Analisi di laboratorio condotte dall’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe*) su alcuni campioni di cozze provenienti dalla laguna di Marano in provincia di Udine, hanno riscontrato una presenza notevole di tetrodotossine (sostanze tossiche che costituiscono un serio rischio per la salute dei consumatori). L’aspetto preoccupante è che si tratta dei primi rilevamenti in molluschi bivalvi in questa area del Mare Adriatico.
La questione non è banale perché le tetrodotossine possono avere effetti potenzialmente letali per l’uomo. Se vengono ingerite ad alte dosi sono in grado di bloccare la conduzione nervosa, provocando paralisi e blocchi cardiorespiratori. Le tossine conosciute come “veleno del pesce palla”, sono state identificate per la prima volta in questi pesci che convivono con batteri in grado di produrle. Per questo mangiare la carne del pesce palla è molto rischioso, tanto che ogni anno si registrano avvelenamenti in diversi Paesi del sud-est asiatico. In Giappone, in particolare, il pesce palla è alla base di un piatto tradizionale chiamato fugu, che per legge può essere preparato solo da cuochi forniti di una licenza speciale, rilasciata dalle autorità sanitarie a seguito di un esame molto selettivo. Nell’Unione Europea e in altri Paesi il commercio del pesce palla è vietato.
Le tetrodotossine sono presenti non solamente nei pesci palla, ma anche in diverse altre specie ittiche come i polpi dagli anelli blu (Hapalochlaena) e in vari crostacei e gasteropodi marini. Questa volta i campioni sono stati prelevati dai Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria locale nell’ambito dei programmi di monitoraggio e controllo degli allevamenti di acquacoltura. Si tratta del primo rilevamento di queste sostanze in cozze e molluschi bivalvi provenienti dall’area settentrionale del Mare Adriatico, e anche della quantità più alta riscontrata in molluschi bivalvi europei.
Fino a pochi anni fa la presenza delle neurotossine non era considerata una minaccia rilevante per i consumatori. In tempi recenti però i ricercatori e le autorità hanno iniziato a occuparsi del problema, in seguito alla diffusione nel Mediterraneo di specie invasive note per essere portatrici di tetrodotossine, come il pesce palla argenteo (Lagocephalus sceleratus).
Nel 2008 in Spagna è stata segnalata la prima intossicazione da tetrodotossine dovuta al consumo di un gasteropode (chiocciola o lumaca) proveniente da mari portoghesi. Negli ultimi anni Paesi come il Regno Unito, la Grecia, i Paesi Bassi e anche l’Italia hanno segnalato la presenza di neurotossine in numerosi campioni di molluschi bivalvi come le cozze (Mytilus sp.) e le ostriche (Crassotea Gigas).
L’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie ha riscontrato la presenza di tetrodotossine in alcuni campioni di cozze del mediterraneo (Mytilus galloprovincialis) prelevate nel maggio 2017 e nel maggio 2018 dalla laguna di Marano, in provincia di Udine. Le analisi hanno riscontrato un accumulo pari a 541 μg/kg nei campioni del 2017 e 216 μg/kg in quelli del 2018: la quantità più alta mai riscontrata in molluschi bivalvi europei. Per comprendere meglio il fenomeno i ricercatori dell’IZSVe continuano a monitorare i molluschi delle aree lagunari dell’Alto Adriatico, anche se dai primi dati sembra emergere che il periodo delle contaminazioni sia delimitato alla tarda primavera.
I valori di tetrodotossine riscontrati dai campionamenti si riferiscono al biennio 2017-2018. Dal 2018 l’area interessata è stata interdetta alla raccolta di molluschi bivalvi ed è stata esclusivamente destinata ad area sperimentale di studio, dove tuttora si stanno svolgendo ulteriori approfondimenti sull’effetto della stagionalità e sull’origine delle tetrodotossine.
In ogni caso i valori registrati non andavano oltre un logaritmo rispetto ai limiti fiduciari definiti dall’Autorità europea sicurezza alimentari (Efsa), già molto prudenziali, ed erano comunque molto inferiori ai valori che, dalle evidenze scientifiche fin qui raccolte, sono in grado di determinare sintomatologia nell’uomo. Ad oggi nel mondo non è comunque stato segnalato alcun caso di avvelenamento a seguito di consumo di bivalvi contaminati da tetrodotossine.
(*) Le analisi svolte e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Food control dai ricercatori dell’IZSVe, in collaborazione con esperti del Centro di Ricerche Marine di Cesenatico (Laboratorio nazionale di riferimento per il monitoraggio delle biotossine marine), dell’Università “Federico II” di Napoli, del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) e dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG).
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Interessante, ma la domanda sorge spontanea: come stanno le cose oggi (2021)? sono passati tre anni dall’ultima indagine pubblicata e quindi la situazione di rischio andava segnalata tre anni fa e costantemente aggiornata. Altrimenti che fa oggi il consumatore? L’unica indicazione (sommessa) è che l’inquinamento sia rilevabile soprattutto in primavera (e quindi?) mentre (si lascia intendere) negli altri periodi dell’anno il rischio è minore (ma ancora grave o meno?).
In conclusione notizia importante, ma ci vuole chiarezza perchè si riflette sui consumi (peraltro di prodotti non molto costosi e quindi abbordabili anche da chi non ha molte disponibilità economiche).
Anche sul sito dell’IZSVe non si va oltre quello che riporta il Fatto.
Sarebbe opportuno che il Fatto come autorevole strumento di giornalismo di settore ponesse le stesse domande e manifestasse le stesse perplessità direttamente all’IZSVe.
I valori di tetrodotossine riscontrati dai campionamenti citati nell’articolo si riferiscono al biennio 2017-2018. Dal 2018 l’area interessata dal rinvenimento dei campioni positivi è stata interdetta alla raccolta di molluschi bivalvi ed è stata esclusivamente destinata ad area sperimentale di studio, dove tuttora si stanno svolgendo ulteriori approfondimenti sull’effetto della stagionalità e sull’origine delle tetrodotossine.
I valori registrati non andavano oltre un logaritmo rispetto ai limiti fiduciari definiti dall’Autorità Europea Sicurezza Alimentari (EFSA), già molto prudenziali, ed erano comunque molto inferiori ai valori che, dalle evidenze scientifiche fin qui raccolte, sono in grado di determinare sintomatologia nell’uomo. Ad oggi nel mondo non è comunque stato segnalato alcun caso di avvelenamento a seguito di consumo di bivalvi contaminati da tetrodotossine.