Proseguono le tensioni in Costa d’Avorio. Dopo le prime elezioni democratiche in tanti anni, il 28 novembre 2010, il presidente sconfitto Laurent Gbagbo non cede ai risultati delle urne – confermati da UE, USA, Russia, ONU, Unione Africana, ECOWAS (“Economic Community of West African States”) – e si ostina a mantenere con la forza il controllo del Paese. Di rimbalzo, sui mercati internazionali si registra un’impennata dei prezzi del cacao.
È urgente il “bisogno di aiuti umanitari per i circa 30.000 esuli, in gran parte donne e bambini, e per i villaggi che li ospitano” – sottolineava già a fine anno il portavoce dell’Agenzia ONU per i rifugiati, UNHCR – e la necessità di “proteggere i civili e rispettare il loro diritto di chiedere asilo politico senza ostacoli”. Oltre 14.000 residenti ivoriani hanno intrapreso i tre-quattro giorni di cammino che li separano dalla Liberia.
Questa crisi umanitaria, a differenza di tante altre, si farà sentire anche a casa nostra. Perché la Costa d’Avorio è il primo Paese al mondo nella produzione di cacao, con il 40% delle forniture globali. Proprio a causa del preannunciato conflitto civile, già nelle ultime settimane di dicembre i prezzi del cacao sono aumentati del 10%, così come i “futures” (vale a dire, i contratti per le forniture di cacao nei 6 mesi successivi). E Carsten Fritsch, un analista della borsa del cacao alla Commerzbank, aveva pronosticato ulteriori aumenti: “I mercati ancora sottostimano il rischio di riduzione delle forniture dalla Costa d’Avorio”.
E allora? Ogni significativo aumento della materia prima è destinato ad avere impatto sul prodotto finale anche se l’effetto può essere mitigato da altri fattori, come l’aumento di competitività della filiera. A fine 2010 le industrie britanniche hanno previsto un aumento sino al 20% (al netto dell’IVA) delle barrette di cioccolato, a partire dal 4 gennaio. Cadbury e Nestlé hanno rincarato sino al 7% (oltre il doppio dell’inflazione) i prezzi di vendita in Gran Bretagna per i loro prodotti di punta come Dairy Milk, Wispa, Kit Kat e Yorkie.
Purtroppo le profezie degli analisti iniziano a realizzarsi e, in assenza di un intervento per il ripristino della legalità da parte delle organizzazioni internazionali, le quali pure hanno riconosciuto la legittima elezione del presidente Ouattara, la crisi è destinata a continuare. Così – dopo che nelle ultime settimane i miliziani dello sconfitto Gbabgo hanno rastrellato le banche del Paese e drenato risorse ai produttori ed esportatori di cacao, per sostenere il golpe – il presidente eletto democraticamente Alassane Ouattara ha detto basta. È bastato il suo annuncio di sospensione per un mese delle esportazioni ivoriane, e il prezzo del cacao sulle borse internazionali è subito volato alle stelle.
A otto settimane dal suo inizio, questa crisi nell’ Africa occidentale rischia di farsi sentire anche a casa nostra. Tutti ne parlano, dalla Cina agli Stati Uniti. Ma noi, che siamo vicini anche se disattenti, possiamo fare qualcosa?
Per maggiori informazioni:
– allAfrica.com: Articolo 1; Articolo 2.
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Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade