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Secondo l’avvocato ” il reato di cattivo stato di conservazione è potenzialmente applicabile a qualunque situazione opinabile dal punto di vista igienico, prescindendo da considerazioni concrete

Il problema vero è che la legge italiana parla di “cattivo stato di conservazione” in termini generici, senza definirlo chiaramente, mentre la normativa europea fa riferimento per quanto riguarda la sicurezza alimentare ai manuali Haccp (Hazard Analysis and Critical Control Points), un protocollo che analizza l’intero processo produttivo identificando le criticità e definendo le pratiche corrette e le procedure di controllo. «Sono due impostazioni completamente diverse, l’effetto pratico di questa situazione è che spesso si dedica grande attenzione ai dettagli perdendo di vista i problemi reali. E i manuali Haccp, che dovrebbero essere uno strumento concreto per tutelare i consumatori, restano in molti casi solo un costo burocratico».

 

Allo stato, purtroppo, il reato di “cattivo stato di conservazione” è potenzialmente applicabile a qualunque situazione opinabile dal punto di vista igienico, prescindendo da considerazioni concrete, come l’ovvia constatazione che l’aria inquinata non si ferma sulla porta dei negozi. A rischio di concentrarsi sulle formalità perdendo di vista le situazioni che sono davvero potenzialmente pericolose per i consumatori. «La speranza – conclude Pisanello – è che il clamore attorno a questa vicenda aiuti a definire il concetto di “cattivo stato di conservazione” tenendo conto dei rischi effettivi e delle misure che devono essere messi in atto prima di tutto dagli operatori del settore alimentare».

 

Paola Emilia Cicerone

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Foto: Thinkstockphotos.it

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mauro
mauro
20 Marzo 2014 05:49

Dando per scontato che bisognerebbe leggere bene la sentenza, trovo inquietante che si definisca “in cattivo stato di conservazione” la frutta esposta all’esterno dei negozi. Come giustamente sottolineato nell’articolo, l’aria inquinata non si ferma solo sulla porta del negozio, ma non si ferma nemmeno davanti alla porta della serra e tanto meno nei campi dove è stata coltivata.
E, appunto, se si fosse fatta un’analisi dei pericoli, a quale rischio è sottoposta la frutta esposta qualche ora all’esterno del negozio, rispetto al tempo in cui è stata esposta all’aria (non certo pura e priva di inquinanti) neel periodo della coltivazione?
Chiaramente la corte di cassazione (probabilmente sulla base dei pareri di qualche “esperto”) non è stata in grado di dare un parere valido. Ma, peggio, si conferma che i NAS, molto spesso, non hanno nessuna base relativa alla formazione sulla sicurezza degli alimenti, l’HACCP, la legislazione, ecc. ecc. Probabilmente non è molto “politically correct” da dire, ma è la verità!