Il numero di persone colpite dall’epidemia cinese provocata dal coronavirus 2019-nCoV continua ad aumentare e, secondo gli esperti, non ci sarà presto un’inversione  di tendenza. Pubblichiamo una nota che Giuseppe Novelli, professore di Genetica medica all’Università di Roma Tor Vergata ha scritto tre giorni fa per il sito Formiche.net. La nota spiega l’origine del coronavirus e riporta un dato sulle ipotesi di estensione dell’epidemia che deve fare riflettere. L’Italia è pronta a gestire la situazione, anche se si tratta di un problema serio che non riguarda solo i cittadini cinesi. I dati sul numero dei casi è stato aggiornato al 31 gennaio 2020.

Nel dicembre 2019, un gruppo di pazienti con polmonite dovuta a causa sconosciuta è stato individuato in un mercato all’ingrosso di frutti di mare nella città di Wuhan, provincia di Hubei, in Cina. Tutti i pazienti sono risultati positivi ad un virus denominato 2019-nCoV, che è stato immediatamente sequenziato e classificato come appartenente alla famiglia dei coronavirus. Prima di allora, non era mai stato isolato. Questo particolare virus è certamente simile – ma non identico – ad altri coronavirus noti nell’uomo come Mers-CoV e Sars-CoV, e sembra essere il settimo di questa famiglia ad infettare l’uomo. Ad oggi vi sono quasi 10.000 persone infettate e oltre 200 morti quasi tutti in Cina. In assenza di un intervento importante da parte delle autorità di sanità pubblica, il numero di persone infettate dal coronavirus di Wuhan potrebbe potenzialmente raddoppiare ogni sei giorni e diventare un’epidemia su larga scala.

Il rincorrersi delle notizie cui stiamo assistendo crea certamente preoccupazione a livello globale. Benché si legga che si stanno attuando azioni di contenimento dell’epidemia, anche mediante la limitazione dei trasporti e le “quarantene”, è possibile presumere che il numero dei pazienti in fase di incubazione si avvicini a 50 mila casi a partire dalla fine di questo mese, con l’attesa di un picco massimo tra metà maggio e metà aprile nelle principali città della Cina. L’incubazione del virus 2019-nCoV ha una durata di 10-14 giorni, periodo che scorre nell’assenza totale di sintomi. Ci sono oltre 200 morti e quasi 10.000 casi (dato aggiornato al 31 gennaio 2020) in tutto il mondo, negli Stati Uniti, in Malesia, Singapore, Thailandia, Francia, Australia e adesso due in Italia. Alcuni Paesi stanno cercando di evacuare i loro cittadini da Wuhan, la città all’epicentro dell’epidemia. La principale modalità di trasmissione del coronavirus è attraverso la cosiddetta “trasmissione di goccioline a corto raggio”. La maggior parte delle persone ha quindi contratto il virus attraverso lo stretto contatto con una persona infetta. I sintomi sembrano iniziare con la febbre, seguita da una tosse secca e poi, dopo una settimana, portare a insufficienza respiratoria con conseguente ricovero ospedaliero. Non esiste al momento una cura o un vaccino specifico. Sulla base delle prime informazioni disponibili, si ritiene che solo un quarto dei casi di infezione siano “gravi” e che i morti siano principalmente – anche se non esclusivamente – persone anziane, alcune delle quali con preesistenti patologie o condizioni di particolare fragilità.

I coronavirus sono virus ad Rna suddivisi in 4 generi diversi: alfa, beta, delta e gamma. I generi alfa e beta sono in grado di infettare l’uomo e sono responsabili di almeno il 10% – 30% delle infezioni dell’apparato respiratorio superiore negli adulti. I coronavirus sono ecologicamente diversi e utilizzano diversi mammiferi, in particolare i pipistrelli, come serbatoio. I mammiferi domestici sono spesso ospiti intermedi che facilitano la ricombinazione del materiale genetico del virus, producendo quindi versioni nuove e potenzialmente più aggressive del virus stesso. Fino a poco tempo fa, questi virus hanno ricevuto relativamente poca attenzione a causa della loro infezione non grave negli esseri umani. Scenario poi cambiato già nel 2002, quando casi di polmonite atipica grave sono stati descritti nella provincia del Guangdong, in Cina, causando preoccupazione in tutto il mondo e diffusione della malattia in molti Paesi attraverso viaggi internazionali: si trattava della Sindrome respiratoria acuta grave (Sars).

La maggior parte delle persone ha quindi contratto il virus attraverso lo stretto contatto con una persona infetta.

La Sars ha rappresentato il primo caso di infezione di coronavirus da contatto uomo-animale (trasmissione zoonotica). Il bilancio è stato pesante: 10 mila persone infettate, 800 morti e un costo stimato tra i 30 e 100 miliardi di dollari. La storia della Sars-CoV ha dimostrato come questi virus siano in grado di saltare la barriera specie-specifica causando pandemie virali nuove e rischiose. Dieci anni dopo la Sars, nel 2012, un altro beta-CoV altamente patogeno è stato individuato nei pazienti affetti da Sindrome respiratoria orientale (Mers), scoperto nell’espettorato di un uomo saudita deceduto per insufficienza respiratoria. A differenza di Sars-CoV, che si diffuse rapidamente in tutto il mondo, il virus Mers-CoV ha causato una trasmissione nosocomiale molto seria nei Paesi del Medio Oriente. Nel 2017 l’Oms ha inserito Sars-CoV e Mers-CoV nella lista di agenti patogeni prioritari, nella speranza di stimolare la ricerca e lo sviluppo di contromisure per la lotta a questi virus altamente pericolosi. Durante l’epidemia della Sars il vaccino è stato ottenuto in 20 mesi dalla conoscenza del genoma del virus.

La scienza dispone oggi di armi particolarmente sofisticate, quali ad esempio la tecnologia di vaccini cosiddetti a Rna, che ci fanno sperare di poter raggiungere questo risultato in pochi mesi. Per ora, tutto ciò che i medici possono fare è trattare i sintomi della malattia. I ricercatori stanno anche cercando di sviluppare alcuni trattamenti sperimentali basati sulla esperienza della Sars e della Mers, come la produzione di anticorpi “monoclonali” in laboratorio. Il sequenziamento del genoma del virus e l’impiego della bioinformatica stanno aiutando molto la ricerca di farmaci per combattere il virus, migliorando la nostra comprensione dell’insorgenza e della trasmissione della malattia. È necessario individuare subito l’ospite intermedio per capire con maggiore precisione come avviene la trasmissione all’uomo, ma anche allo scopo di studiare in modelli animali, sempre necessari per la ricerca medica: la sperimentazione animale può non piacere a molti, e ogni posizione va rispettata, ma solo questo tipo di studi sono in grado di favorire il progresso della medicina, salvare vite umane e prevenire letali epidemie.

Con ogni probabilità questi virus continueranno ad emergere e ad evolversi e causare epidemie sia umane che veterinarie grazie alla loro capacità di ricombinare, mutare e infettare più specie e tipi di cellule. Capacità che sono insite nella natura dei virus, come insita nelle capacità dell’uomo è quella di studiare, progredire, analizzare e individuare soluzioni innovative ed efficaci.

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Con ogni probabilità questi virus continueranno ad evolversi e causare epidemie

Molti aspetti della replicazione virale e della patogenesi vanno ancora studiati. Dobbiamo capire, prima di tutto, la propensione di questi virus a passare da una specie all’altra. È necessario per noi capire come questi riescano a stabilire un’infezione in un nuovo ospite, e identificare serbatoi significativi di coronavirus ci aiuterà notevolmente a prevedere quando e dove possono verificarsi potenziali epidemie. Inoltre, poiché i pipistrelli sembrano costituire un serbatoio significativo per questa tipologia di virus, sarà interessante determinare come questi animali riescano ad evitare l’infezione clinica e diventare immuni. E trasformarli da pericolo per l’uomo a risorsa per la scienza.

Oltre l’emergenza, che richiede uno sforzo coordinato di governi, istituzioni e presidi di pubblica sanità, nonché collaborazione da parte del singolo che con responsabilità deve attuare misure atte a non esporre se stesso e il suo prossimo al rischio, lo sforzo che la comunità scientifica internazionale deve essere convogliato in azioni di studio, ricerca e condivisione delle scoperte che possano favorire lo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate. Perché la scienza è e deve restare al servizio dell’umanità, a tutela della salute pubblica e per la sicurezza di tutti noi.

Giuseppe Novelli, professore di Genetica medica all’Università di Roma Tor Vergata

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gianni
gianni
31 Gennaio 2020 22:34

Ormai anche in questo portale come in qualsiasi notiziario fisico e virtuale siamo invasi da notizie più o meno specialistiche sull’oggetto , evidentemente si vogliono tranquillizzare le persone e soddisfare la curiosità , martellandoci però di doppioni che ci fanno diventare più sospettosi e senza però poter chiarire profondamente l’argomento per la notevole intrinseca complessità .
Se avessi la possibilità di fare due domande al professor Novelli gli chiederei se veramente è convinto che sapere come i pipistrelli si difendono dal coronavirus ci sia utile vista la notevole differenza di stile di vita; e se invece non sarebbe meglio che si cercasse di capire come mai lo stesso virus come altri ad una persona fa il solletico o nemmeno quello e invece ad altri risulta distruttivo e mortale.

Giovanni
Reply to  gianni
3 Febbraio 2020 18:07

Buon giorno Sig Gianni. Acutissima osservazione la sua. Alcuni individui di una stessa specie sono geneticamente difettivi del recettore della membrana cellulare di adesione alle glicoproteine virali e di conseguenza risultano “geneticamente immuni”. Il problema sussiste per i non geneticamente immuni per i quali le risorse teoriche sono la prevenzione ambientale del contagio, la prevenzione vaccinale, la terapia anticorpale e/o farmacologica (antivirale). Grazie

Elisa
Elisa
8 Febbraio 2020 15:11

Credo di far parte della varietà di individui che potrebbe definirsi “geneticamente immune”, non credo di esserlo dal coronavirus e spero di non doverlo testare, però non faccio un’influenza dal 1980.
Non credo di condurre una vita particolarmente diversa dagli altri, mangio all’italiana, non sono una fanatica della pulizia, Se non mi becco le malattie di stagione può essere solo a causa d una predisposizione congenita.