Coldiretti ha lanciato un’idea ottima: offrire al consumatore  la possibilità di acquistare i cibi direttamente dagli agricoltori, in città come in campagna attraverso i farmers’ market

Dal punto di vista economico, eliminare ogni intermediazione tra chi produce e chi consuma è senza dubbio una “win-win solution”: l’agricoltore può realizzare margini neppure immaginabili con la distribuzione tradizionale, e il consumatore può realizzare un ragionevole risparmio.

Dal punto di vista sociale  i “farmers’ market” offrono alle “popolazioni urbane” la rara occasione di entrare a contatto con i prodotti della terra e di conoscerli attraverso i volti, le mani e i racconti di chi li realizza. E’ una preziosa occasione per mostrare ai cittadini che esiste anche una realtà agricola coi suoi tesori.
Si tratta di un progetto lodevole, così come l’opera realizzata dalla “Fondazione Campagna Amica”, dal titolo “Fattorie & Cantine, 7450 indirizzi dove comprare sano e genuino risparmiando” Istituto Geografico De Agostini). Anche le prospettive sono assai suggestive, la fantasia facilmente vola verso il mito de “Il pianeta verde” (regia di Coline Serrau, 2008).

Tornando alla realtà, si annotano alcune aree di miglioramento possibile.

Il due farmers’ market organizzati da Coldiretti che ho visitato a Roma paiono aver avuto un buon successo, quanto a visitatori e vendite. La pubblicità è stata ottima e un pubblico d’ogni censo ed età ha affollato i banchetti ove sventolava la bandiera gialla dell’organizzazione.

Eppure, anche a chi è uso ad altri mercati di strada non è sfuggita la carenza di banchi refrigerati, l’esposizione di formaggi e salumi già avviati alle tempeste microbiche circostanti, l’uso promiscuo di coltelli per i diversi prodotti, di origine animale e non … quel complesso di inavvertenze che possono causare spiacevoli disagi ai consumatori, compromettendone la fiducia. La bontà del prodotto non giustifica l’ignoranza delle prassi igieniche più elementari, per favore.

Altro elemento di attenzione riguarda i prezzi. In generale si apprezza l’attitudine del produttore-venditore ad incontrare l’interesse del consumatore, soprattutto per quanto attiene gli ortofrutticoli e alcuni prodotti come: olio, uova, pane. Eppure in diversi banchi si avverte quasi un “abuso della fiducia”: formaggi di pecora semi-stagionati con prezzi simili a quelli del Parmigiano -Reggiano , buste di biscotti di peso incognito a 4-5 € cadauna. Tante ottime cibarie, ma a quali prezzi! I listini un pò elevati rischiano di travisare sul nascere lo spirito di solidarietà a cui il mercato per la vendita diretta dovrebbe ispirarsi. Infine le etichette, in diversi casi, lasciano a desiderare per difetto di informazioni obbligatorie essenziali. Servirebbe forse un pò di formazione ai singoli operatori per portare avanti con successo questo ambizioso progetto.

Dario Dongo