La bottiglia di Fernet-Branca comprata al supermercato ha 6 gradi in meno rispetto a quella di 10 anni fa . Pochi consumatori se ne sono accorti, anche se la gradazione è sempre indicata sulle bottiglie e la riduzione del livello alcolico non è di poco conto, visto che si tratta di oltre il 13% (nelle foto in alto il dettaglio dei gradi riportati sull’etichetta in una bottiglia del l 2002 , nelle foto in basso il dettaglio dei gradi in una bottiglia del 2011).
Cosa è successo? Ilfattoalimentare.it lo ha chiesto direttamente alla Fratelli Branca Distillerie Spa. «Nella storia della Società Branca ci sono sempre stati Fernet con gradazioni diverse», risponde il direttore di produzione Marco Pellegrini. «Negli ultimi anni il grado alcolico è stato ridotto a 39 gradi per fare fronte a due esigenze: un ammodernamento del prodotto, che ha comportato interventi anche nella capsula, nell’etichetta, nella bottiglia, e un’unificazione della gradazione del Fernet-Branca a quella degli altri Paesi europei e extraeuropei in cui è venduto. Occorre tenere presente che si tratta di un amaro diffuso in 160 Paesi al mondo, con modalità di consumo, abitudini, legislazioni differenti. Ora la standardizzazione del prodotto è praticamente a regime con 39 gradi».
La riduzione del grado alcolico – continua Pellegrini – è una tendenza mondiale iniziata negli anni ’80 non soltanto nel mercato degli amari ma in tutto il settore degli alcolici, anche a fronte di una nuova cultura del bere che ha toccato le diverse categorie merceologiche. Di recente anche i produttori del settore del vino in diversi Paesi si stanno interrogando su questo tema». Che ciò sia diffuso anche tra i produttori di brandy, grappe e altri liquori ne dà conferma a Ilfattoalimentare.it Federvini, secondo cui il settore cerca di venire incontro alle esigenze di un consumatore che ha cambiato le abitudini alimentari e che preferisce anche un superalcolico in versione “light”. Così, una volta l’alcol nelle bottiglie di brandy francese arrivava a 40, poi è sceso a 38 e adesso è a 36 e ci sono alcuni produttori che vorrebbero arrivare a 30 gradi, anche se i disciplinari dei prodotti Aoc (l’equivalente francese della Dop) lo impediscono. In Italia, anche molti produttori di grappa hanno progressivamente ridotto la gradazione, dai 45 e oltre di 20-30 anni fa a 40 e meno di oggi.
Le motivazioni dietetiche sulla tendenza a bere light lasciano un pò perplessi, perché si considerano solo le calorie dell’alcol, dimenticando che molti liquori contengono anche zucchero. È una questione di marketing, anche se le persone particolarmente attente all’aspetto salutistico tendenzialmente non bevono molti liquori e superalcolici.
Secondo Flavio Grassi, giornalista del mensile Il mio vino ed esperto del settore, «Nei superalcolici – e negli alcolici in generale – conta di più la questione del consumo responsabile, sia per le norme recenti sulla guida sia perché si tratta di una tendenza costante negli ultimi 40 anni in Italia e Francia, dove si è dimezzato il consumo annuo pro-capite di vino». Conferma Marco Pellegrini della F.lli Branca: « I nostri consumatori non hanno avvertito cambiamenti sul grado alcolico e comunque l’azienda punta a un’educazione del consumatore in una logica di benessere e di moderazione».
Ma come si è ridotto il grado alcolico? Federvini spiega che il “piccolo miracolo” è riuscito grazie alle nuove tecniche di estrazione degli aromi e delle essenze che permettono di infondere lo stesso sapore con meno erbe e meno alcol. Federvini sottolinea che la riduzione della gradazione alcolica non è una semplice diluizione come si potrebbe pensare, ma è un’operazione complessa che richiede tecnologica sofisticata per riuscire a mantenere nell’amaro lo stesso aroma e gusto. Commenta Flavio Grassi: «Il contributo sensoriale dell’alcol non è sullo stesso livello di quello prodotto dalle erbe. In parte l’alcol contribuisce alla dolcezza, e quindi la sua diminuzione potrebbe essere compensata con un aumento calibrato dello zucchero. L’alcol inoltre contribuisce alla sensazione di “rotondità”, che può essere parzialmente compensata da un incremento di altre componenti. La caratteristica più percepibile dell’alcol resta però la sensazione di calore, e questa è insostituibile».
Qualche consumatore, in effetti, sembra averci fatto caso: cercando in Internet, sul gruppo di discussione it.discussioni.ristoranti c’è un post proprio sulla gradazione del Fernet che risale alla fine del 2009. Chi scrive dice di ricordare il “vecchio” tasso alcolico del Fernet-Branca di 45° e di averne notato la discesa a “42° o 43°”, aggiungendo “il Fernet aveva nelle sue peculiarità di essere “forte”, ora non più”, manifestando la sua delusione e chiedendo una spiegazione per il cambiamento.
Va notato che la riduzione dell’alcol comporta anche una diminuzione dei costi di produzione della bevanda, visto che le aziende versano allo stato una tassa direttamente proporzionale al contenuto alcolico. Federvini conferma che l’accisa sull’alcol è stata incrementata in più occasioni, anche recenti, e questo – in mancanza di cambiamenti sul processo di produzione – avrebbe comportato un aumento di prezzo sicuramente sgradito ai consumatori. A quanto ammonta il risparmio per l’azienda? Il calcolo è presto fatto: ai valori attuali il produttore deve versare per ogni grado alcolico 0,1 euro circa. Se il quantitativo nella bottiglia scende di 6 gradi come nel caso del Fernet-Branca la tassa si riduce di 0,6 euro.
Roberto La Pira, Mariateresa Truncellito
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