Sfondo di coltivazione di microgreens con germogli di microgreens sul tavolo di legno. Vista dall'alto.

I cosiddetti microgreen sono verdure che hanno non più di due-tre settimane di vita, e che vengono consumati interamente, cioè foglie e steli, a prescindere alla pianta di origine, sia essa un cereale, un ortaggio, un legume o un’erba aromatica. Essendo di fatto germogli, concentrano nutrienti preziosi, e hanno gusti a volte insoliti, che li hanno resi, negli ultimi anni, ricercati da parte di diversi chef, che ne apprezzano anche l’aspetto.

Ma ora, grazie a uno studio italiano, condotto dai ricercatori dell’Istituto per le scienze delle produzioni alimentari (ISPA) del Centro Nazionale delle Ricerche di Lecce e dell’Università Aldo Moro di Bari, potrebbero diventare qualcosa di più: alimenti con caratteristiche nutrizionali specifiche, adatti, per esempio, a colmare alcune carenze di sali minerali, oppure a essere consumati da parte di chi soffre di specifiche patologie. Il tutto senza intervenire minimamente sul genoma della pianta e, oltretutto, coltivando in modo molto più sostenibile rispetto a quanto non avvenga con le colture tradizionali.

I microgreen di maggiore successo

Come illustrato su Science of Food and Agricolture, infatti, i ricercatori hanno lavorato su quattro tra i microgreen di maggiore successo: la rucola, la bietola, il rapanello e il pisello, tutti coltivati in modo idroponico, senza terra, nella struttura di un’azienda della zona, specializzata in questo tipo di colture, la Microgreen di Laterza (Taranto). Su tutte e quattro le piante hanno sperimentato un’acqua con tre diverse concentrazioni di iodio (0, 1,5 e 3 milligrammi per litro) e, in un’altra serie di esperimenti, con due concentrazioni di potassio, 0,6 e 120 milligrammi litro, e poi sono andati a verificare la concentrazione di entrambi gli elementi nelle piante giunte al giorno del raccolto.

Per quanto riguarda lo iodio, le piantine avevano raggiunto una concentrazione da 4,5 a 14 volte quella delle piantine di controllo, a seconda delle dosi di iodio aggiunto. Per il potassio, l’obbiettivo era ridurne la presenza, pensando a chi soffre di malattie renali e, per questo, deve assumere meno potassio possibile. In effetti, la concentrazione di potassio è risultata diminuita anche del 45%, nei microgreen di bietole, rucole e rapanelli (ma non piselli) cresciuti con meno potassio.

Benefici personalizzati

Dal punto di vista dei possibili benefici di microgreen personalizzati allo iodio, secondo le stime circa due miliardi di persone, nel mondo, non ne assumono dosi sufficienti. Per prevenire o contrastare le carenze, di solito si consiglia il sale iodato, oppure alimenti di origine animali quali le uova, il latte e il pesce. Tuttavia, ricordano gli autori, via via che diminuisce il consumo di carne e derivati, è importante pensare a fonti vegetali, che possano rimpiazzare quelle di derivazione animale, e verdure di questo tipo potrebbero essere una risposta.

Il caso opposto, quello del potassio, si rivolge invece a tutti coloro che, per malattie di vario tipo, devono evitare o comunque ridurre l’apporto del minerale. In questi casi, di solito si consiglia di limitare le verdure e di mangiarle preferibilmente cotte, perché la cottura porta via buona parte dei sali minerali. Tuttavia, in tutta evidenza, rinunciare alle verdure ha un costo, perché tutto ciò che si perde (per esempio antiossidanti, vitamine, fibre e altri sali) per proteggere i reni non viene utilizzato per altri organi e tessuti. Per questo poter scegliere vegetali freschi che apportino meno potassio potrebbe rappresentare un autentico passo in avanti. Oltretutto, raggiunto coltivando le piante con un consumo di acqua, fertilizzanti e fitofarmaci enormemente inferiore rispetto alle colture tradizionali, e quasi senza terreno.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos, Massimiliano Renna

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