Per risolvere il problema dell’origine dei prodotti alimentari la catena di supermercati francese Intermarché – considerata una delle principali nel settore della grande distribuzione – ha annunciato l’adozione di una nuova etichetta che verrà adottata sui propri prodotti entro il primo semestre del 2020. Sulle confezioni ci sarà l’immagine della Francia stilizzata, affiancata da una scritta riferita al luogo di produzione o di trasformazione del prodotto e dalla percentuale di ingredienti francesi utilizzati. Nel disegno compare anche una barretta che indica la percentuale degli ingredienti nazionali presenti. Si tratta di un disegno semplice e di immediata comprensione.
Per esempio nel caso del prosciutto cotto (vedi foto sotto) preparato con carne di maiali nati e cresciuti in Francia e un pizzico di sale importato dall’Italia, sull’etichetta di origine non si potrà scrivere “100% ingredienti francesi”. Nella nuova etichetta di Intermarché troveremo la frase “Prodotto nella salumeria di A’ Saint Evarzec con il 92% di ingredienti francesi”. Vuol dire che i maiali sono nati e allevati in Francia, ma che sale, saccarosio ed eventuali altri ingredienti sono importati.
L’etichetta di origine
L’etichetta di origine vuole porre fine all’ambigua scritta “Made in France” che non indica se il prodotto è veramente preparato con ingredienti e materie prime nazionali. Secondo la legge europea la dicitura è riferita al Paese dove è avvenuta l’ultima trasformazione significativa. Anche nel caso del prosciutto cotto in vaschetta la scritta “Made in France” attesta che il prodotto è stato preparato e confezionato nel Paese, lasciando grossi interrogativi sull’origine della carne. Nell’olio extravergine di oliva – per esempio – la frase attesta la nazione dove è stato imbottigliato. L’origine della materia prima compare qualche riga sotto dove si specifica se l’olio proviene da Paesi UE o extra UE.
Premesso che l’origine di un ingrediente – tranne nel caso delle Dop – non può essere considerato a prescindere un elemento di qualità, è altrettanto vero che i cittadini europei desiderano conoscete l’origine delle materie prime dei prodotti alimentari. Le aziende lo sanno e forniscono le informazioni in modo chiaro solo quando i prodotti vengono preparati con ingredienti locali affiancando spesso le scritte a bandiere o combinazioni di colori “nazionali”.
La proposta di Intermarché è molto interessante anche perché affianca l’etichetta a semaforo già adottata in Francia a titolo volontario da quasi 200 aziende del settore alimentare. In Italia le cose vanno nel senso opposto. Lobby, industrie e politici rifiutano e ostacolano l’adozione di qualsiasi novità sulle etichette, impedendo così di fornire maggiori informazioni ai consumatori. Si tratta di una visione miope frutto di una concezione arretrata che andava molto di moda negli anni ‘60. Allora le aziende alimentari erano schierate contro l’obbligo di indicare la data di scadenza sui prodotti e la tabella nutrizionale.
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[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
un plauso ai francesi
Ad un certo punto arriveremo a sostituire l’etichetta con un breve libro da allegare ad ogni prodotto.
Ci potremo scrivere la storia della vita dell’animale o del vegetale da cui è stato ottenuto l’alimento, come ha vissuto, magari due parole sui suoi antenati. Ci mettiamo come è stato trasportato, lavorato, quali analisi sono state fatte in autocontrollo e quali in controllo ufficiale. Le verifiche in stabilimento, le certificazioni dell’azienda, i dati principali del responsabile legale. L’impronta sull’ambiente (carbone, acqua, conseguenze sull’inquinamento, ecc). Le informazioni base sulle caratteristiche nutrizionali accompagnate da alcuni consigli sulla corretta alimentazione. Spiegazioni su come conservare il prodotto, alcune ricette e anche le conseguenze che ha mangiare quell’alimento. Non dimentichiamoci delle informazioni sulla confezione e sull’imballo… E vogliamo dimenticarci della patente dell’autista? Ah, vorrei inserire anche il grafico della temperatura a cui è stato conservato nel banco frigo del supermercato. Ovviamente insieme al certificato di taratura del termometro.
Probabilmente un volumetto di 300 o 400 pagine dovrebbe bastare…
Tutte cose più interessanti dei muri di testo di puro marketing che al momento ammorbano le confezioni e che il consumatore non ha mai richiesto. Trasparenza, questa sconosciuta.