Tra gli ingredienti su un sacchetto di patatine fritte di una nota marca italiana, leggo che vengono cotte in un mix di oli di cui in etichetta ne vengono riportati solo due, palma e girasole. La composizione totale di questo mix non è resa nota dall’azienda produttrice in quanto, avendogli dato un nome e avendolo giustificato come una scoperta nel settore, è diventato un marchio registrato come un prodotto qualsiasi coperto da Copyright. Pur essendomi informata, non sono riuscita a reperire maggiori dettagli riguardo alla legislazione sui marchi registrati nel settore alimentare. Ho solo scoperto che una ricetta non può essere brevettata (ma “l’invenzione” di un olio che frigge “meglio”, si!).
Concludendo, vi chiedo prima di tutto come sia possibile che venga concesso ad un’azienda di tenere segreta la composizione di un alimento, o di un ingrediente di un alimento, facendo leva sulla segretezza derivante dai marchi registrati, quando “l’etichettatura trasparente” è un’istanza fondamenta degli ultimi anni. Vi chiedo inoltre se e dove siano reperibili maggiori informazioni a riguardo.
Olga
Risponde l’avvocato Dario Dongo, esperto di diritto alimentare.
La registrazione di un marchio vale a garantire il diritto esclusivo del suo titolare a utilizzarlo in relazione alle classi di beni e servizi oggetto di registrazione. Nel settore alimentare, il “trademark” viene perciò impiegato per identificare un alimento o una linea di alimenti. Così da inibire la sua imitazione o usurpazione da parte di altri.
Le regole cogenti in tema di informazione al consumatore e lealtà delle pratiche commerciali non possono tuttavia venire disapplicate né eluse in alcun modo, neppure facendo richiamo alla legislazione sui diritti di proprietà intellettuale (1). In ragione di ciò, è assai dubbia la legittimità di riferire a un marchio nell’elenco degli ingredienti, che deve invece venire completato con la denominazione esatta (2) dell’ingrediente impiegato.
É poi da escludersi nel modo più tassativo che si possa celare la composizione di un ingrediente composto. Il cosiddetto “segreto industriale” può soltanto coprire – entro determinati limiti (3) – le quantità esatte dei singoli componenti della ricetta, e l’identità esatta degli aromi utilizzati. Oltre alle modalità di lavorazione, rispetto alle quali il diritto d’informazione dei consumatori è alquanto limitato.
Note:
(1) Fatte salve apposite previsioni normative, come la deroga per quindici anni riconosciuta nel regolamento su “nutrition & health claims” (Reg. CE 1924/06) a favore dei marchi registrati anteriormente
(2) Denominazione legale, usuale o descrittiva
(3) È comunque doveroso riportare gli ingredienti in ordine decrescente di peso, fatte salve le rare eccezioni in cui è ammessa la dicitura “in proporzione variabile”. Può altresì ricorrere l’obbligo di precisare la quantità di un ingrediente caratterizzante
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Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade
Una domanda sorge spontanea, ma gli organismi di controllo non dovrebbero vigilare su queste cose?Altrimenti la giungla di etichette continuerà ad ingoiare noi consumatori.
Olga, capisco che la tua é una questione di principio, ma con tutto il rispetto, mangi le patatine fritte che sono una delle cose meno salutari che si possano trovare e poi indugi sul l’olio di frittura.. mah!!
Concordo con la priorità espressa dall’avv. Dongo sull’obbligo di trasparenza degli ingredienti impiegati, salvo quelle poche eccezioni che proteggono le esatte quantità impiegate, il metodo produttivo ed il mix di aromi aggiunti.
Come può proteggere in modo esclusivo il mix originale di oli impiegati il produttore se non lo rende pubblico.
Chiunque lo potrà replicare in modo incolpevole, mentre i consumatori non sono informati su quello che consumano.
Pretesa poco comprensibile, indifendibile e penso solo come una trovata di marketing.