Mentre il Comitato sull’etichettatura alimentare del Codex (organismo congiunto di Fao e Oms che stabilisce gli standard sul cibo) sta discutendo una proposta sui principi guida universali per lo sviluppo di etichette a semaforo diffuse in decine di Paesi, l’Italia invia una lettera firmata da Gian Lorenzo Cornedo, rappresentante permanente del nostro Paese all’Oms. Nel testo si criticano i profili nutrizionali necessari per il funzionamento dell’etichettatura interpretativa fronte-pacco e le stesse etichette a semaforo, come il Nutri-Score francese.
Due cose colpiscono in questa vicenda: le motivazioni addotte dall’ambasciatore, supportate da elementi con una base scientifica molto debole, e la conclusione della lettera, quando ricorda un’indagine Nomisma del 2015, secondo cui le etichette a semaforo penalizzerebbero le vendite di Parmigiano Reggiano e prosciutto Dop italiano. Di fronte a un documento che propone di migliorare le informazioni nutrizionali sulle etichette dei prodotti alimentari, l’Italia si oppone e adduce come questione prioritaria il calo delle vendite di formaggio e prosciutto! Da noi la lobby di Coldiretti, i ministeri della Salute e delle Politiche agricole, le aziende e le catene dei supermercati sono contrarie per motivi economici, o perché non hanno capito bene di cosa si tratta, e questi argomenti prevalgono sugli interessi dei consumatori.
In Italia nessuna istituzione ha condotto uno studio per verificare se i consumatori comprendono veramente le etichette così come sono, e per capire se il semaforo può essere un sistema in grado di dare informazioni alle persone quando fanno la spesa e orientare verso prodotti alimentari più salutari. Queste indagini sono state fatte in Francia in modo molto accurato, e alla fine il Nutri-Score (che viene adottato a livello volontario) è stato approvato dai ministeri, dalle associazioni di consumatori, dalle industrie alimentari e dalle catene di supermercati. Il paradosso è che le aziende che hanno detto sì in Francia, come Danone e Findus, si rifiutano di applicare il logo nutrizionale in Italia, e anche le catene di supermercati come Auchan e Carrefour adottano la stessa politica. Altri Paesi in Europa, come Regno Unito, Belgio, Germania e Spagna hanno adottato o stanno per iniziare ad applicare delle etichette a semaforo, sempre a livello volontario. Nessuno ha posto il problema del formaggio, dei salumi o dell’olio che verrebbero penalizzati, pur avendo anche loro produzioni Dop e Igp.
Nel nostro Paese ci sono istituzioni come il ministero della Salute, che dovrebbero quantomeno prendere in esame la questione delle etichette a semaforo, ma invece la ignorano. Anche il Crea – ente con 2 mila impiegati alle dirette dipendenze del ministero delle Politiche agricole – non prevede tra i 660 progetti di ricerca in corso uno studio sull’etichettatura nutrizionale interpretativa. Il mondo ne parla, l’Europa sta adottando sempre di più il semaforo, ma noi dobbiamo proteggere le vendite di formaggio grana e di prosciutto e mandiamo avanti l’ambasciatore.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
un’altra di quelle situazioni dalle quali difficilmente si uscirà con una decisione corretta e ponderata.
Io non vedo il motivo del perché anche l’Italia deve adeguarsi alle etichette semaforo che tra l’altro non è che abbiano un vero messaggio chiaro e trasparente. Sappiamo tutti cosa fa male e non. Io sono contrario.
Le etichette a semaforo in Europa sono volontarie. Sul fatto che tutti sappiano distinguere i prodotti che fanno male non sarei così sicuro sicuro. In ogni caso l’etichetta a semaforo fornisce solo le stesse informazioni dell’etichetta nutrizionale ma in modo più chiaro
Concordo circa le perplessità sulle etichette a semaforo.
Capisco anche il rischio che i produttori temono ossia che l’etichetta faccia passare il messaggio che un alimento faccia “male” o “bene” quando non è così. E’ la quantità e l’eccesso che fanno male, non il prodotto in sè.
Penso che ci sia ormai tantissima informazione sull’alimentazione, sul web, sulla tv, su tanti media e che i semafori, almeno per gli Italiani, non portino informazioni aggiuntive.
Dubito che con un semforo sui prodotti si possa migliorare e correggere la propria dieta.