Fileni, il marchio che in Italia rappresenta il pollo biologico, a febbraio 2024 ha siglato una transazione con la Rai per ritirare la causa per diffamazione intentata contro il servizio che Report ha mandato in onda un anno prima. Il servizio firmato da Giulia Innocenzi avanzava tesi molto ardite sulla certificazione biologica dei polli. Nella rettifica letta in diretta da Sigfrido Ranucci, Fileni ammette l’esistenza (a sua insaputa) di maltrattamenti in alcuni allevamenti e la redazione di Report riconosce che i polli sono biologici al 100% e che l’azienda non ha ingannato i consumatori. Il testo letto da Ranucci precisa che una parte dei polli Fileni in quel periodo non erano animali a crescita lenta ma (probabilmente) broiler a crescita rapida.
Questo aspetto è importante perché vuol dire che stiamo parlando di animali geneticamente programmati per essere macellati dopo 35-42 giorni. La macellazione dopo 5-7 settimane, infatti, è opportuna perché gli animali sviluppano un petto enorme con una miopatia (strisce bianche) che progredisce con il passare delle settimane e impedisce loro di muoversi liberamente. Poi, con il passare dei giorni, aumenta anche la mortalità. Aspettare 81 giorni come prevede la norma dei polli biologici crea grosse criticità. Per sopperire al problema, Fileni sottoponeva gli animali a regimi alimentari ristretti (in termini di quantità o di apporto calorico), con il risultato che gli animali venivano tenuti ‘a dieta’.
I polli a crescita lenta di Fileni
Il problema adesso non c’è più, perché Fileni aderisce al protocollo European chicken commitment (ECC) che prevede un maggior livello di benessere negli allevamenti e da qualche mese l’azienda ha completato la conversione di tutta la filiera bio. Fileni infatti usa razze a crescita lenta per il biologico (Ranger classic) e Hubbard JA Cou Nu per i polli allevati in modo convenzionale all’aperto. A livello logistico la densità è ridotta, i capannoni sono illuminati con luce naturale e ci sono arricchimenti. In questo modo le miopatie si presentano solo in minima parte, la carne ha una consistenza differente e le ustioni alle zampe dovrebbero essere ridotte al minimo.
Ma questo rappresenta solo una minima parte del fatturato aziendale. I polli bio e quelli allevati all’aperto sono il 10% circa degli animali, come scritto a pagina 59 del bilancio di sostenibilità del 2022. L’80% del fatturato Fileni (622 milioni nel 2023) è correlato ai polli allevati in modo convenzionale in capannoni chiusi. Si tratta di animali a crescita rapida, venduti alle grandi catene di supermercati che poi procedono ad etichettarli con il loro marchio. Questi polli presentano, come tutti i broiler, difficoltà di movimento per via del petto esageratamente grande, miopatie che si manifestano come strisce bianche nei muscoli del petto, bruciature alle zampe, carne legnosa e a spaghetti e altri problemi. Si tratta delle stesse criticità che si riscontrano negli allevamenti intensivi di broiler di aziende come Aia e Amadori.
I criteri dell’ECC
C’è però una differenza: Fileni si è è impegnata con Compassion in World Farming (CIWF) a fornire dal 2026 ai clienti che ne faranno richiesta polli allevati rispettando i criteri dell’ECC, quindi animali a crescita lenta, con un minore affollamento e con un maggiore indice di benessere. Per il momento però questo sistema di allevamento riguarda il 20% circa dei polli allevati al chiuso.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Fileni
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
quindi, bisognerà cominciare ad invogliare le varie catene di supermercati a richiedere polli Fileni allevati secondo i criteri ECC. come si fa? scriviamo delle mail?
Sì, una strada può essere scrivere email e chiamar ei servizi consumatori.
Un’altra strada, migliore, è saltare la GDO (per i polii così come per la maggior parte possibile dei prodotti) e acquistare direttamente da allevatori sostenibili, magari tramite un Gruppo d’Acquisto Solidale.
La scelta ottima è diventare vegetariani, con grandi vantaggi per la propria salute, per il benessere animale e per provare a salvare il pianeta prima di cena 😉
Sono perfettamente d’accordo!
I Gruppi di Acquisto Solidale si riforniscono da produttori che fanno pagare il doppio di quanto si spende di solito. Non tutti possono permetterselo.
E no, nemmeno diventando vegetariani, visto che ci vuole il doppio di peso di alimenti vegetali per ottenere gli stessi nutrienti (in termini di proteine, soprattutto) degli alimenti di origine animale, e considerando quanto si pagano frutta e verdura biologici, il costo finale non è poi molto diverso.
Ottimo…i consumatori devono essere informati per poter scegliere il meglio.
la correttezza e il rispetto delle regole di allevamento del pollo sui grandi Gruppi è alla base della loro attività e , salvo errori non voluti, non è da mettere in discussione. Bisogna riconoscere alla Fileni una visione, un maggiore impegno e un anticipo sui tempi e sui metodi di allevamento biologico. Oggi ha una competenza e una esperienza tale che è il punto di riferimento del mercato del pollo bio. Ognuno fà la sua parte, le Aziende per le loro attività, ed i giornalisti se competenti ed in buona fede.
Sarebbe importante far conoscere al consumatore anche i sistemi di certificazione del biologico, questione sulla quale non c’è alcuna conoscenza da parte dello stesso ed è, invece , l’unica garanzia che ha quando decide di spendere per qualsiasi prodotto biologico che si metta sulla sua tavola, minimo il 30/40% in più del prezzo dei prodotti convenzionali.
Il consumatore delega alla fiducia del marchio ed alla presenza della fogliolina verde sulla confezione in acquisto, non sarebbe sbagliato dedicare , da parte della stampa specializzata, servizi di informazione su come e chi garantisce e controlla il biologico anche per suo conto e far capire quanto lavoro e valore c’è dietro.
era ora! Cosa significa pollo biologico se è allevato come tutti gli altri!
Adesso i polli Fileni sono tutti a crescita lenta e quindi hanno un indice di benessere decisamente migliore, non dovrebbero presentare strisce bianche oltre a vivere in allevamenti meno densamente popolati
Io sono scettica dopo quello che ho visto a reporter
Ne avevamo parlato qui: https://ilfattoalimentare.it/pollo-fileni-biologico-report-rettifica.html
Un plauso a Fileni con l’augurio di un continuo aumento di percentuale per questo tipo di allevamento!!!
Quali i supermercati in cui si trova questo prodotto?! Grazie
Fileni non fornisce risposte
La trasparenza è quella che dichiaro io e me la gestisco io… Al di là della battuta che comunque ci sta (avete presente i problemi del greenwhasing?…) possono esserci questioni di accordi commerciali o magari più semplicemente se ti dico quali polli bio sono uguali ai marchiati Fileni, poi non posso vendere i miei a di più. Comunque, per chi sta dietro a queste cose, ci stanno i marchi, fino a prova contraria un bio è bio
presso le Coop di Alleanza 3.0 ci sono.
Tutto ok, detto questo per quale motivo un consumatore doveva pensare che un pollo NON venduto come bio fosse bio? Giusto un ingenuo. Già il problema è semmai se ciò che viene venduto bio lo è davvero… Pensare che “il semplice Fileni” sia bio, magari può essere un auspicio dell’azienda, certo nello spot non ti dicono “guardate che alleviamo anche i broiler col sistema convenzionale”
Ma in teoria anche la carne di pollo andrebbe presa in macelleria. I filetti affettati al momento e avvolti in un foglio di carta. Se ci si affida alla GDO, questi incoraggiano gli allevamenti intensivi, lo spreco alimentare e il proliferare di vaschette , pellicola ecc..
In ogni caso, bene che anche i produttori industriali puntino sulla qualità.
Bei tempi quando nella case, in campagna, c’erano i pollai. In nome della salute pubblica hanno burocratizzato tutto . Chi vuole avere un pollaio deve rispettare le stesse norme di un grande produttore.
In città i pollai non ci sono mai stati. Quindi chi vive in città dove dovrebbe comprare?
se si vuole veramente, bisogna scoprirlo appena fuori città…
La vostra analisi è obiettiva