Quanto l’emergenza del Covid e le sue conseguenze sullo stile di vita hanno influito sui comportamenti alimentari? Sicuramente molto e nella maggior parte dei casi non si è trattato di un’influenza positiva, come conferma lo studio del Crea sull’alimentazione e gli stili di vita durante il lockdown di cui abbiamo parlato qui. Questo tema è di particolare importanza per chi soffriva di problemi di obesità già prima della pandemia. La conferma arriva da uno studio condotto da Adi (Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica) su 1.300 pazienti. Il lavoro evidenzia che, durante l’emergenza, quasi la metà degli intervistati (48,8%) ha registrato un aumento di peso superiore ai quattro chili. La restante metà, invece, si è equamente distribuita tra pazienti che sono rimasti stabili (24%) e pazienti che sono diminuiti di peso (27%).
Il dato, reso noto dall’associazione in concomitanza con l’iniziativa di sensibilizzazione Obesity Day (10 ottobre), porta a riflettere sul fatto che, nelle strategie di prevenzione, vada abbandonato il paradigma della responsabilità personale a vantaggio di una visione che consideri maggiormente l’incidenza degli ambienti e dei ritmi sociali. È evidente, infatti, che tra i soggetti che hanno sofferto maggiormente di un aggravamento del loro disturbo alimentare durante la pandemia, sono maggioritari disoccupati, smartworker, persone con importanti disagi emotivi e casalinghe. Individui, cioè, per cui il lockdown ha determinato un maggiore isolamento. Chi invece ha potuto beneficiare di uno stile di vita più simile a quello abituale, come coloro che hanno continuato a svolgere il proprio lavoro fuori casa, ma anche pensionati e artigiani, sembra aver affrontato meglio i problemi emotivi legati alle restrizioni.
Tra gli elementi che si sono dimostrati più significativi nel permettere un proseguimento del percorso di cura anche durante il confinamento, spiccano la telemedicina e il mantenimento di un’attività fisica. “All’interruzione delle visite ambulatoriali durante il lockdown – sottolinea Antonio Caretto, presidente di fondazione Adi – non è seguito un servizio di telemedicina omogeneo e uguale per tutti, provocando, soprattutto nelle fasce più fragili di pazienti, un’interruzione dei controlli periodici e dei percorsi terapeutici”. Si tratta, secondo Caretto, di una conferma del fatto che, nella gestione del paziente affetto da obesità, possono rivelarsi utili anche team multidisciplinari, che sappiano combinare diversi approcci terapeutici, senza escludere consulenze a distanza, terapie mirate, tecniche di gestione dello stress e, in alcuni casi, anche la terapia farmacologica.
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