Una dieta vegetariana o vegana è associata a un rischio minore di sviluppare malattie cardiovascolari e oncologiche, e anche di morte, sia dovuta a queste patologie che a cause generiche. Lo conferma, con numeri che è difficile mettere in discussione, uno studio italiano, pubblicato su PLoS One dai ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Università di Bologna, in collaborazione con quelli delle Università di Stanford (California) e Cambridge (Regno Unito).
Lo studio italiano: una metanalisi a ombrello
In esso, infatti, sono stati analizzati 48 studi pubblicati tra il 2000 e il 2023, tra i quali alcune altre metanalisi (che avevano quindi già effettuato una valutazione di più ricerche), per un totale di diverse migliaia di persone valutate per gli indici di rischio, l’incidenza di malattie e i decessi, in quella che viene definita metanalisi a ombrello.
Il risultato è molto chiaro. In generale, infatti, chi segue una dieta a prevalenza vegetale ha indici di rischio cardiovascolare, oncologico e di morte sempre migliori rispetto a chi mangia abitualmente carne (soprattutto se lavorata). Tra questi vi sono la pressione sanguigna, il metabolismo degli zuccheri, le proteine che indicano infiammazioni e il controllo del peso. Tra le patologie che maggiormente beneficiano di un grande apporto di frutta e verdura vi sono gli infarti, i tumori dello stomaco e in generale dell’apparato gastrointestinale e quello della prostata, e poi la probabilità di morire per una malattia cardiovascolare.
La dieta vegetariana contro l’eccesso di proteine
Per quanto riguarda le donne in gravidanza, invece, una dieta vegetariana o vegana non risulta associata a una diminuzione del rischio di diabete gestazionale o ipertensione, rispetto a una onnivora. Rispetto ai possibili aspetti negativi, anche se non si può generalizzare, perché le decine di studi considerati sono stati svolti con metodologie differenti, talvolta le diete vegetariane o vegane comportano la necessità di una supplementazione con alcune vitamine, a partire dalla B12.
Per l’eterogeneità delle ricerche condotte negli ultimi due decenni, e per alcuni possibili rischi, secondo gli autori, non si può consigliare a tutti una dieta a base vegetale, almeno fino a quando non saranno effettuati studi sufficientemente convincenti e condotti con metodologie statisticamente inattaccabili. Però si può – e si deve – ricordare a tutti che, in media, si mangiano troppe proteine animali, e sarebbe opportuno ridurne la quantità giornaliera, aumentando parallelamente quella di alimenti vegetali.
I dati europei
Da questo punto di vista, secondo un rapporto della European Fresh Produce Association- Freshfel Europe, i cittadini di solo sei dei 27 stati europei consumano una quantità di verdura sufficiente, rispetto a quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e cioè 400 grammi al giorno. Nel 2022, la media è stata di 350 grammi, con un calo del 5% rispetto al 2021: un valore che è inferiore del 3% circa a quello della media degli ultimi cinque anni, e che è preoccupante, anche perché durante la pandemia la tendenza era stata verso una dieta più sana. E secondo i primi dati, non sta andando meglio neppure ora: tra il 2023 e i primi mesi del 2024 la diminuzione in alcuni casi sarebbe addirittura del 10%. Si sarebbe perso tutto il terreno guadagnato durante la pandemia.
Secondo gli autori, ciò dipende dal rincaro dei prezzi al dettaglio, dalla carenza di politiche dedicate e dal parallelo continuo aumento di offerte di alimenti di pessima qualità e dai costi bassissimi. Secondo Food Navigator, la società Stellar Market Research stima che nel 2023 il mercato del cibo a basso costo valesse 574,87 miliardi di dollari e, soprattutto, che entro il 2023 aumenterà fino a 860,98 miliardi di dollari. È evidente che occorrono contromisure, e in fretta.
Anche perché, finora, nessuna delle politiche europee che avrebbero dovuto guidare i cittadini verso un’alimentazione migliore (tra le quali i grandi piani l’European Green Deal, la Farm to Fork Strategy, il Circular economy action plan, e lo Europe’s Beating Cancer Plan) ha avuto le ricadute sperate. Sarà dunque opportuno che la prossima dirigenza comunitaria ne prenda atto, e trovi strategie più efficaci.
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Giornalista scientifica
A casa ne stiamo parlando da un po’, ma questo studio conferma che bisogna procedere verso un’alimentazione diversa.
Vegana non è alla mia portata, ma vegetariana (o quasi) ce la posso fare, visto che in ogni caso amo frutta & verdura.
Ieri a mezzogiorno ho mangiato verdura e lo farò anche oggi e domani. Ieri sera hamburger (bio), verdura, frutta.
Bisogna ragionare sul da farsi per la prossima spesa, il più è iniziare con il passo giusto, ritengo…
Non so come siano state condotte le ricerche per le statistiche sui consumi di frutta e verdura, ma mi viene spontaneo chiedere se siano stati presi in considerazione anche i consumi di vegetali autoprodotti. Io, per esempio, ho delle piante da insalata sul balcone, che mi rendono ogni fine settimana circa 200 g di foglie, figuriamoci chi possiede un orto.
Non sono pro carnivori o onnivori (anche se secondo me una dieta in parte onnivora credo sia più equilibrata), non vedo una analisi più specifica in queste ricerche degli effetti dei pesticidi su frutta e verdura, poiché la vedo difficile una diffusione di una dieta simile basata solo sul Bio (tra l’altro non tutti gli ortaggi sono disponibili Bio nei negozi, forse quelli specializzati, ma non mi pare).
Le notizie di contaminazioni varie su frutta e verdura (cito il più ultimamente eclatante, quello delle mele, che sembrerebbe tra l’altro contaminare anche colture Bio…) sono abbastanza frequenti, e non credo abbiano effetti positivi sulla salute.
Il principio di base dovrebbe essere quello di ripulire da contaminazioni varie tutti gli alimenti, e ragionare un po’ meglio sulle coltivazioni e allevamenti.
Bravi, sono settantenne, vegetariana da circa 30 anni, senza solite malattie di anziani. Vi ringrazio molto, vi seguo e diffondo vostre notizie, sono coordinatrice di Stop Ttip in Friuli