Un fattorino del food delivery con zaino termico su un motorino per strada

Negli ultimi anni, e con una grande accelerazione dalla pandemia in poi, il food delivery è esploso in tutto il mondo, modificando le abitudini alimentari di milioni di persone. Ma che cosa c’è dietro? Chi paga i prezzi più salati della disponibilità di qualunque alimento 24 ore su 24 a prezzi bassi o bassissimi, a prescindere dalle distanze, dal numero di consegne, dalle condizioni meteorologiche e da altri fattori che fino a pochi anni fa avrebbero reso impossibile ricevere a casa un pasto caldo entro pochi minuti dall’ordine?

Per rispondere a questa domanda e descrivere il food delivery dall’interno, due ricercatori della Concordia University di Toronto, uno dei quali a sua volta in passato ha fatto il rider per pagarsi gli studi, hanno intervistato in modo piuttosto dettagliato trenta addetti alle consegne di Montréal e Toronto, scoprendo una realtà in parte nota, ma comunque assai poco confortante.

Vita da rider

Come hanno raccontato sulla rivista Journal of Canadian Labour Studies, e come prevedibile, le risposte hanno mostrato infatti che la stragrande maggioranza di chi fa il rider (in questo caso per Uber Eats) è di origine straniera, quasi sempre immigrato di prima o seconda generazione, spesso non legale. A Toronto ve ne sono di più provenienti dal Sud Est asiatico, mentre a Montréal dall’Africa e dai Paesi caraibici francofoni.

In entrambi i casi, si tratta molto spesso di studenti o di persone che hanno un ottenuto un titolo di studio nel loro Paese e che sono in attesa di un’omologazione canadese per poter svolgere un altro lavoro. Per lo più sono maschi molto giovani, e hanno sostituito quasi tutti i ragazzi canadesi (studenti e artisti, soprattutto) che svolgevano lo stesso lavoro fino a prima della pandemia. Tra il 2022 e il 2023, scrivono gli autori, si è infatti verificato un progressivo abbandono da parte dei canadesi di quel tipo di lavoro, e in parallelo sono cresciuti enormemente i giovani immigrati.

Rider in bicicletta attraversa un parco; concept: food delivery
I rider in Canada sono per lo più giovani maschi immigrati, spesso studenti o in attesa del riconoscimento di un titolo di studio straniero

Tra le due città, la peggiore risulta essere Toronto, che ha distanze maggiori, meno piste ciclabili e un costo della vita mediamente più elevato, oltre a un maggior numero di studenti e quindi di rider. Indagando sugli aspetti più problematici, poi, i ricercatori hanno individuato i tre aspetti principali che condizionano negativamente il lavoro dei rider.

Schiavi dell’algoritmo

  1. I clienti come manager. I clienti delle piattaforme controllano la retribuzione dei rider tramite le valutazioni, le mance e i reclami, e possono monitorare gli spostamenti in tempo reale. Questo è profondamente ingiusto, perché i lavoratori vengono penalizzati o puniti per fattori che non possono controllare come il traffico o le condizioni metereologiche avverse, o i ritardi dei ristoranti nel preparare l’ordine. E anche i pregiudizi razziali o di genere possono avere ruolo nelle valutazioni.
  2. La tirannia dell’algoritmo. A quale rider affidare quale consegna e quale retribuzione dare viene stabilito da algoritmi, non da manager che conoscono la persona e tengono conto dei vari fattori. Non a caso, i rider riferiscono di imparare presto a compiacere l’algoritmo, cioè a fare tutto ciò che può fruttare una valutazione favorevole, al fine di ottenere ordini migliori o comunque evitare i peggiori. Spesso i rider si trovano più ordini contemporanei, e hanno pochissimi secondi per rispondere, mentre nessuno paga loro il tempo di attesa al ristorante. Ma se sbagliano o se ritardano, gli algoritmi, che controllano i movimenti, possono chiudere gli account dei rider, tagliandoli fuori, senza alcun preavviso e senza quelle motivazioni che sarebbero necessarie in licenziamento tradizionale. C’è una totale mancanza di trasparenza, e questo va a tutto vantaggio dei gestori, e a totale detrimento dei lavoratori.
  3. Lo sfruttamento come prassi. In Canada come altrove c’è un eccesso di mano d’opera, che si traduce in un costante gioco al ribasso delle retribuzioni. E, di conseguenza, in uno scadimento generale delle condizioni di lavoro e delle garanzie. Di recente sono state varate norme più restrittive per gli studenti, e questo potrebbe migliorare leggermente la situazione, nei prossimi anni. Ma è evidente che penalizzare chi vuole studiare non è il modo più corretto per aiutare i rider. 

Più tutele per i rider

Piuttosto, concludono gli autori, è necessario imporre regole molto più severe per tutelare i lavoratori e obbligare i gestori a rispettarne i diritti. E anche i clienti possono e devono fare la propria parte, per esempio evitando ordini quando le condizioni climatiche sono proibitive, ordinando solo in app che garantiscono l’assunzione regolare dei lavoratori e ricordandosi sempre di dare mance generose.

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock

Giallone 03.07.2025 dona ora

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AndreaC.
AndreaC.
5 Ottobre 2025 17:44

Lavoro tossico. Pagato una miseria. Non capisco quelli che ordinano sfruttando questi lavoratori. La pizza, lo spuntino, la birra anziché farvela portare andate a prenderli

Roberto La Pira
Reply to  AndreaC.
5 Ottobre 2025 18:04

Mi chiedo quante persone diano una mancia