!! E Dio è morto!!
Io non sarò laureato in Enogastronomia e non sarò un chimico, ma sfido chiunque lo sia a degustare con me bendati prodotti convenzionali ogm o pieni di conservanti e prodotti biodinamici ed autoctoni di un territorio; io son certo di discernere gli uni dagli altri con tolleranza errore del 5%; ma avete mai degustato un parmigiano biodinamico, dove senti quasi le erbe del pascolo delle mucche, 36-40 mesi o un vino con infinitesimali solfiti poiché biodinamico che ha delle essenze in retrogusto peculiari che riconosci l’identità di ogni vitigno?? O latticini di animali non stallati in un metro quadro ma stato brado e munti a mano?? O carne di maiale tipo cinta senese o vitello marchigiano o chianina che ricorda i sapori della nostra infanzia rurale?? Per chi l’ha avuta!! Vogliamo parlare di farine tipo 1, non la 00 che è dannosa per intestino, di varietà solina saragolla farro ecc. che quando ci fai pane o pasta rimani senza parole??
Forse per qualcuno sarà effetto placebo, ma dalle certezze di contaminazioni varie che quotidianamente si hanno negli alimenti convenzionali, che magari vengono da 4-5000 km quando va bene, e che non sai nemmeno la varietà o cosa c’è dentro, noi preferiamo sostentare agricoltura locale e le varietà delle culture di ciascun territorio.. E vi assicuro che dal sapore vero l’effetto placebo è quasi ininfluente!! Gasistamente vi auguro possiate conoscerci… ma da dentro!! Antonio

Benito Mantovani
Benito Mantovani
20 Maggio 2012 09:45

Caro Antonio, la qualità oggettiva delle produzioni va documentata con analisi di laboratorio. La bontà di un alimento è soggettiva, pertanto non può essere codificata. La filosofia ( biodinamica)potrà anche convincere qualche credulonei, ma non per questo potrà mai surrogare la realtà. Dare suggerimenti soggettivi e non comprovati da dati oggettivi può essere deleterio per il consumatore ignaro. Non crede signor Antonio?

Franco
Franco
25 Maggio 2012 17:06

Caro Benito, e cari tutti quelli che hanno apprezzato questo articolo, vorrei associarmi a Antonio nell’invito a "vivere" per un periodo congruo la vita di un gasista, partendo dalla constatazione che di scientifico l’inchiesta aveva poco, o, meglio, che la significatività statistica di quanto testato mi sembra abbastanza ridotta per dedurre giudizi generali sull’esperienza dei GAS in Italia e per azzardare decaloghi. Altre inchieste della rivista,a mio parere, avevano un maggiore impegno nella verifica dei dati e anche nelle conclusioni. C’è ormai un’ampia bibliografia sui GAS e ci sono molti modi di verificare la qualità dei prodotti acquistati dai GAS. Nel mio GAS acquistiamo solo prodotti biologici certificati, proprio perchè non vogliamo/possiamo trasformarci in un ente certificatore, conoscendo tutti i limiti della certificazione (e anche delle analisi spot). Ma credo che, non avendo limite la perfezione, lo sforzo di innescare un processo collettivo di miglioramento dei consumi a 360 gradi è comunque un merito dei GAS, a fronte delle distorsioni conclamate e a volte eticamente ripugnanti del sistema di produzione/distribuzione prevalente. E lo sforzo dura solo da poco più di 10 anni.