Adottare una dieta vegana non significa necessariamente mangiare in modo sano. Molto dipende dalla consapevolezza del valore nutrizionale degli alimenti e, soprattutto, dalle disponibilità economiche. Poco più della metà dei vegani, infatti, ha un’alimentazione nella quale abbondano, quando non predominano, prodotti ultratrasformati. Ciò significa che, considerando la dieta nel suo complesso, i rischi per la salute sono significativamente più elevati rispetto a quelli di chi predilige alimenti meno industriali, a prescindere dal fatto che ci siano o meno la carne, il pesce, il latte o comunque gli alimenti di derivazione animale.
Questo ritratto è emerso in uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Vienna, in Austria, su un campione di circa 500 vegani che erano tali da 2,6 anni in media e che avevano 28 anni. Come riferito su Nutrients, i partecipanti hanno compilato un questionario relativo alle proprie abitudini. In base alle risposte, si sono delineate due categorie di vegani: quelli che basano le proprie scelte sul prezzo degli alimenti, cercando sempre quelli più economici, e quelli attenti alla propria salute e, di conseguenza, più interessati alla qualità dei prodotti che al loro costo.
Netta la separazione tra i due tipi di dieta. I primi, pari al 53% dei partecipanti, hanno rivelato di acquistare prevalentemente sostituti di carne e pesce industriali e in generale prodotti pronti, snack salati e dolci, succhi di frutta e altre bevande zuccherate e alimenti con farine raffinate. I secondi, ovvero il 47%, hanno invece dichiarato di preferire cibi integrali, frutta e verdura fresche, alternative al latte e alle proteine animali, patate, oli e grassi vegetali e di cucinare spesso partendo da ingredienti freschi.
Interessante anche la corrispondenza con la pratica regolare di attività fisiche, nettamente più presente tra i vegani più scrupolosi, che riescono a raggiungere molto più degli altri i livelli minimi consigliati, riducendo il tempo in cui restano seduti, e meno tra i vegani più preoccupati di non spendere troppo.
Come hanno ricordato gli autori, però, chi predilige alimenti ultratrasformati ha un aumento del rischio di morte per qualunque causa e di sviluppare una patologia cardiovascolare più alta del 29% rispetto a chi mangia più sano. Va anche peggio con obesità e sovrappeso, che aumentano del 51% rispetto a chi ha una dieta meno ‘industriale’ e con il diabete, il cui rischio cresce del 74%. Se a ciò si unisce la scarsa propensione a praticare regolarmente uno sport, appare chiaro che un adottare una dieta vegana, oltre a esporre a rischio di carenze, non è necessariamente una scelta salutare se non si segue con attenzione. Molto dipende, anche in questo caso, come sempre, da cosa si mangia.
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Giornalista scientifica
non condivido come avete riportato la notizia e ve l’ho spiegato su facebook…
E come al solito si continua a chiamare dieta quella che in realtà è una scelta di vita, una filosofia, io non sono vegano perché non mangio animali e loro derivati, questa è una conseguenza del rispetto che ho della vita di altri esseri senzienti. Sicuramente molti “neovegani” abusano di prodotti processati ma dire che sono peggiori di carne pompata di ormoni e antibiotici o di pesce al mercurio fa veramente ridere. Poi patatine fritte e coca-cola sono vegane e non per questo sono salutari sicuramente, ma come al solito noi vi indichiamo la luna e voi continuate a vedere solo il dito. Gli animali NON CI APPARTENGONO e non vanno sfruttati fatti soffrire e ammazzati per farci mangiare perché soprattutto oggi NON C’È ALCUNA NECESSITÀ di fare ciò.
Negli allevamenti sono vietati gli ormoni e tutte le altre sostanze che simulavano 30-40 anni fa e gli antibiotici si usano solo per curare le malattie degli animali. Il mercurio si trova in quantità a volte elevate soprattutto nei pesci di grossa taglia che per questo vanno consumati con moderazione
Mi permetto una considerazione. Rispetto profondamente la scelta “vegetariana”, purtuttavia è una scelta etica e morale rispetto alla storia della biologia umana. Ma ad là delle scelte di vita personali, mai criticabili quando vengono fatte nel rispetto della comunità, io cerco di vedere le questioni in un’ottica generale ed ho molte perplessità che essere vegetariano, tout court, sia la soluzione al nostro impatto sul pianeta, soprattutto se i restanti “stili di vita”, compreso la mobilità individuale e delle merci, non vengono messi in discussione. Per quanto riguarda la salubrità delle carni, è possibile evitare i prodotti commerciali (e tutto ciò che comportano gli allevamenti intensivi, anche in termini di sofferenza degli animali) rivolgendosi direttamente ai piccoli produttori ed alle lavorazioni artigianali e perchè no, anche alla selvaggina. Noi facciamo così da vent’anni.
Condivido.
“i restanti stili di vita” sono importanti, ma in molti casi sono al di fuori delle possibilità pratiche di un individuo o di una famiglia (ad es. il trasporto delle merci).
Mentre per la selvaggina non ho capito: intende forse quella di allevamento?
La scelta vegana è sicuramente una scelta filosofica, basata su principi validi in quanto etici rispetto ad altri senzienti, e per certi versi sostenibile. Questa scelta implica anche uno stile alimentare – anzi forse possiamo affermare che ci si riconosce vegani proprio per uno stile alimentare ben preciso. Nel nostro emisfero, cioè nella cultura occidentale, lo stile alimentare viene spesso definito “dieta”, in un senso non sanitario.
Dallo studio è emerso che oltre la metà del campione (500 persone) praticava una dieta vegana, ma insalubre.
Io aggiungo anche poco sostenibile, vista l’energia necessaria a “ultratrasformare” gli alimenti.
Questo risultato non inficia la mia premessa (la luna del suo commento) ma chiarisce che le scelte soggettive possono – nella comunità vegana – possona anche non aderire a un valido modello di stile di vita salutare.
“Gli animali NON CI APPARTENGONO” significa negare che l’evoluzione dell’uomo è avvenuta INSIEME agli animali: la domesticazione del lupo che è diventato cane, la domesticazione del gatto per proteggere dai roditori i depositi dei cereali, la domesticazione del cavallo, del dromedario, del lama ecc,. per gli spostamenti, la domesticazione dei bovini per avere anche forza lavoro (buoi che arano la terra per coltivare) e potrei andare avanti ancora tantissimo.
Poi mi è sempre sorto un dubbio: fin dove arriva la scala zoologica degli “animali” da rispettare? Se una persona è, ad esempio, affetta da parassitosi tipo il verme solitario (Tenia solium), può prendere farmaci per ucciderlo oppurre bisogna lasciarlo stare?
I vegani, e la loro filosofia di vita, sono idealisti
Sono vegana da 11 anni, mangio di tutto, faccio attività fisica sono in salute e quindi? Vegani che mangiano cibi industriali? Sì ogni tano mi piace provare, mangio cibi freschi? Sì li mangio faccio di tutto un po’ e quindi? Dove vuole arrivare questo articolo?
Quindi come dice l’articolo non è un problema dell dieta vegana ma di cibi ultratrasformati (il problema si presenta per qualsiasi scelta si faccia vegana onnivora etc), quindi perchè quel titolo soggetto a denigrare chi non mangia derivati animali?
Mai sentito di vegani che mangiano solo prodotti industriali per risparmiare, altrimenti potrebbero mangiare pasta o riso al sugo di pomodoro e bere l’acqua del sindaco dalle fontanelle per strada tutti i giorni e risolvono il problema spesa.