Circa l’8% della spesa alimentare delle famiglie italiane, secondo alcune stime, finisce nei rifiuti, ma in alcuni casi questo spreco potrebbe essere evitato perché ad essere gettati sono prodotti ancora commestibili. La situazione potrebbe migliorare differenziando bene tra data di scadenza e termine minimo di conservazione, che sono le due possibili indicazioni presenti sulle confezioni. Il principio è molto semplice: la data di scadenza indica un giorno preciso entro cui consumare il prodotto e va in genere rispettata, perché si tratta di un intervallo di tempo stabilito dal produttore che si impegna a garantire il mantenimento delle caratteristiche sensoriali e la presenza di un numero di batteri al di sotto dei limiti ritenuti pericolosi. Il termine minimo di conservazione, invece, indica una data approssimativa di consumo, dopo la quale gli alimenti sono ancora commestibili, ma vanno incontro a un progressivo decadimento nutrizionale e organolettico. Oltre a questi ci sono alcuni alimenti per cui non è previsto l’obbligo di indicazione la scadenza.
Negli alimenti freschi, con il passare dei giorni, si innescano alterazioni chimiche e fisiche, oltre a una crescita microbica in grado, a sua volta, di cambiare le caratteristiche nutrizionali e sensoriali. Il fenomeno riguarda tutti i prodotti, anche se solo in alcuni casi l’alterazione del gusto è associata all’incremento della carica microbica. Per capire se un alimento non è da consumare non basta valutarne il sapore, l’aroma e la fragranza, perché può essere contaminato da batteri patogeni come Listeria monocytogenes, Campylobacter, Stafilococchi o Salmonelle, che non ne modificano le caratteristiche sensoriali e fisiche, ma sono molto pericolosi per le persone anziane, le donne in stato di gravidanza e i bambini, soprattutto se il prodotto viene mangiato crudo o poco cotto.
Questi microrganismi patogeni possono essere presenti in quantità molto basse all’inizio del periodo di conservazione e aumentare di numero, fino a diventare pericolosi man mano che ci si avvicina e si supera la data di scadenza. Il tema è complesso soprattutto quando si parla di alimenti freschi da conservare a basse temperature. In questi casi la durata riportata sulla confezione dipende dal rispetto della catena del freddo, sia durante la commercializzazione, sia quando il cibo viene conservato nel frigorifero di casa. Bisogna considerare che a volte la temperatura dei frigoriferi dei supermercati non è corretta, ma il problema maggiore riguarda in realtà quelli domestici spesso tarati in un intervallo tra 6 e 10°C, con punte di 12°C in prossimità dello sportello, dove si trovano latte e uova (ne abbiamo parlato qui)
Dopo questa necessaria premessa, esaminiamo le singole categorie merceologiche cominciando dagli alimenti per i quali il legislatore non ha previsto l’obbligo di indicare la scadenza in etichetta.
Per carne e pesce freschi la legge non prevede la data di scadenza. Ci sono però catene di supermercati che vendono questi alimenti confezionati in vaschette di polistirolo con un’etichetta, dove è indicata sia la data di confezionamento, sia quella di scadenza. Stabilire regole rigide è difficile perché l’intervallo varia in funzione del tipo di pesce o di carne, della qualità microbiologica iniziale, del sistema di confezionamento e altri fattori. Per esempio nel settore ittico si passa da un intervallo massimo di due giorni dopo la cattura (pesce azzurro), fino a 4-5 per orate e branzini.
Anche per la carne non c’è uniformità: se gli hamburger e la carne trita preparata dal macellaio vanno consumati entro 48 ore, si sale a 4-5 giorni per i tagli di manzo di medie dimensioni e arriva a 7-10 per le bistecche o altri tagli piccoli confezionati in atmosfera modificata. Per questo motivo è molto importante leggere attentamente le etichette (quando ci sono). Nella tabella che vi proponiamo abbiamo indicato la scadenza orientativa di alcuni prodotti freschi.
(*) Indicazioni valide per prodotti confezionati non aperti e conservati correttamente in frigorifero
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare