In Francia, un agnello ogm è finito in tavola, ma non si sa dove: l’animale geneticamente modificato è stato fatto uscire da un centro di ricerca
In Francia, un agnello ogm è finito in tavola, ma non si sa dove: l’animale geneticamente modificato è stato fatto uscire da un centro di ricerca
Beniamino Bonardi 26 Giugno 2015In Francia, un agnello geneticamente modificato con una proteina di medusa è entrato nella catena alimentare. Il fatto risale all’autunno 2014, ma la notizia è stata data ieri dal quotidiano Le Parisien e confermata dall’Inra, l’Istituto nazionale di ricerca agronomica, che sta conducendo uno studio medico sull’infarto. L’Inra, che rassicura sull’assenza di rischi sanitari, ha informato l’autorità giudiziaria attribuendo l’accaduto al comportamento di due dipendenti dell’Istituto.
Nel 2010, in un laboratorio dell’Inra, nell’ambito di una ricerca sul trapianto in caso d’insufficienza cardiaca, fu inserita in un agnello una proteina della medusa. Questa ha il potere di rendere le cellule fluorescenti, cosa che può facilitarne il trapianto dopo un infarto miocardico. Nella primavera del 2014, questa pecora partorì un agnello, chiamato Rubis, che in agosto fu inviato a un macello, in violazione del divieto previsto dal Codice dell’ambiente. Da lì venne poi venduto il 28 ottobre. L’Inra, venuto a conoscenza del fatto il 5 novembre, ha condotto un’indagine amministrativa, da cui sono emerse tensioni e disfunzioni nella struttura in cui era ospitato l’agnello Rubis. Il 15 giugno, tutte le informazioni sono state trasmesse all’autorità giudiziaria.
Benoît Malpaux, direttore del centro dell’Inra di Jouy-en-Josas, ha dichiarato che si tratta di fatti “inaccettabili, che richiedono la massima severità. Siamo un istituto di livello mondiale e non possiamo tollerare un simile comportamento”.
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Complimenti per il titolo dell’articolo!Cercavo di immaginarmi come potesse essere un agnello-medusa (mi ricorda tanto la fragola-pesce) ma non ci sono riuscito, però sono riuscito a controllare se ero effettivamente sul sito de Il Fatto Alimentare oppure su quello di Voyager, o di Oggi (con il massimo rispetto).
titolo cambiato
più che sul titolo originale, che non ho avuto il tempo di vedere, io starei sulla gravità dell’episodio raccontato che, in un Paese dove gli ogm non sono ammessi per legge nella catena alimentare, palesa tutti i rischi temuti per una frequentazione, quella sperimentale entro confini che dovrebbero essere sorvegliatissimi e blindati, che sembra rappresentare una via obbligata verso la modernità, al passo con gli altri Paesi più evoluti. mala tempora currunt e, tra le varie ombre, c’è da mettere nel conto anche questi pericoli già forse presenti sulle nostre tavole, in barba alle leggi vigenti, che potrebbero essere ulteriormente rafforzati da accordi europei con le multinazionali degli ogm d’oltre atlantico (leggi TTIP). nessuna meraviglia che le fila dei consumatori bio tendano ad ingrossarsi, creando nuove opportunità (ma anche nuovi problemi)…