Continua la guerra tutta italiana al Nutri-Score. Secondo quanto appreso da Agrapress, sarebbe imminente la pubblicazione di un decreto interministeriale che segnerà ufficialmente l’adozione dell’etichetta a batteria. A firmare il decreto, a quanto pare già approvato dal Consiglio dei ministri, sarebbero i titolari dei ministeri della Salute, delle Politiche agricole e dello Sviluppo economico. Nella versione definitiva, il sistema di etichettatura italiano dovrebbe escludere i prodotti Dop e Igp, per la gioia del consorzio del Parmigiano Reggiano che si era detto contrario a qualsiasi logo nutrizionale, batteria compresa.
L’etichetta a batteria è fortemente sostenuta dal mondo dell’industria alimentare italiana, come Federalimentare, il cui presidente, Ivano Vacondio, esprime soddisfazione e, reiterando la bufala secondo cui etichette come il Nutri-Score sarebbero “penalizzanti per la dieta mediterranea”, afferma che “i test realizzati in questi ultimi mesi tra le famiglie italiane hanno chiaramente dimostrato che nel nostro paese il Nutri-Score non verrebbe né compreso né apprezzato dai consumatori” e che “abbia riscontrato il gradimento del campione di cittadini coinvolto nella sperimentazione da numerosi punti di vista, in particolare chiarezza, comprensibilità e utilità per gli acquisti”. Studi che però non sono ancora stati resi pubblici.
Il modello a batteria, come si può vedere nell’immagine sopra e sul sito dedicato, indica singolarmente la quantità di calorie, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale per una porzione di alimento, e la percentuale rispetto alle assunzioni di riferimento, rappresentata graficamente come una batteria che si riempie. L’uniformità cromatica salta subito all’occhio e sembra proprio che la scelta sia caduta su un colore, l’azzurro, lontanissimo da quelli dei semafori. Insomma, è tutto il contrario del Nutri-Score, che riassume la qualità nutrizionale globale di 100 g di un alimento o 100 ml di una bevanda utilizzando cinque lettere (da A ad E) e cinque colori (da verde scuro a rosso) e bilanciando aspetti “positivi” e “negativi”.
Le criticità di questo sistema sono evidenti. In primo luogo è molto meno immediato del Nutri-Score, sia per il rifiuto di utilizzare i colori per sottolineare le differenze tra un prodotto e l’altro (come invece fanno le altrimenti simili etichette a semaforo britanniche), sia perché l’etichetta contiene più di una dozzina di numeri da decifrare in un logo che, una volta apposto sulle confezioni, sarà di dimensioni molto ridotte.
In seconda battuta c’è la questione delle porzioni a cui sono riferiti i valori nutrizionali espressi. Non esiste uno standard per le porzioni degli alimenti imposto alle aziende per l’applicazione del logo, o che sia quantomeno condiviso. Ogni produttore può scegliere liberamente la porzione che vuole per abbassare il livello di riempimento delle batterie. In questo modo, c’è il rischio che sulle etichette compaiano porzioni irrealistiche, difficili da rispettare per il consumatore, che si ritroverà inconsapevolmente a consumare più zuccheri o grassi di quanto immagina. Ed è proprio per questo motivo che si utilizza lo standard di 100 g (o 100 ml) nel calcolo del Nutri-Score.
C’è poi un piccolo problema con i valori di riferimento utilizzati dalla batteria. La proposta italiana usa i livelli di assunzione giornaliera di riferimento del Regolamento (UE) 1169/2011, che però, per alcuni nutrienti, non sono in linea con le raccomandazioni dell’Oms e con le linee guida italiane. La batteria prende come riferimento una dieta da 2.000 kcal, con 90 grammi di zuccheri semplici (totali) e 6 grammi di sale. Le linee guida italiane, invece, raccomandano di non superare 75 grammi di zuccheri (pari al 15% dell’energia), sia aggiunti che naturalmente presenti nei cibi, e 5 grammi di sale al giorno. Sugli zuccheri le raccomandazioni dell’Oms sono ancora più restrittive, mettendo il limite a 50 grammi al giorno di zuccheri aggiunti.
Per di più, qualcuno se ne sarà accorto, il sistema non è una novità: la proposta italiana è una nuova versione del logo delle GDA (Guideline Daily Amounts) o delle assunzioni di riferimento, presente da anni sulle etichette di molte confezioni. L’unica variante è l’aggiunta del disegno della batteria (vedi foto sopra).
Una sonora bocciatura al sistema arriva anche da Altroconsumo, che giudica l’etichetta a batteria uno “strumento inutile e fuorviante” per il consumatore “pensato da e per i produttori”. Non solo, l’associazione critica pesantemente la scelta del governo di escludere le organizzazioni dei consumatori dal tavolo di lavoro per l’elaborazione del logo italiano, che sono state informate della scelta solo a cose fatte.
Alla luce di queste criticità è legittimo dubitare che questo strumento possa essere davvero chiaro, di immediata comprensione e veramente utile per i consumatori. Anzi, sembra proprio il contrario.
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[sostieni]
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Io continuo a preferire il Nutri-Score.Purtroppo i media danno più spazio alle polemiche ben orchestrate dai soliti noti, piuttosto che ad un’informazione concreta.
Meglio di niente… E’ chiaramente meno immediata del Nutriscore, tuttavia con un pò di informazione ed abitudine può servire, la linea “grafica” che indica la percentuale dentro la batteria è meglio di leggere solo il numero. Inoltre, saprò graficamente come cercare i dati: adesso a volte per scovare dove è indicato il contenuto nutrizionale (per es. il grasso di un latte) bisogna rigirare tutta la confezione. Avere una grafica standard aiuterà a rintracciarla. Certo, poco comprensibile il colore celeste, scarsamente visibile, di peggio c’era solo il giallo… Dovrebbero usare il blù o almeno l’azzurro. Davvero, ma chi è il genio del celeste? Forse apposta per non farlo vedere?…
Il Nutriscore comunica in modo ingannevole. E’ importante dare un’informazione grafica e immediata sulla qualità nutrizionale del prodotto ma è fuorviante dare un semaforo sui 100 g di prodotto.
Qualsiasi pizza avrà un semaforo verde perchè la porzione supera i 300 g e arriva anche a 500 g. Semaforo verde su 100 g ma di fatto il semaforo dovrebbe essere rosso se nel piatto ne metto una porzione. Provate a calcolare quanto sale, grassi e calorie ci sono in una porzione di pizza surgelata!
Mentre qualsiasi condimento, anche l’olio di oliva extravergine, avrà un semaforo rosso su 100g, ma nessuno mette nel piatto 100 g di prodotto.
Ridicolo poi non considerare nel nutriscore la presenza di ingrediente potenzialmente dannosi epr la salute, come l’olio di palma, l’olio di colza così come è ridicolo escludere dal semaforo i prodotti dop e igp.
Come presidente per l’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in Cucina ritengo importante dare un’informazione grafica e immediata sulla qualità nutrizionale del prodotto a tutela del consumatore, ma bisogna creare un disciplinare veramente utile, che disciplini le porzioni, tenga conto della qualità degli ingredienti e della presenza di contaminanti di processo. Noi l’abbiamo fatto e alcune industrie hanno già aderito.
La NutriScore è fuorviante in quanto al consumatore salta all’occhio il semaforino rosso o verde e questo gli fa credere di poter ignorare gli elenchi ingredienti chilometrici e il fatto che gli alimenti ultraprocessati si stiano rivelando alquanto problematici per la salute.
L’etichetta a batteria è molto più completa ed esaustiva, e se proprio si vuole criticarla l’aspetto che andrebbe migliorato è il riferimento alla “porzione” che è un concetto aleatorio (per me una porzione di pasta da 60 grammi va bene “per il gatto”, la mia è normalmente di 150 e sono normopeso) e soprattutto è definita arbitrariamente dal produttore.
Portando l’etichetta semaforo a riferirsi ai 100 grammi di prodotto (o adottando “porzioni standard” obbligatorie per tutti i produttori, per quel che potrebbero valere) sarebbe perfettamente adatta allo scopo di tutelare il consumatore senza trarlo in inganno con ipersemplificazioni.
Mauro
E certo, per chi sposa l’altra strada qualunque argomento alternativo è da criticare.
Io continuo a rimanere della mia idea: che l’altra strada (la vostra) non porta più informazioni al consumatore.
E’ più immediata sì, ma non mi dice nulla sul consumo a porzione: esempio, una busta di salume da 100 g la consumiamo minimo in 3, quindi calorie, sale, grassi li dividiamo di conseguenza e stiamo comunque attenti ai fabbisogni totali.
L’informazione che il nutriscore non va valutato trasversalmente ma per categorie di prodotti simili la conoscono gli addetti ai lavori, voi e il sottoscritto, non certo la signora Maria che di conseguenza giudica una D di un prosciutto e la mette sullo stesso piano di una A di una bibita senza zucchero ma con tanti edulcoranti.
Con la conseguenza poi che all’estremo – lo so, mi direte che non centra… ma è un estremo per conseguenza – taluni paesi come il Cile etichettano un olio EVO con un bollino nero…