Per via della dieta senza glutine i celiaci assumono livelli di fumonisine molto più elevati rispetto alla popolazione. Stiamo parlando di tossine derivate da funghi che contaminano il mais e di conseguenza anche anche i prodotti derivati. Lo dicono i risultati di un recente studio italiano condotto da un’équipe di ricerca guidata dalla chimica degli alimenti Chiara Dall’Asta e dalla nutrizionista Nicoletta Pellegrini, del neonato dipartimento di scienze degli alimenti dell’Università di Parma. Secondo Pellegrini, però, non bisogna allarmarsi troppo: «I dati ottenuti non descrivono una situazione grave o rischiosa, ma suggeriscono che, per precauzione, sarebbe meglio abbassare i limiti di fumonisine consentiti nei prodotti per celiaci».
La celiachia è una condizione caratterizzata da un’intolleranza permanente al glutine, complesso proteico presente in diversi cereali come frumento, farro e orzo, ma assente in mais e riso. L’unica terapia disponibile è una dieta priva di glutine: per questo i celiaci ricorrono a grandi quantità di alimenti a base di mais (non solo farina per polenta e corn flakes, ma anche pasta, crackers, biscotti, dolci).
Il problema è che spesso il mais risulta naturalmente contaminato da tossine come le fumonisine, che sembrano avere effetti tossici. Per questo motivo esistono dei limiti a livello internazionale per varie tipologie di prodotti e anche un apporto massimo giornaliero, pari a 2 microgrammi per kg di peso corporeo. E per questo è fondamentale verificare l’apporto effettivo di fumonisine con la dieta.
Nello studio realizzato da Pellegrini e colleghi si è valutato il contenuto di fumonisine in 118 prodotti alimentari etichettati come senza glutine, che nella grande maggioranza dei casi (105) hanno mostrato un certo livello di contaminazione. Solo due però – una farina istantanea per polenta e una confezione di corn flakes – hanno mostrato una contaminazione superiore a quella prevista per legge. «La presenza di queste micotossine sul mais è inevitabile – commenta la nutrizionista – per cui possiamo considerare buono il risultato dell’analisi, anche se è vero che i due alimenti dovrebbero essere sanzionati. La cosa importante è però capire cosa succede alle persone celiache costrette a mangiare molti prodotti gluten-free».
Per scoprirlo, i ricercatori hanno chiesto a 80 volontari – 40 celiaci e 40 controlli sani – di tenere per 7 giorni un diario accurato dei pasti consumati indicando quantità e qualità dei cibi e delle bevande, nome dei produttori ecc. A partire da queste informazioni, Pellegrini e colleghi hanno calcolato l’apporto quotidiano di nutrienti e di fumonisine per ciascun partecipante.
Sul fronte tossine si è scoperto che, in media, i celiaci assumono 0,395 microgrammi di fumonisine per kg di peso corporeo, contro gli 0,029 microgrammi dei controlli. In pratica, più di dieci volte tanto. «Certo siamo ancora sotto i livelli tollerabili di assunzione quotidiana, ma attenzione: parliamo di una media, quindi ci sono persone che si collocano ben sopra questo dato», spiega l’esperta. In un caso, per esempio, si è registrato un apporto quotidiano pari a 1,94 microgrammi per kg, molto vicino alla soglia massima consigliata.
È chiaro che il campione analizzato è troppo piccolo per trarre conclusioni definitive valide per tutta la popolazione italiana, e infatti lo stesso gruppo di ricerca sta allestendo un secondo studio, analogo ma più ampio, con 150 celiaci. Un’indagine simile la sta conducendo anche l’Associazione italiana celiachia in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità su un campione di 200 celiaci e 200 controlli. «Nel frattempo crediamo che sia già il caso di chiedere alle istituzioni di rivedere al ribasso i livelli di fumonisine consentite negli alimenti per celiaci», afferma Pellegrini, secondo la quale un’attenzione particolare nei confronti di questi prodotti è necessaria per due motivi: «Perché la dieta è l’unica terapia disponibile e perché gli alimenti in questione sono molto costosi, quindi è giusto pretendere che siano sicuri oltre qualunque possibile dubbio».
Non solo fumonisine, però. Lo studio ha evidenziato anche un altro dato interessante e cioè che, in media, la qualità nutrizionale dell’alimentazione dei celiaci è peggiore di quella dei controlli sani. Gli intolleranti al glutine del campione hanno mostrato una dieta più ricca di grassi (per via di un maggior consumo di formaggi e dolci) e decisamente più povera di vegetali, con conseguente ridotta assunzione di folati e beta-carotene. Alcuni autori suggeriscono che sia una normale reazione alle restrizioni imposte dalla celiachia. Rimane il fatto che, al di là di eventuali micotossine, quello della qualità generale della propria alimentazione è un aspetto su cui i celiaci (ma a dire il vero anche le persone non intolleranti) potrebbero lavorare da subito.
Valentina Murelli
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Esattamente ciò per cui il mon810 è stato creato, zero piralide zero fumonisine!!
(Almeno fino a quando non insorgerà la resistenza, cosa che è solo questione di tempo)
Bisogna sostenere la causa di Fidenato e degli altri maiscoltori per poter piantare questo mais ogm anche da noi, almeno chi soffre di celiachia avrebbe l’opportunità di scegliere un prodotto più sicuro del mais convenzionale o di quello biologico dove i livelli di fumonisine sono troppo alti!
Non so quanto attendibile ma vale la pena essere informati.
Bacioni
ric
se c’è il problema, bisogna trovare subito un’alternativa sui prodotti di mais…… e cerchiamo di un accantonare la notizia. grazie