
Per quanto riguarda il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, non tutti gli zuccheri sono uguali. Alcuni lo influenzano in modo rilevante e inaspettato, altri sembrano esercitare addirittura un’azione protettiva. Lo suggerisce una metanalisi di decine di studi condotti negli ultimi anni in tutto il mondo, appena pubblicata su Advances in Nutrition dai ricercatori della Brigham Young University di Provo, negli Stati Uniti.
La metanalisi su diabete e zuccheri
Da un primo insieme di oltre 10 mila ricerche, gli autori ne hanno scelte 29, condotte negli ultimi anni in Europa (13), USA (11), Asia (6), Australia (4) e America Latina (3), che hanno riguardato diversi tipi di zuccheri. La parte del leone l’hanno fatta le bevande zuccherate e gassate (o SSB), al centro di 18 ricerche per un totale di oltre 541 mila persone coinvolte, seguite dai succhi di frutta (14 studi 490 mila volontari), dal saccarosio (sette studi, 223 mila partecipanti), dagli zuccheri totali (in quattro ricerche su 109 mila persone), il fruttosio (rispettivamente cinque, e 158 mila soggetti) e gli zuccheri aggiunti (due studi, per un totale di 31 mila partecipanti).
Controllando abitudini e incidenza della malattia, gli autori hanno poi dimostrato che, per ogni porzione (in questo caso da 12 once, pari a circa 354 millilitri) in più al giorno di bevande zuccherate o di succhi di frutta, si vede un aumento del rischio relativo di diabete del 25%. Per ogni ulteriore porzione da otto once (236 ml) di succhi di frutta, si ha un incremento analogo, ma inferiore, del 5%.
Al contrario, per ogni incremento di 20 grammi al giorno in più di zuccheri totali o saccarosio, entrambi in forma solida, l’effetto sembra moderatamente protettivo, con un calo del rischio relativo di qualche punto percentuale. Se invece gli zuccheri solidi sono aggiunti, o se si tratta di fruttosio, non si vedono effetti significativi sul rischio di diabete 2.

Le interpretazioni
A che cosa sia dovuta una differenza così evidente tra gli zuccheri assunti in varie forme resta ancora da capire, anche se gli autori hanno avanzato alcune ipotesi. Le bibite gassate e i succhi contengono zuccheri in concentrazioni elevate senza quasi nient’altro, o con altri nutrienti in quantità non sufficienti per esercitare un ruolo rilevante, che immediatamente fanno balzare in alto la glicemia, con effetti acuti su fegato e pancreas. L’esito è l’aumento della resistenza all’insulina e del grasso nel fegato.
Tutte le altre possibili tipologie di prodotti solidi, invece, vengono assunte insieme ad altre sostanze come fibre, amidi, vitamine, sali minerali, che non causano il sovraccarico del fegato dato dai liquidi, e che rendono il metabolismo e l’assorbimento degli zuccheri più armonico e innocuo. Tra l’altro, queste differenze spiegano perché i succhi di frutta non possano mai essere considerati sostituti della frutta intera e fresca: nessun succo, per quanto ricco di fibre e vitamine, può offrire la complessità di nutrienti positivi contenuta nel frutto.
Gli autori ne sono così convinti che si spingono a chiedere norme che avvisino i consumatori dei rischi associati ai succhi di frutta, come avviene in alcuni paesi per le bevande zuccherate. D’altro canto, invitano a non generalizzare e a non attribuire a qualunque tipo di zucchero solo effetti negativi: tutto dipende dal tipo di alimento, e lo zucchero, di per sé non fa male all’organismo umano.
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Giornalista scientifica
Io quando bevo tè uso addolcirlo sciogliendoci un cucchiaino di miele, questo ha effetto sulla glicemia?
Il miele ha un indice glicemico leggermente inferiore. Tuttavia, anche il miele è un carboidrato semplice che può causare un aumento della glicemia.
E il governo continua a non applicare la sugar tax legge Europea