Coronavirus Asian woman walking with surgical mask face protection walking in crowds at airport train station work commute to hospital.

Mascherine, occhiali e visiere proteggono effettivamente dal contagio da coronavirus: finalmente ci sono i numeri per dirlo. E probabilmente anche per questo l’Oms si è decisa a raccomandare l’uso delle protezioni nei luoghi pubblici, mentre prima l’indicazione era solo per il personale sanitario e i malati sintomatici o i loro familiari.

La conferma, anche se ottenuta tramite osservazioni di quanto accade in diversi paesi e non attraverso veri e propri studi controllati e randomizzati, impossibili da svolgere per motivi etici, giunge da una metanalisi pubblicata su Lancet dai ricercatori canadesi della McMaster University, su mandato diretto dell’Oms, che hanno analizzato 172 studi (di cui 44 comparativi) pubblicati fino a maggio 2020 ed effettuati in contesti ospedalieri e civili in 16 paesi e sei continenti. In base alle valutazioni effettuate, si può affermare che mascherine e protezioni anche non chirurgiche per bocca, naso e occhi sono efficaci e andrebbero dunque indossate ogni volta che si entra in contatto con altre persone.

I risultati di uno studio tedesco ridimensionano il ruolo della trasmissione del coronavirus dalle superfici

Queste sono, di fatto, le protezioni migliori (insieme al distanziamento), anche perché il ruolo del contagio tramite gli oggetti sembra invece uscire ridimensionato da uno studio che è ancora in attesa di revisione, ma che intanto è uscito sulla piattaforma MedRXiV e che è stato ripreso anche da Nature. In esso i ricercatori dell’Università di Bonn, in Germania, hanno condotto una serie di test su 119 superfici tra le più comuni di 21 abitazioni dove almeno una persona era stata contagiata. Tracce di RNA virale sono state trovate solo nel 3% degli oggetti toccati più spesso, come le maniglie, e nel 15% dei 66 campioni prelevati dagli scarichi del bagno e dai water. La buona notizia è che non è stato possibile far crescere il virus partendo da nessuno dei campioni, a riprova del fatto che la presenza di materiale genetico non implica necessariamente quella di virus vitali.

Oltre a ciò, l’aria catturata da 15 monitor progettati per questo scopo non ha rilevato la presenza di materiale genetico virale, anche se secondo gli autori ciò non significa, necessariamente, che non ve ne fosse in nessuna delle stanze analizzate. Se le superfici domestiche non sembrano quindi essere particolarmente pericolose, le acque del bagno meritano un ulteriore approfondimento, secondo gli autori.

Infine, un dato allarmante che dimostra quanto sia cruciale seguire solo linee guida e indicazioni provenienti da fonti qualificate: dopo le dissennate dichiarazioni di Donald Trump, un terzo degli americani ha utilizzato in modo scorretto disinfettanti e prodotti vari inalandoli, usandoli per gargarismi, spalmandoli sulla pelle. Il dato è emerso da un sondaggio effettuato online dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta su 500 persone ed è preoccupante, anche perché a esso corrisponde un aumento significativo del ricorso ai pronto soccorso e ai centri antiveleni del paese. In base alle risposte, il 39% degli intervistati ha ammesso di aver messo in atto pratiche non consigliate dalle autorità e il 4% di aver ingerito o usato per fare i gargarismi candeggina diluita, acqua e sapone o altri disinfettanti. Un quarto delle persone ha affermato di aver avuto effetti indesiderati in seguito all’uso di disinfettanti e prodotti per la pulizia.

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