
La guerra dell’amministrazione Trump contro la fluorurazione delle acque è sempre più accesa, anche se si basa su affermazioni ideologiche del tutto prive di fondamento, e su consigli come quelli contenuti nel Make America Healthy Again. Nel rapporto si legge, a firma dell’influencer Calley Means, assurto a consigliere per la salute senza avere alcuna competenza specifica (è laureato in economia), che la fluorurazione delle acque sarebbe un attacco alle famiglie a basso reddito, e si consiglia di buttare via i dentifrici con il fluoro. I governatori si stanno adeguando: a fine marzo lo ha fatto quello dello Utah, seguito ai primi di maggio da quello della California.
Il ministro per la salute Robert Kennedy ha annunciato che chiederà ai Centers for Disease Control di Atlanta di non raccomandare più l’aggiunta di fluoro alle acque potabili, e all’Environmental Protection Agency (EPA) di condurre una revisione sulle ricerche specifiche. Le quali dimostrano, da decenni, che le zone in cui è stata introdotta la fluorurazione delle acque (negli Stati Uniti dagli anni Cinquanta), l’incidenza delle carie tra i bambini è sempre diminuita sensibilmente, soprattutto se le acque stesse non contenevano naturalmente fluoruri.
Fluoro e salute dentale
Negli ultimi anni l’effetto si è fatto meno marcato, secondo gli esperti (veri) proprio per la diffusione di quei dentifrici al fluoro che, stando ai consigli di Means, dovrebbero essere aborriti e buttati via.
Tra i dati che confermano la validità della fluorurazione vi sono le ultime revisioni sistematiche effettuate in Australia (del 2016) e Inghilterra (del 2022), che hanno mostrato entrambe un calo della carie infantile del 35%, più accentuato proprio nelle zone più disagiate, dove i bambini hanno meno accesso alle cure odontoiatriche e talvolta ai dentifrici. Alla stessa conclusione, del resto, giungeva una revisione di 32 studi del 2019. E il motivo è chiaro: la fluorurazione espone le persone a livelli molto bassi ma costanti (mentre i dentifrici solo ad applicazioni temporanee). E per questo arriva a tutti, e favorisce soprattutto le persone (a cominciare dai bambini) più vulnerabili.
Lo studio di Harvard
In questo contesto arriva ora uno studio condotto da ricercatori dell’altrettanto odiata università di Harvard (appena dichiarata la migliore al mondo in base a ranking internazionali), pubblicato su JAMA Network, nel quale si propongono alcune stime delle possibili ricadute, in termini di salute orale e di costi per la sanità, dell’abbandono della fluorurazione delle acque negli Stati Uniti. Per elaborare le proiezioni, gli autori sono partiti dai dati reali di oltre 8.400 bambini di età media di 9 anni e mezzo (in un range compreso tra 0 e 19 anni), contenuti nelle due rilevazioni US National Health and Nutrition Examination Survey del 2013 e del 2016, e hanno concluso che l’eliminazione del fluoro dall’acqua porterebbe a un incremento delle carie del 7,5% (pari a 25,4 milioni di carie in più) e a costi attorno ai 9,8 miliardi di dollari nei primi cinque anni.
Non sarebbe quindi un grande affare, neppure per l’uomo d’affari Trump e per il suo ministro per la salute. Oltretutto, considerando gli ingenti tagli al sistema sanitario, probabilmente i numeri reali sarebbero assai peggiori, perché molte delle carie non sarebbero curate in modo ottimale.
Le fake news sul fluoro
Ma da dove arriva l’ostilità verso una pratica che ormai ha più di settant’anni, e che ha dimostrato la sua efficacia al di là di ogni dubbio? Gli argomenti preferiti da chi vuole eliminare il fluoro sono le fake news sui danni associati, principalmente a carico dello sviluppo cognitivo dei bambini. Sul tema sono state condotte decine di ricerche tra le quali numerose metanalisi, che hanno sempre dato lo stesso esito: ci può essere un leggero effetto di questo tipo, ma solo a dosaggi almeno doppi rispetto a quelli utilizzati e ai limiti indicati dalle autorità sanitarie. Gli altri possibili effetti negativi sono la fluorosi dei denti, per concentrazioni di fluoro superiori a 1,5 milligrammi per litro, che provoca decolorazione e quella, ben più grave delle ossa, molto rara, per dosaggi superiori a 6 mg/l.
Per tale motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Unione Europea raccomandano di non superare 1,5 mg/l, ma diverse autorità sanitarie nazionali come quelle statunitensi o britanniche consigliano valori inferiori pari, rispettivamente, a 0,7 e 1 mg/l: i rischi, con quei dosaggi, sono pressoché nulli, e i benefici garantiti.
Un altro argomento molto popolare è la scelta dei paesi che non hanno la fluorurazione, che sarebbe una prova della sua inutilità, o peggio. In realtà, di solito non si aggiunge il fluoro nei paesi in cui è già presente nell’acqua come l’Italia, o per motivi politici, ma non sono documentati casi in cui non si sia aggiunto per danni documentati.

In Italia, in Europa e nel mondo
A riassumere la situazione nel mondo è la BBC, che in un articolo ricorda alcuni dei fatti principali. In Italia la concentrazione di fluoro naturale nelle acque varia moltissimo, a seconda della zona, ma è considerata sufficiente e infatti l’acqua non è fluorurata. Si va da 0,1 a 6,1 mg/l per arrivare, in alcune aree vulcaniche e in certe aree del Lazio o della Calabria, a 30,2 mg/l: in quelle zone le autorità rimuovono attivamente il fluoro, oppure diluiscono l’acqua, proprio per mantenere la concentrazione al di sotto di 1,5 mg/l.
In Europa, comunque, solo l’Irlanda, la Spagna e alcune aree del Regno Uniti attuano la fluorurazione, secondo i dati del 2018; undici paesi hanno smesso di farlo (nessuno di essi per motivi di sicurezza), e quattordici non lo hanno mai fatto.
La scarsa propensione dell’Europa alla fluorurazione comporta un prezzo elevato: secondo un rapporto dell’OMS del 2023, il vecchio continente ha la più alta prevalenza di malattie dentali del mondo, con 335 milioni di casi diffusi nel 50,1% della popolazione, tra cui il numero più elevato di carie, nonostante l’accesso alle cure sia alto, pari al 75% della popolazione (contro il 48% di quella americana). I costi per le cure, di conseguenza, sono i più alti in assoluto, dopo quelli del diabete e delle patologie cardiovascolari (più di quelli dell’Alzheimer).
Le alternative
Altri paesi, anche non europei, hanno introdotto il fluoro non nell’acqua potabile ma in alimenti o bevande diversi: per esempio, la Bulgaria, il Cile e la Tailandia lo hanno inserito nel latte. Quest’ultimo paese, in particolare, fornisce latte gratuito con 2,5 mg/l di fluoro a oltre un milione di bambini delle scuole, e la somministrazione è attiva anche durante le vacanze, insieme a visite e applicazione di smalto al fluoro: le carie sono diminuite di un terzo. La Grecia lo ha inserito nel 2018 nell’acqua in bottiglia, la Svizzera (dal 1955) nel sale, anche se questa pratica non è ben vista da molti, perché non si dovrebbe incentivare il consumo di sale, già eccessivo ovunque.
Oggi la fluorurazione dell’acqua è praticata in 25 paesi, e raggiunge 400 milioni di persone.
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Giornalista scientifica