etichette a semaforo nutri-score bollini neri

nutri-scoreProsegue la guerra italiana al Nutri-Score e a tutte le etichette a semaforo. Pochi giorni fa, il nostro Paese ha criticato pesantemente un documento redatto dell’Organizzazione mondiale della sanità, “Principi guida e manuale quadro per l’etichettatura fronte-pacco per la promozione di diete sane”. Il dossier è al centro della discussione del Comitato sulle etichette alimentari del Codex (programma congiunto di Fao e Oms che stabilisce gli standard alimentari), iniziato a Ottawa il 13 maggio. Le linee guida hanno come obiettivo quello di aiutare i Paesi interessati a introdurre loghi nutrizionali o altre forme di etichettatura interpretativa sui prodotti alimentari, fornendo principi base da seguire. Anche se il documento non contiene nessuna misura prescrittiva, dall’Italia è partita una campagna contro questa posizione.

In una lettera firmata da Gian Lorenzo Cornedo, rappresentante permanente del nostro Paese all’Oms, l’Italia critica i profili nutrizionali, necessari per il funzionamento dell’etichettatura interpretativa, perché “non vi è assolutamente nulla di scientifico” in essi, e le etichette a semaforo, che nei Paesi in cui sono state introdotte non avrebbero dato “il benché minimo miglioramento in termini di salute pubblica o di incidenza dell’obesità”. E non manca il consueto allarme per il made in Italy: “l’acquisto di diversi prodotti italiani di alta qualità conosciuti in tutto il mondo – come l’olio extra-vergine d’oliva – viene scoraggiato dall’adozione di fuorvianti indicatori grafici di colore rosso o nero”, come avrebbe dimostrato uno studio di Nomisma effettuato nel 2015 nel Regno Unito dopo l’introduzione delle etichette a semaforo, ricorda l’ambasciatore Cornedo.

L’Italia cerca di minare un rapporto dell’Oms sull’etichettatura fronte-pacco per ovvie ragioni: i prodotti italiani non ne escono bene”. È la risposta agli attacchi italiani di Serge Hercberg, a capo del gruppo che ha sviluppato il Nutri-Score in Francia, e di alcuni ricercatori ed esperti di salute pubblica impegnati nel campo dell’etichettatura interpretativa, che hanno pubblicato un breve articolo, riassumendo tutto quello su cui l’Italia sbaglia – forse volutamente – quando parla di etichette a semaforo.

Per prima cosa, al contrario di quanto scrive l’ambasciatore italiano, esiste una mole significativa di dati scientifici alla base dei profili nutrizionali e sul loro uso all’interno di politiche di salute pubblica (come le etichette a semaforo), e di come questi strumenti possono assicurare sia la qualità nutrizionale del singolo alimento, che dell’intera dieta. I profili nutrizionali si basano su decenni di studi sull’associazione tra cibi, nutrienti e salute, e su diete, scelte alimentari e salute. C’è di più, le ricerche più recenti realizzate a supporto del Nutri-Score in Francia correlano l’uso dei profili nutrizionali con gli effetti sulla salute.

nutri-score olio extravergineIn secondo luogo, quando le nostre istituzioni e Coldiretti parlano della “qualità” dei prodotti italiani penalizzati dalle etichette a semaforo, come l’olio di oliva, il prosciutto di Parma o il Parmigiano Reggiano, non si riferiscono al contenuto nutrizionale, ma ad altri aspetti, come la qualità eccellente degli ingredienti, le ottime caratteristiche organolettiche e la lunga tradizione, che non sono presi in considerazione dalle etichette a semaforo e dai profili nutrizionali. Questi strumenti, infatti, valutano solo le caratteristiche nutrizionali di questi cibi, perché questo è l’aspetto principale che interessa nell’elaborazione di politiche sanitarie.

E quando si vanno a vedere le caratteristiche nutrizionali dei capisaldi del made in Italy, molti prodotti non se la passano bene. Come il prosciutto di Parma e il Parmigiano Reggiano, che sono ricchi di grassi saturi, sodio e calorie, e quindi dovrebbero essere consumati con moderazione all’interno di una dieta sana. Lo stesso però vale per prodotti tradizionali di altri Paesi che hanno scelto di adottare un’etichetta a semaforo, come la Francia, che ha elaborato il Nutri-Score, e Belgio e Spagna che hanno scelto di adottarlo.

L’Italia, invece, sembra non voler far conoscere ai consumatori le caratteristiche nutrizionali dei cibi tradizionali con troppo sale o grassi saturi. Informare correttamente, infatti, non significa bandirli dalla dieta o dalla cultura alimentare di un Paese. Con le etichette a semaforo si aiutano le persone a riconsiderare con quale frequenza consumano prodotti di eccellenza come la mozzarella di bufala campana e con quanto olio extravergine condiscono l’insalata. I consumatori spesso non conoscono le linee guida per una sana alimentazione, o non sono in grado di applicare queste informazioni nelle scelte alimentari quotidiane e di interpretare correttamente le dichiarazioni nutrizionali dei prodotti. Ed è proprio qui che scendono in campo le etichette a semaforo.


Il Fatto Alimentare ha realizzato un dossier di 19 pagine in cui si spiega come funzionano il Nutri-Score e altri modelli di etichettatura a semaforo, e perché nutrizionisti e società scientifiche che si occupano di alimentazione non possono che essere favorevoli all’adozione di un sistema anche in Italia. I lettori interessati a ricevere l’ebook possono scrivere una e-mail in redazione all’indirizzo ilfattoalimentare@ilfattoalimentare.it

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Claudio
Claudio
14 Maggio 2019 17:03

La Francia patria del burro, formaggi, vini, patè di fegato, non si lamenta del Nutriscore e dei suoi prodotti tipici penalizzati…

Coldiretti invece alza le barricate in maniera del tutto incomprensibile per il parmigiano, l’olio, il prosciutto e la mozzarella.